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Cantine italiane e Città del vino: “Serve un Osservatorio permanente sull’enoturismo”

Vigne, vini ed esperienze in cantina diventano sempre più un’attrattiva per i viaggiatori italiani e stranieri. L’enoturismo è infatti in forte crescita e si avverte l’esigenza di spingere su alcuni aspetti chiave come promozione, comunicazione e formazione, ma anche digitalizzazione e monitoraggio, tanto da rivolgere una richiesta precisa alle istituzioni: la creazione di un Osservatorio permanente che monitori e fornisca dati ad hoc. È quanto emerge dal nuovo manuale scritto a quattro mani dal senatore Dario Stefàno e dalla produttrice e presidente delle Donne del Vino Donatella Cinelli Colombini, “Viaggio nell’Italia del vino Osservatorio Enoturismo: normative, buone pratiche e nuovi trend” (Agra Editrice) presentato mercoledì 13 luglio a Roma, aPalazzo Giustiniani, alla presenza del presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati, del ministro del Turismo Massimo Garavaglia, l’Ad Enit Roberta Garibaldi, il presidente nazionale Assoenologi Riccardo Cotarella, il presidente Associazione Nazionale Città del Vino Angelo Radica e Denis Pantini e Roberta Gabrielli di Nomisma – Wine Monitor. Hanno mandato il loro contributo anche i ministri Elena Bonetti (Pari opportunità e famiglia), e Stefano Patuanelli (Politiche Agricole),

Al libro hanno contribuito le associazioni Città del vino Le Donne del Vino Nomisma-Wine Monitor, che ha elaborato un’indagine su 92 comuni e 150 cantine.Si tratta della prima indagine su un numero rilevante di attori dell’offerta enoturistica, da cui sono emerse le parole chiave per il futuro del comparto: promozione, comunicazione, formazione, digitalizzazione e monitoraggio, appunto.  Forte e sostanzialmente unanime, la richiesta delle cantine alle istituzioni perché ci si doti di un piano di promozione e comunicazione nazionale sull’enoturismo. Un piano che per 6 aziende su 10 dovrebbe basarsi sui dati provenienti da un osservatorio permanente. Molto sentito anche il bisogno di corsi di formazione degli addetti (67 per cento) e digitalizzazione delle aree rurali (58 per cento). 

Donatella Cinelli Colombini, che ha scritto la sezione dedicata alle buone pratiche enoturistiche post covid, ha sottolineato il carattere rivoluzionario dell’indagine che, per la prima volta, fotografa secondo i generi i ruoli nella filiera produttiva del vino: “Le donne sono il 14 per cento di chi lavora in vigna e in cantina ma rappresentano la maggioranza degli addetti e dei manager nel marketing e comunicazione (80 per cento) del commerciale (51 per cento) e del turismo (76 per cento). Come ha giustamente osservato Denis Pantini, gli uomini producono e le donne trasformano il vino italiano in euro”. 

Aggiunge Stefàno: “L’indagine condotta da Nomisma offre diversi spunti di riflessione e input di tipo più pragmatico, utili ai produttori per scegliere come agire nelle aree di miglioramento, ma anche ai soggetti istituzionali e dei servizi che intendono supportare la crescita esponenziale di questo comparto e per i giovani che vogliono affacciarsi a questo mondo con competenza. A riprova, se ce ne fosse bisogno, dell’utilità che può avere un monitoraggio costante e tecnico su questo tema, in chiave di programmazione e strategia. Siamo agli inizi di un percorso di sviluppo, ma non dobbiamo sciupare altro tempo: è un treno che va preso subito e con criterio”.

L’indagine Nomisma analizza diversi aspetti: dall’incidenza delle attività di accoglienza sul fatturato delle cantine per aree geografiche, alla comunicazione aziendale dedicata, dalla provenienza al target degli enoturisti, dalle esperienze enoiche proposte alla spesa dell’enoturista, dai servizi a servizio alle azioni svolte dai Comuni, dai punti di forza alle aree di miglioramento. 

Il business turistico delle cantine è il 14 per cento del loro fatturato ­ L’immagine delle cantine e delle cantine delle Donne del Vino utilizzate per l’indagine ci mostra una forte attenzione all’ambiente (una su due è BIO) e all’export che nelle imprese piccole – sotto i due milioni di fatturato annuo – è il 31 per cento e sale nelle grandi cantine intervistate fino al 66 per cento. L’81 per cento del fatturato deriva dalla vendita del vino imbottigliato per un totale di 1.200 milioni di euro, nelle imprese esaminate. Esso include gli introiti del punto vendita della cantina per 67milioni. Il negozio aziendale non è l’unica fonte di reddito turistico perché ad esso si associa la ricettività e, nelle aziende più grandi, la ristorazione. Nonostante questo la percentuale del business derivante dal turismo è del 14 per cento nelle piccole imprese e del 6 per cento in quelle grandi con una media del 7 per cento. La stragrande maggioranza dei turisti arriva grazie ai contatti diretti delle aziende (99 per cento, risposta multipla), seguono i grandi portali come Booking, mentre i contatti da canali istituzionali non arrivano al 50 per cento e hanno rilevanza in particolare nel Sud e nelle isole. Il 98 per cento delle cantine turistiche ha un sito, una pagina Facebook e un account Instagram anche se appare largamente sottostimato un approccio più tecnico (SEO, SEM) con i social e l’attivazione di canali di dialogo con la clientela come la newsletter (rispettivamente giudicate molto importanti dal 54 per cento e dal 35 per cento degli intervistati). La presenza nei portali turistici (OTA) è più forte al Centro e al Sud così come nelle cantine di medie dimensioni.

Scontrino medio del punto vendita in cantina e diversificazione delle animazioni ­ Lo scontrino medio dell’enoturista è compreso nella fascia 50-100€ (43 per cento) e solo il 18 per cento dei visitatori spende più di 100€. È il Nord Ovest l’area dove prevalgono gli acquisti fra 50 e 100€ con una quota di 24 punti percentuali superiore alla media. La spesa media più contenuta è al Sud e nelle Isole, dove, tuttavia gli alto spendenti sono il 23 per cento, una concentrazione superiore rispetto ad ogni altra zona italiana. Tenendo presente questa circostanza risulta sorprendente come le esperienze “premium” a prezzo più alto, che costituiscono la vera novità post Covid, siano maggiormente presenti tra le offerte del Centro e del Sud Italia (42 per cento) invece che nel Nord Ovest (24 per cento). Quasi la totalità delle cantine offre la visita guidata degli impianti di produzione e la degustazione dei vini. Il resto delle proposte è molto più rarefatto e parte dal 40 per cento delle cantine che organizzano pasti con specialità gastronomiche tipiche, pacchetti a tema (37 per cento) propongono eventi o pernottamenti (33 per cento). Ecco che la diversificazione dei servizi offerti, al di fuori di quelli classici vede primeggiare il Centro Italia dove sono largamente presenti la vendita di prodotti agroalimentari tipici, il trekking, la visita dei borghi circostanti fino alla scuola di cucina e al wine wellness. Oltre la metà delle imprese intende investire nel prossimo triennio, principalmente su marketing e comunicazione, strutture di accoglienza e connettività. Ovviamente la dimensione aziendale fa la differenza e le grandi imprese stanno spingendo sull’acceleratore.

I punti di forza del turismo del vino italiano ­ Per le cantine i punti di forza dell’offerta enoturistica italiana risiedono soprattutto nella moltitudine di vitigni autoctoni e denominazioni con caratteri distintivi, il paesaggio e i panorami, la gastronomia tipica, infine il contesto storico artistico che caratterizza i territori del vino. Le aree di miglioramento sono nell’accoglienza soprattutto rispetto agli stranieri, il potenziamento della ricettività e la capacità di coinvolgere i visitatori in esperienze a 360°. Presidiare il proprio territorio, in particolare la ristorazione e le rivendite sono, insieme alla comunicazione online e il lavoro in pool, le azioni di cui le cantine sentono maggiormente il bisogno.

Così in chiusura Denis Pantini e Roberta Gabrielli di Nomisma Wine Monitor: “Dall’indagine è emerso, in buona sostanza, come la crescita dell’enoturismo in Italia possa essere ricondotta a cinque parole chiave in grado di riassumere esigenze e priorità per lo sviluppo di tale attività, vale a dire promozione, comunicazione, formazione, digitalizzazione e monitoraggio, quest’ultimo obiettivo traducibile in un Osservatorio permanente in Italia in grado appunto di monitorare, analizzare e indirizzare i risvolti di un fenomeno dalle enormi potenzialità socio-economiche non solo per le imprese vitivinicole ma per interi sistemi locali e territoriali del Bel Paese”.

Foto Max Rella

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