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Lavoro, aumenta transizione digitale imprese: cresce richieste di figure specializzate

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Occupazione e Covid19: come ha influito l’emergenza sanitaria con i programmi di assunzioni da parte delle aziende nel 2020? Che tipo di figure sono adesso richieste, alla luce dei cambiamenti di approccio al mercato, dalle aziende?

A queste domande risponde il Bollettino 2020 del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal, il monitoraggio annuale dei flussi di entrata nelle imprese e delle competenze richieste dal mercato del lavoro. Secondo lo studio nel 2020, c’è stata una forte frenata nelle assunzioni rispetto all’anno precedente con un calo del 30% (corrispondente a circa 1,4 milioni di contratti di lavoro in meno, inclusi quelli stagionali e di collaborazione).

Ad essere più colpita è stata la filiera dell’accoglienza e della ristorazione (-40,7% per gli ingressi previsti) e in alcuni comparti di punta del made in Italy, come la moda (-37,9%). Mentre flessioni più contenute si registrano nelle costruzioni (-15,9%), nella sanità e servizi sociali privati (-17,1%) e nella filiera agro-alimentare (-19,7%).

“Ma, nonostante la contrazione dell’occupazione – si legge nello studio –  sale al 30% la difficoltà di reperimento dei profili ricercati (contro il 26% del 2019) a causa della mancanza di candidati o della preparazione inadeguata. La domanda di lavoro pianificata nel 2020 dalle imprese con dipendenti (pari a 3,2 milioni di unità) riflette dunque gli effetti della grave crisi pandemica, a cui le imprese hanno risposto introducendo cambiamenti difficilmente reversibili e innescando un’accelerazione anche in diversi aspetti della trasformazione digitale”.

Secondo il rapporto, oltre 4 imprese su 10 che hanno investito in trasformazione digitale hanno puntato sulle modifiche dei modelli di business, con l’adozione di strumenti di digital marketing (+16 punti percentuali rispetto al periodo pre-Covid), sulle innovazioni organizzative, con l’ampia diffusione nell’utilizzo dello smartworking (+17 punti percentuali), o, sotto l’aspetto prettamente tecnologico, sull’acquisizione di reti ad alta velocità, sistemi cloud e big data analytics (+10 punti percentuali). Saranno quindi proprio le competenze digitali, richieste al 60,4% dei profili ricercati nel 2020, uno dei principali driver su cui faranno leva le imprese per gestire la fase di recupero che si aprirà nei prossimi mesi. Vediamo nello specifico le tendenze descritte nello studio.

Con la pandemia, in realtà, non si è davvero “rivoluzionato un mondo” ma si è accelerata in modo importante quella percorso di cambiamento digitale intrapreso da un po’ di anni, come il fenomeno della “polarizzazione” nella domanda di lavoro delle imprese: “Meno penalizzata, anche in un anno difficile come il 2020, è stata infatti la domanda di figure più specializzate, dotate di esperienza e di mix di competenze appropriati per gestire le transizioni aziendali, rispetto a quella espressa per le figure intermedie e per quelle non qualificate”

Ma alla domanda delle aziende è corrisposta una difficolta di reperimento delle figure specializzate. Quasi 3 ricerche di personale su 10, infatti, appaiono di difficile reperimento. Le figure tecniche legate ai servizi digitali, come gli analisti e progettisti di software e i tecnici programmatori sono tra le più difficili da reperire. Tra le professioni specialistiche e tecniche con il maggior incremento della difficoltà di reperimento nel 2020 si annoverano i farmacisti, gli esperti nella progettazione formativa e gli ingegneri civili. Tra le figure operaie più difficili da reperire, invece, si trovano gli attrezzisti e gli addetti a macchine utensili industriali e i meccanici e riparatori di automobili (con criticità per oltre una assunzione su due), ma è tra i muratori, i carpentieri e gli elettricisti che si osserva il maggior incremento nel 2020, figure coinvolte nella transizione in chiave di ecosostenibilità del comparto edilizio.

Formazione: ai diplomati oltre un terzo delle ricerche di lavoro, ma cresce la richiesta di laureati
La crescente domanda di specializzazione da parte delle imprese trova conferma anche nel fatto che raggiunge 51,5% la richiesta di figure che abbiamo almeno un diploma secondario, con una quota di laureati pari al 14,1% (circa un punto in più del 2019) e una richiesta di specializzazione post-diploma conseguita in un percorso di Istruzione tecnica superiore (ITS) quasi al 3% delle entrate programmate (pari a circa 83mila unità), mentre il diploma è il livello di istruzione preferito in circa il 35% dei casi. Molto rilevante e in generale superiore all’effettiva offerta formativa appare anche la quota di assunzioni per la quale è richiesta una qualifica o diploma professionale (25%). Le lauree più richieste sono quelle a indirizzo economico, di ingegneria e a indirizzo insegnamento e formazione, ma le difficoltà di reperimento si concentrano in particolare sui laureati nelle discipline STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics).

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