
Un documento approvato a larga maggioranza, con 39 consiglieri a favore (tra cui Cisl e Unsic), 15 contrari (tra cui Cgil, Uil e Usb) e otto che non hanno partecipato al voto (tra cui Legacoop). Il Cnel ha detto dunque “no” all’introduzione di un salario minimo legale, optando per la valorizzazione della contrattazione collettiva. Nei sessanta giorni richiesti dal governo, il Cnel ha prodotto un documento approvato a larga maggioranza. Ha vinto, quindi, la linea del centrodestra e del presidente del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, Renato Brunetta, che coincide con quella espressa in passato dalla premier, Giorgia Meloni. Al voto hanno partecipato 62 consiglieri su 64.
Non è quindi passato nemmeno l’emendamento presentato in extremis dai cinque consiglieri Cnel nominati dalla presidenza della Repubblica, cioè Marcella Mallen, Enrica Morlicchio, Ivana Pais, Alessandro Rosina e Valeria Termini, per far sopravvivere un tentativo di salario minimo, cioè la sperimentazione nei settori lavorativi più critici, affiancandolo alla contrattazione collettiva. E’ stato invece approvato dall’assemblea un emendamento del consigliere esperto, Carlo Altomonte, per il quale il Cnel potrebbe realizzare uno “specifico, puntuale e sistematico monitoraggio” relativamente alle aree di maggiore criticità.
Nella nota diffusa dal Cnel, il documento approvato oggi, “costituito da una prima parte di inquadramento e analisi e una seconda parte con conclusioni e proposte”, viene definito “frutto di un serrato lavoro istruttorio della commissione dell’Informazione, più volta riunitasi per mettere a punto la versione definitiva”. “L’11 agosto – ha affermato Brunetta in conferenza stampa – la presidente del Consiglio, Meloni, chiedeva al Cnel se eravamo in grado di redigere un testo di osservazioni e proposte. Oggi è il 12 ottobre: in 60 giorni questa casa, la casa dei corpi intermedi, ha prodotto un testo sostenuto della stragrande maggioranza” dei consiglieri.
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UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
