
“Mamme sull’orlo di una crisi di nervi”, ovvero come è difficile conciliare il ruolo di mamma e lavoratrice durante il lockdown. La criticità della duplice veste della donna, mamma e lavoratrice, è stato l’oggetto di studio del rapporto “Le equilibriste: la maternità in Italia 2020” presentato dall’organizzazione internazionale Save the Children.
Dalla ricerca emerge quanto le conseguenze della pandemia Covid-19 abbiano impattato negativamente sulla condizione femminile in Italia, condizione già precaria prima dell’avvento dell’epidemia.
Partendo da un’analisi preliminare in collaborazione con l’Istat, Save the Children evidenzia un fenomeno sociodemografico preoccupante che si registra ormai da qualche anno: le giovani mamme in Italia sono sempre più rare, l’età media alla nascita del primo figlio è di 32,1 anni a dimostrazione che la fecondità espressa dalle 35-39enni ha superato quella delle 25-29enni. Occupiamo il primo posto, purtroppo da anni, delle neomamme più anziane d’Europa.
“La fecondità bassa e tardiva è l’indicatore più rappresentativo del malessere demografico del Paese” avverte l’Istat, ed il calo delle nascite non è imputabile solo alla diminuzione della fertilità, ma soprattutto alla diminuzione del numero di potenziali madri. Molte di queste donne una volta divenute mamme, denunciano nel rapporto sulla maternità “sono costrette a rinunciare alla carriera professionale a causa degli impegni familiari e un welfare che non riesce a sostenere le donne che decidono di mettere al mondo un bambino. Una situazione già critica che è ulteriormente peggiorata con l’emergenza Covid-19, specie per le tre milioni di lavoratrici con almeno un figlio con meno di quindici anni, pari al 30 per cento delle occupate totali (9 milioni 872 mila)”.
Nel report sulle mamme equilibriste in Italia vengono citati i dati di diversi studi illuminanti sulla condizione femminile e genitoriale durante l’emergenza coronavirus.
Una pubblicazione della Fondazione Consulenti del Lavoro sottolinea quanto questi due mesi di sospensioni e lockdown siano pesati sulle spalle delle mamme. Le donne con figli infatti hanno lavorato più dei papà. La situazione si è rivelata ancor più difficile per i genitori single, che hanno affrontato in contemporanea l’emergenza lavorativa e quella familiare. Tra questi la grande maggioranza è rappresentata da donne, 302 mila mamme (a fronte di 47 mila papà) che devono gestire lavoro e cura dei figli da sole.
Con l’intenzione di raccogliere l’opinione di adulti, genitori e non, tramite un breve questionario diffuso on line sulle condizioni abitative, familiari, lavorative, dei carichi di cura, al fine di misurare e valutare i costi, economici e sociali, della quarantena in termini di impatto sulle donne e sugli uomini e stimare le conseguenze sul medio-lungo periodo, l’Associazione Orlando ha realizzato l’indagine “Covid19- uno Sguardo di genere”, condotta dal 26 marzo al 14 aprile su un campione (non rappresentativo del contesto nazionale) di 4.006 persone. Pur non utilizzando un campione rappresentativo, l’inchiesta restituisce una panoramica aggiornata sulla condizione e difficoltà di donne e uomini al tempo del lockdown. Nell’80,4 per cento dei casi i rispondenti sono donne, nel 9,8 per cento uomini.
Le principali criticità che le mamme hanno riscontrato durante la fase di quarantena, sono: la lontananza dai propri affetti (nel 21,7 per cento dei casi), la limitazione di attività legate al benessere personale (15,4 per cento), il peso di lavoro di cura dei figli minori (14 per cento), l’isolamento forzato (13,9 per cento), la paura del contagio (11,3 per cento). Destano preoccupazione i problemi economici (8 per cento), i conflitti in casa (6,7 per cento) e il rischio di perdita del lavoro (6,3 per cento). Se la maggior parte delle madri intervistate (82,4 per cento) non denuncia situazioni di violenza domestica, quasi una su venti (4,6 per cento) è a conoscenza o sta vivendo episodi di violenza. Un dato che merita sicuramente una riflessione è che il 13 per cento delle madri intervistate ha lasciato questa casella vuota. Tra gli aspetti dell’isolamento forzato considerati positivi, viene rilevato il tempo ritrovato per la cura dei propri figli (19,5 per cento), un minor inquinamento atmosferico (17,7 per cento) e maggior tempo dedicato alla lettura (17,2 per cento). In una prospettiva di medio termine, le madri intervistate hanno dichiarato di poter resistere in questa situazione di isolamento forzato al massimo 2 settimane (32,1 per cento), tra le 3 e le 5 settimane (28 per cento), tra le 6 e le 8 settimane (25,5 per cento), oltre le 8 settimane (14,4 per cento). In ogni caso il 66,6 per cento ha dichiarato di aver bisogno di un supporto economico, il 12,9 per cento di un supporto psicologico, l’8,1 per cento di altro tipo di supporto materiale. Solo 1 mamma su 10 dichiara di non aver bisogno di alcun tipo di supporto.
Antonella Inverno, responsabile delle Politiche per l’infanzia di Save the Children fa notare che “con l’avvio della fase tre, le più penalizzate rischiano di essere le madri lavoratrici, circa il 6 per cento della popolazione italiana. Con la mancata riapertura dei servizi per la primissima infanzia molte donne, soprattutto quelle con retribuzioni più basse ed impiegate in settori dove è necessaria la presenza fisica, rischiano di dover decidere di non rientrare al lavoro, aggravando la già difficile situazione dei livelli occupazionali femminili italiani. Per quelle che invece potranno lavorare in smart working, è forte il rischio di un carico eccessivo di lavoro e di cura. Non è solo la chiusura dei servizi per la prima infanzia a preoccupare le madri, ma anche la gestione della didattica a distanza, che soprattutto per le scuole primarie, necessita di un continuo supporto da parte di un adulto a casa, e soprattutto la gestione del carico emotivo dei figli, ancora oggi dimenticati dalla politica nella fase della ripartenza. E’ necessario adottare al più presto un Piano straordinario per l’infanzia e l’adolescenza, che metta al centro i diritti dei minorenni, perché le famiglie non devono essere lasciate sole ad affrontare le sfide educative e sociali che la crisi sanitaria ha imposto”.
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
