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Inps: nuove istruzioni per l’integrazione salariale in caso di eccesso di caldo

Con una recente circolare, l’Inps ha fornito chiarimenti fondamentali in merito alla gestione delle richieste di integrazione salariale nei casi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa causata da condizioni climatiche estreme, in particolare quando le temperature superano di molto le medie stagionali.

Le indicazioni sono rivolte ai datori di lavoro che intendano accedere:

– al trattamento ordinario di integrazione salariale (Cigo),

– oppure all’assegno di integrazione salariale attraverso il Fondo di integrazione salariale (Fis) o i Fondi di solidarietà bilaterali.

La circolare specifica i criteri per una corretta valutazione delle istanze, con l’obiettivo di garantire trasparenza e uniformità nelle procedure di accesso ai sostegni economici previsti in caso di eventi climatici eccezionali.

Qualora l’attività lavorativa venga sospesa in seguito a un’ordinanza emessa dalla pubblica autorità, è possibile per i datori di lavoro presentare la richiesta indicando la causale “sospensione o riduzione dell’attività per ordine di pubblica autorità, per motivazioni non imputabili né all’impresa né ai lavoratori”. Nella relazione tecnica presente in domanda o allegata devono essere indicati gli estremi dell’ordinanza che ha disposto la sospensione o la riduzione delle attività lavorative, senza la necessità di doverla allegare. Le prestazioni di integrazione salariale possono essere riconosciute per i periodi di sospensione o per le fasce orarie di riduzione delle attività lavorative indicate nelle ordinanze.

In caso di caldo eccessivo che non consenta il regolare svolgimento delle attività lavorative, resta ferma anche la possibilità di richiedere le integrazioni salariali con causale “evento meteo” per “temperature elevate”.

La prestazione di integrazione salariale può essere concessa nel caso in cui le temperature effettive superino i 35 °C.  L’Inps precisa che anche in presenza di valori termici pari o inferiori a tale soglia, l’accesso alla prestazione può essere autorizzato qualora venga considerata la cosiddetta “temperatura percepita”, che risulta superiore rispetto a quella reale.

Questa condizione può verificarsi, ad esempio, quando le attività lavorative si svolgono in ambienti non riparabili dal sole o implicano l’utilizzo di materiali e macchinari che generano calore, contribuendo ad aggravare il disagio fisico dei lavoratori. Inoltre, l’uso di dispositivi di protezione individuale come tute e caschi può far sì che la temperatura percepita dal lavoratore risulti sensibilmente più alta rispetto a quella effettivamente rilevata dai bollettini meteorologici.

Di conseguenza, la valutazione dell’ammissibilità della causale richiesta non deve basarsi esclusivamente sui dati meteorologici relativi alla temperatura, ma deve tenere conto anche della natura delle mansioni svolte e delle condizioni operative reali in cui i lavoratori si trovano ad agire.

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