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Italia, comprare a rate conviene sempre meno

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In Italia comprare a rate costa di più rispetto ai principali Paesi europei, ma gli alti tassi d’interesse non fermano i cittadini dall’indebitarsi. È quanto emerge dall’analisi condotta dalla Fondazione Fiba di First Cisl sui dati Bce.

Il credito al consumo pesa sul totale dei prestiti richiesti per il 18,5 per cento, dove la media europea è dell’11,2 per cento.  A maggio, poi, è stata registrata un’ulteriore crescita del Taeg, l’indice comprensivo dei costi a carico del consumatore, che ha raggiunto il 10,66 per cento (10,59 per cento ad aprile).

Nonostante l’aumento sia in linea con gli altri Paesi della zona euro, il dato italiano resta elevato rispetto alle media dell’eurozona, dove il Taeg è passato dall’8,58 all’8,69 per cento, e ancor di più se rapportato con i valori della Germania e della Francia, rispettivamente 8,46 per cento (dal 8,34 per cento di aprile) e 6,82 per cento (dal 6,76 per cento ad aprile).

Il confronto con questi ultimi è ancora più impietoso se si considera la quota del credito al consumo sul totale dei prestiti. Mentre in Italia si raggiunge il 18,5 per cento, 7,3 punti percentuali in più rispetto alla media europea, la Germania si ferma al 9,8 per cento, mentre la Francia raggiunge il 12,6 per cento.

Ciononostante non sembrano esserci grossi problemi di accesso al credito. Dall’analisi Fiba, infatti, emerge che “rispetto al marzo 2023 il ricorso a questa forma di indebitamento è cresciuto da 153,9 a 162,4 miliardi (più 5,88 per cento), in un contesto in cui i prestiti alle famiglie sono calati dello 0,9 per cento”.

Per quanto riguarda il tasso sui mutui che fino a marzo è rimasto piuttosto elevato, ad aprile il Taeg è sceso al 4,09 per cento, registrando un ulteriore decremento nel mese di maggio (4,04 per cento), allineandosi così alla media dell’eurozona (4,03 per cento).

Pur rimanendo entro livelli contenuti, nel corso del 2023 la rischiosità del credito, rappresentata dal tasso di deterioramento dei prestiti alle famiglie, è cresciuta costantemente, per ripiegare nel primo trimestre del 2024 dallo 0,262 per cento allo 0,246 per cento.

Infine, la fondazione segnala la continua crescita “del fenomeno della cessione del quinto dello stipendio, una forma di prestito che, quando correlata ai consumi, denota implicazioni sul terreno sociale che non possono non destare preoccupazione – sottolinea. – “Dal 2011 al 2023 l’ammontare di questi prestiti è pressoché raddoppiato, passando da poco più di 10 miliardi ad oltre 18 miliardi di euro”.

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