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#SGDonne2017 Comuni: numero donne sindaco cresciuto 7 volte in 30 anni

donna sindaco I comuni italiani sempre più rosa. E non ci riferiamo solo agli ultimi casi mediatici di Chiara Appendino, primo cittadino di Torino, e di Virginia Raggi, sindaco capitolino. La diffusione delle donne sindaco è un dato che negli ultimi 30 anni è diventato sempre più corposo, passando dai 145 comuni amministrati nel 1986 ai 1.097 del 2016, con un incremento di 31 unità (da 1066) rispetto al 2015. In generale, i municipi che in questo arco temporale sono stati amministrati almeno una volta da una donna sindaco sono 2.752: in pratica un terzo dei comuni (il 34,4%) ha avuto nel suo recente passato una donna al vertice dell’amministrazione.  A snocciolare i numeri è la ricerca «Le donne amministratrici. La rappresentanza di genere nelle amministrazioni comunali» condotta dall’Anci, elaborando i dati del ministero dell’Interno, e diffusa in occasione degli Stati generali delle amministratrici che si sono svolti ieri a Roma.

Ma non si tratta solo di una mera questione statistica. Oltre le già citate donne sindaco del Movimento 5 stelle (le più fresche in ordine cronologico), alcune coraggiose prime cittadine oggi sono assai più famose dei loro colleghi maschi. Basta pensare a Giusi Nicolini che ha fatto di Lampedusa un approdo di solidarietà, o Maria Carmela Lanzetta, ex sindaca anti’ ndrangheta di Monasterace, minacciata di morte dai clan. Come ha evidenziato Alisa Del Re, docente di Scienze Politiche a Padova e direttrice del Centro di studi sulle politiche di genere con le donne sindaco si instaurano dei rapporti più diretti e soprattutto i cittadini hanno aspettative più alte nei loro confronti, ma avverte: «Ma una comparazione di genere si potrà fare, soltanto, quando nelle amministrazioni le donne avranno veri ruoli di potere».

Le donne nel corso di questo trentennio hanno dato, quindi, una svolta qualitativa alle città da loro amministrate, e non solo nella veste di prime cittadine. Oggi l’incidenza femminile sul totale degli amministratori (sindaci, vicesindaci, assessori e consiglieri) è del 29,5%, in netto incremento rispetto al 2015, e tra le cariche occupate dalle donne sono le assessore ad avere la meglio, con la percentuale del 39,5%, mentre le sindache sono soltanto il 14,1%. Riguardo ai titoli di studio degli amministratori, le donne si confermano mediamente più istruite dei loro colleghi maschi: il 46,2% ha una laurea o un titolo postlaurea (tra gli uomini la percentuale è del 31,7%). Senza tenere conto poi dell’età media che risulta essere sensibilmente più bassa rispetto alla controparte maschile: il 26% delle donne ha meno di 36 anni, contro il 17% degli uomini. La classe “oltre 55 anni” include il solo 18% delle donne, mentre tra gli uomini è la classe più rappresentata.

Certo sono dati che ancora rispecchiano una lentezza nell’affermazione femminile fra le cariche che contano. Una realtà che è lo stesso Paolo Testa, curatore della ricerca Anci, ha sottolineare: «Rispetto ad altre conquiste sociali ci si poteva aspettare una progressione più veloce, infatti le cose sono cambiate quando è arrivata la legge sulle quote. Però adesso il cambiamento c’è, anche se non sempre le regole della parità vengono rispettate».

Andando nello specifico dei numeri, si evidenzia una diffusione di quote rosa a macchia di leopardo fra le varie Regioni: tra tutte, la palma di Regione con più “sindache” spetta all’Emilia-Romagna, dove oltre la metà dei comuni è stato amministrato negli ultimi 30 anni da donne (175 comuni, pari al 52,4%); segue la Toscana (44,8%) e la Lombardia (42,5%). Dall’altra parte della graduatoria troviamo invece la regione Campania nella quale solo il 15,5% dei Comuni ha avuto sindaci donna e la Basilicata (solo il 19,1%).

(GT)

 

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