lunedì , Ottobre 7 2024
Home / Comunicazione / Agricoltura, Pesca & Ambiente / I cibi più inquinanti

I cibi più inquinanti

Cucinare è una attività quotidiana che viene svolta tutti i giorni in ogni parte del mondo, ma il cibo, dalla produzione alla cottura, ha un impatto enorme sull’ambiente e produce effetti diretti sulla salute della popolazione. Lo afferma la Società Italiana di Medicina Ambientale, che diffonde la classifica degli alimenti col maggior impatto ambientale e dei metodi di cottura più dannosi per la salute e la qualità dell’aria.

Diversi studi, come quello pubblicato di recente dall’Università di Oxford o da Obc Transeuropa, individuano nel manzo il prodotto alimentare che genera più inquinamento in termini di emissioni di anidride carbonica – spiega Sima – Per produrre un chilo di manzo, infatti, si rilasciano in atmosfera 59,6 chili di CO2 attraverso tutte le varie fasi che vanno dalla produzione alla vendita: cambiamenti del suolo, allevamento, mangimi per animali, lavorazione, trasporto, vendita, packaging (dati Obc Transeuropa). Al secondo posto si colloca l’agnello (24,5 chili di CO2), al terzo il formaggio (21,2 chili di CO2). Inquinano anche cioccolato (18,7 chili) e caffè (16,4 chili)

Una analoga ricerca condotta dall’Università di Oxford su oltre 57mila cibi venduti nei principali supermercati, utilizzando quattro indicatori ambientali (emissioni di gas serra, uso dell’acqua, uso del suolo, e potenziale di eutrofizzazione acquatica) attribuisce il punteggio di inquinamento più elevato proprio alla voce “manzo e agnello”: 34,72 su 100. Seguono salumi e formaggi (9,13), noci e frutta secca (7,79).

I prodotti di origine animale sono quindi quelli che causano il quantitativo più elevato di emissioni di CO2, mentre prodotti a base di cereali, frutta e verdura costituiscono i prodotti più ecosostenibili – aggiunge Sima – In Italia si stima che l’85 per cento delle emissioni nel settore alimentare riguardi proprio cibi di origine animale.

Ma l’inquinamento generato dagli alimenti non si esaurisce con la produzione e la vendita: prosegue anche durante la cottura degli stessi. “Ancora oggi circa 2,5 miliardi di persone in tutto il mondo utilizzano legna da ardere, residui colturali, carbone o sterco essiccato per cucinare, mentre il resto della popolazione mondiale fa uso di gas naturale, cherosene, GPL, elettricità. La combustione generata dalla cottura dei cibi dà origine all’interno degli ambienti domestici a fumi con un livello di contaminanti nettamente superiore a quello raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Una forma di inquinamento indoor che causa non solo malattie respiratorie, cancro ai polmoni, broncopneumopatia cronica ostruttiva, polmonite, problemi cardiovascolari, fino alla cataratta, ma anche ben 4 milioni di morti premature all’anno su scala globale” – afferma il presidente Sima, Alessandro Miani.

In particolare l’utilizzo del carbone come metodo di cottura arreca il massimo danno sia sul fronte ambientale che su quello della salute umana, mentre la carbonella rappresenta il più elevato pericolo per la qualità dell’ecosistema. Nel dettaglio uno studio sull’Impatto ambientale dei principali sistemi di cottura domestici pubblicato sull’Italian Journal of Food Science segnala come la formazione di polveri sottili risulti massima per i sistemi di cottura a carbone (7,5 chili di PM2.5e pro-capite/anno) con un impatto da 1.210 chili di CO2e pro-capite/anno; 607 chili di CO2e/anno la carbonella.

Questo non significa che le cucine a gas, presenti nel 68,7 per cento delle case italiane, siano esenti da rischi e pericoli: queste emettono infatti biossido di azoto (NO2), monossido di carbonio (CO), anidride carbonica e metano incombusto (CH4), che possono permanere negli ambienti anche per ore dopo l’uso dei fornelli, generando inquinamento con effetti diretti sulla salute.

“Circa 700mila bambini nell’Ue e 234mila in Italia presentano ogni anno sintomi dell’asma riconducibili all’uso del gas per le cotture degli alimenti, con costi sanitari in Europa pari a 3,5 miliardi di euro all’anno – avvisa Miani – Una famiglia che sceglie di sostituire i fuochi tradizionali a gas con un piano cottura ad induzione risparmia in media 245 chili di CO2, l’equivalente della quantità di anidride carbonica assorbita da 13 alberi. Il rendimento di un piano a induzione non solo è pari in media al 90 per cento contro una media dal 40 al 65 per cento delle cotture a gas, ma per cucinare la stessa pietanza impiega fino al -50 per cento di tempo, con benefici diretti sull’ambiente e sulla salute umana” – conclude il presidente Sima.

Check Also

parmigiano reggiano

Caseifici aperti, la nuova edizione il 5 e 6 ottobre

Il 5 e 6 ottobre torna Caseifici aperti. Promosso dal Consorzio del Parmigiano reggiano, permette …