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De Rita: “Il problema italiano è la mancanza di borghesia”

Sempre acute le analisi del professor Giuseppe De Rita, 86 anni, decano dei sociologi italiani (nonostante la laurea in giurisprudenza), cresciuto allo Svimez e tra i fondatori del Censis.
In un’intervista al quotidiano “La Repubblica” del 14 novembre, a proposito della situazione non certo rosea del nostro Paese, collega il vulnus italiano alla mancanza della borghesia. Motivo per cui vince la politica del rancore. E’ un modo – corretto – per rispondere alle polemiche sollevate dai grillini sul carattere “borghese” della manifestazione torinese a favore della Tav.
«In Italia, a differenza della Germania, della Francia, dell’Inghilterra, il ceto medio non è riuscito a diventare borghesia – spiega il sociologo. «È sempre sostanzialmente rimasto ceto medio, un magma sociale che sobbolle proprio perché non riesce a fare quel salto». E spiega nel dettaglio che mentre “la borghesia ha coscienza di sé e delle sue responsabilità sociali”, cioè si fa anche carico di un interesse generale, il ceto medio no, aspira a diventare borghesia ma non ci riesce. Tra i motivi anche l’ascensore sociale sostanzialmente bloccato.
De Rita ricorda che nel 1968, quando i figli hanno tentato di rompere gli schemi per sfuggire alla rassegnazione che vedevano negli occhi dei loro genitori, c’è stato questo tentativo di evoluzione. Così come negli anni Novanta quando i piccoli imprenditori si sono affidati a Berlusconi sperando di fare il salto.
“Perché invece non riesce con i grillini? – domanda l’intervistatore di “Repubblica” al professore romano.
«Perché il Movimento 5 Stelle non promette il salto sociale al ceto medio. Si limita a trasformarne il rancore in consenso. Grillo interpreta la frustrazione che fa sobbollire il magma. Il ceto medio che sceglie i grillini odia la borghesia perché ne invidia il successo. Per questo se la prende con Monti o con la Fornero, loro sono quelli che avrebbero voluto essere».
E cita Marx, che ha definito questo fenomeno con due termini: “livellamento e invidia”.
La speranza per l’anziano sociologo romano è che gli attuali giovani, studiando o lavorando all’estero, entrino in contatto con società in cui la borghesia ha un ruolo centrale.
(Gi.Ca.)

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