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Pesca, Fao: in diminuzione lo sfruttamento del Mediterraneo e del Mar Nero

Dopo decenni di sfruttamento delle risorse ittiche del Mar Mediterraneo e del Mar Nero, arriva un positivo cambio di rotta con una diminuzione della percentuale di depauperamento degli stock ittici in queste distese marine.

Lo rivela la Fao nel suo rapporto sullo Stato della pesca nel Mediterraneo e nel Mar Nero (SoMFi 2020), pubblicato con cadenza biennale dal Consiglio generale per la pesca nel Mediterraneo (GFCM), organo statutario della Fao stessa.

Anche se ancora il 75 per cento degli stock ittici continua ad essere interessato da una pesca eccessiva, è stata rilevata una riduzione di oltre il 10 per cento tra il 2014 e il 2018. Si è registrata una contrazione analoga per i tassi di sfruttamento.

Nel rapporto si annoverano due delle specie della fauna ittica ad esempio del miglioramento citato: il nasello, che nel Mediterraneo mostra segni di recupero, ed il rombo chiodato nel Mar Nero, di cui si è osservata una diminuzione del tasso di sfruttamento via via che la biomassa riproduttiva andava ricostituendosi negli ultimi quattro anni.

“Grazie all’impegno profuso dai membri del GFCM e dagli esperti per far fronte alle criticità esistenti, per la prima volta possiamo affermare che, finalmente, si osservano nel settore alieutico alcuni segnali positivi” ha dichiarato Abdellah Srour, Segretario esecutivo del GFCM. “Pur nella consapevolezza che vi sia ancora molto lavoro da fare per poter rendere sostenibile il settore della pesca nella regione, siamo tuttavia lieti di cominciare a intravedere un’inversione di rotta dei trend più preoccupanti.”

Interessante anche il discorso sull’enorme contributo che il settore alieutico del Mediterraneo e del Mar Nero offre alle economie regionali, generando ricavi diretti, trainando una spesa a più ampio raggio e creando posti di lavoro cruciali. Si è calcolato che nella regione il settore abbia un valore economico annuo complessivo pari a 9,4 miliardi di dollari.

Nel Mediterraneo e nel Mar Nero le attività di pesca creano 225 mila posti di lavoro a bordo e contribuiscono alla sussistenza di un totale stimato di 785 mila persone. In alcune zone di paesi quali la Tunisia, la Croazia e il Marocco, si conta quasi un pescatore ogni 100 persone residenti nelle aree costiere.

La pesca su piccola scala, pur rappresentando il principale tipo di pesca nella regione, con una stragrande maggioranza di pescherecci (83 per cento) e di posti di lavoro correlati (57 per cento), concorre soltanto per il 15 per cento al totale delle catture.

I pescatori artigianali generano meno del 30 per cento dei redditi complessivi derivanti dalla pesca, conducono un’esistenza segnata dall’incertezza e sono più vulnerabili ai problemi o alle crisi impreviste come la pandemia Covid-19. Secondo il rapporto, essi necessitano di maggiori aiuti statali e di uno schema di protezione sociale più efficace, che preveda anche l’accesso ad un’assicurazione di disoccupazione.   

Il rapporto ha fornito anche elementi utili a comprendere lo stato della forza lavoro attuale nel settore alieutico della regione, un settore che è interessato da un fenomeno di rapido invecchiamento: quasi la metà dei lavoratori ha più di 40 anni e soltanto il 17 percento ha meno di 25 anni.

Il documento specifica infine che la resilienza del settore alieutico sarà ancora più importante alla luce delle crescenti pressioni esercitate sull’ambiente marino dai cambiamenti climatici e dalle attività antropiche.

La pubblicazione è considerata dalla Fao un valido strumento per orientare l’azione verso un futuro sostenibile.

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