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Latte e formaggi: sale la produzione del 6% e vola l’export al 12%

Un settore in ripresa quello lattiero-caseario nonostante la crisi, con un export che decolla grazie all’azzeramento dei dazi aggiuntivi trumpiani e alle minori restrizioni anti-Covid.

Numeri in crescita su tutti i fronti sono quelli emersi durante la 76a Assemblea nazionale di Assolatte -l’Associazione Italiana Lattiero Casearia – tenutasi giovedì 16 settembre a Milano, che riconfermano la forza del comparto come numero uno del food italiano.

“Preoccupano le recenti tensioni internazionali e l’aumento dei costi dell’energia – hanno dichiarato da Assolatte – ma il settore lattiero-caseario ha mostrato una resilienza considerevole nell’anno più difficile dal dopoguerra. Un valore che va tutelato contro le fake news e l’uso improprio delle nostre denominazioni”.

Nel 2020, forse l’anno più drammatico dal dopoguerra, le aziende lattiero-casearie che operano in Italia hanno continuato ad assicurare il lavoro a oltre 100.000 persone (tra personale diretto e indotto) e garantito il reddito degli allevatori italiani raccogliendo tutto il latte disponibile nelle stalle italiane. Sono oltre 12,6 milioni le tonnellate di latte raccolto su tutto il territorio nazionale nonostante gli enormi problemi organizzativi causati da pandemia e lockdown.

Complessivamente, nel 2020 le imprese italiane hanno prodotto 2,2 miliardi di litri di latte confezionato, 267 milioni di kg di yogurt, 159 milioni di kg di burro e 1,1 miliardi di kg di formaggi, di cui il 50 per cento Dop. Leader della produzione di formaggi, con il 29 per cento sul totale, si conferma nuovamente la mozzarella, seguita da Grana Padano (18 per cento), Parmigiano Reggiano (14 per cento), Gorgonzola e mozzarella di bufala campana, entrambe con il 5 per cento, crescenza (4 per cento) e provolone (2 per cento).

Tutte in positivo anche le principali DOP italiane. Il Grana Padano si è riconfermato il formaggio DOP leader per produzioni, con il 35 per cento dei volumi complessivi del settore. Seguono il Parmigiano Reggiano con il 28 per cento, il Gorgonzola con l’11 per cento, la Mozzarella di Bufala Campana con il 9 per cento, il Pecorino Romano con il 5 per cento, l’Asiago con il 4 per cento e il Taleggio con il 2 per cento.

Nonostante la paralisi mondiale da Covid-19, l’export dei nostri formaggi ha retto l’onda d’urto: i volumi sono aumentati dell’1 per cento, arrivando a 463mila tonnellate, pur sacrificando parte del valore (3.1 miliardi di euro, in calo di quasi il 3 per cento).

I numeri del 2021 confermano la ripresa: la produzione si conferma in crescita, le vendite si riassestano, l’export vola alto.

La produzione di latte, infatti, continua la sua marcia. Il tasso di crescita delle consegne (+3,2 per cento) è di gran lunga superiore a quello medio europeo ed è il più alto tra i grandi produttori di latte. Aumenta la produzione casearia (+6,0 per cento), con la mozzarella e alcune DOP che continuano a fare da traino. Mentre gli acquisti domestici – causa progressive riaperture – stanno tornando ai livelli pre-covid (-9 per cento il secondo trimestre dell’anno in corso).

L’export invece decolla. Grazie all’azzeramento dei dazi aggiuntivi trumpiani e alle minori restrizioni anti-covid, i formaggi italiani hanno ripreso la loro corsa: il dato relativo alle vendite all’estero dei nostri formaggi nel primo semestre 2021 evidenzia, infatti, un interessante +12 per cento, con risultati positivi per tutte le categorie di prodotto. In particolare, ottime le performance registrate da Francia (+13,8 per cento), Belgio (+20,8 per cento) e Paesi Bassi (+15,6 per cento). Al di fuori degli scambi con l’UE, si consolida la ripresa negli Stati Uniti: le esportazioni sul suolo americano hanno messo a segno un incoraggiante +27,3 per cento.

“Anche se abbiamo già raggiunto importanti traguardi – ha ricordato il presidente di Assolatte Paolo Zanetti durante il suo intervento – dobbiamo continuare la nostra battaglia contro le fake news che coinvolgono i nostri prodotti e contro l’utilizzo improprio delle nostre denominazioni. Altro capitolo fondamentale è il nostro deciso no al Nutriscore e a qualunque sistema di etichettatura che penalizzi gli alimenti più semplici e naturali come il latte e i suoi derivati”.

Nel corso dell’Assemblea è stato affrontato anche il delicato tema della “sostenibilità”, sul quale le imprese del settore hanno investito negli anni enormi risorse: la riduzione dell’impatto ambientale delle produzioni e dei consumi energetici e idrici, delle emissioni in atmosfera, nonché l’uso di energie rinnovabili, sono pratiche all’ordine del giorno di tutte le aziende del comparto.

Linee guida condivise anche dal ministro delle Politiche Agricole Patuanelli, che nel suo saluto all’assemblea ha voluto testimoniare l’ammirazione per la tenacia con cui le impese del settore hanno risposto alla crisi pandemica: “Dobbiamo accompagnare la fase della ripresa per superare le criticità che ancora caratterizzano il settore – ha affermato il ministro. È necessario avere una visione complessiva e grandi capacità progettuali, ma è altrettanto urgente fare sistema tra tutte le componenti della filiera”.

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