
“La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria… cerchiamo insieme tutto il bello della vita, in un momento che non scappi tra le dita”. È con queste parole che vogliamo ricordare Ornella Vanoni, a poche ore dal suo funerale che ci ha restituito l’immensità di un’artista amata dai familiari, dagli amici e dalla sua Milano. Lunedì 24 novembre c’è stato l’ultimo saluto nella chiesa di San Marco, nel quartiere di Brera, dove la cantante viveva. Il sindaco di Milano ha proclamato lutto cittadino, segno di quanto la Vanoni fosse una figura centrale non solo nella cultura, ma nell’identità stessa della città.
Elegante e turbolenta al tempo stesso, malinconica e gioiosa, Ornella era ed è ancora, nel nostro ricordo, senza fine. Una vita vissuta con intensità e anticonformismo. Lei che da timida ragazza proveniente da una famiglia altoborghese, si è trasformata in una donna senza paure, diretta e sincera, sempre. Ad ogni costo. È scomparsa a 91 nella sua casa meneghina e nonostante l’età, nessuno se lo aspettava. Spesso presente in tv in varie trasmissioni, è stata l’immancabile ospite fissa di Che tempo che fa dove elargiva perle di saggezza, aneddoti divertenti e riflessioni sui temi di attualità.
Nata a Milano il 22 settembre 1934, figlia di una famiglia benestante, dopo gli studi tra collegi in Svizzera, Francia, Inghilterra, decide di tornare in Italia e inizia a frequentare l’Accademia del Piccolo teatro diretta da Giorgio Strehler, suo grande e scandaloso amore. Lei diciannovenne e lui undici anni di più. Debutta come attrice in Sei personaggi in cerca d’autore ma poi la sua carriera prende una strada inaspettata. Diventa la “ragazza della mala”, interpretando magistralmente un repertorio di canzoni d’autore, ideato dal regista Giorgio Strehler insieme a Fiorenzo Carpi, Gino Negri e Dario Fo. Le canzoni della mala, Ma mi e Le Mantellate vengono presentate come canti popolari ma raccontano storie di malavita e dei suoi loschi personaggi.
La fine della relazione con Strehler, segnata da miscela di erotismo e droghe, la porta ad allontanarsi dal Piccolo teatro per intraprendere un percorso artistico autonomo. È così che conosce nel 1960, presso la casa discografica Ricordi, Gino Paoli, il suo “amore più grande”, come ha ammesso lei stessa. Un incontro decisivo che l’avvicina definitivamente alla canzone d’autore, dando vita a una lunga e feconda collaborazione che ha regalato alla musica italiana brani memorabili. Paoli scrive per lei Senza fine, ispirato dalle sue “mani grandi, mani senza fine”. Si lasciano, ma rimangono amici e il loro sodalizio artistico prosegue negli anni.
Ci sarebbe troppo da dire e da scrivere su di lei. Libera, passionale, raffinata, anticonformista, capace di mettere al centro della sua arte il vissuto personale, la ricerca della verità, la forza del sentimento e dell’amore. Ha conosciuto vizi e depressione – Tristezza per favore vai via, L’appuntamento, La musica è finita, Domani è un altro giorno – ma anche la gioia – La voglia, la pazzia, Vai Valentina, Rossetto e cioccolato, Senza paura.
Ha collaborato con i grandi della musica internazionale, attraversando i vari generi dagli chansonnier, alla bossa nova (Vinícius de Moraes e il chitarrista Toquinho) al jazz con Paolo Fresu, Herbie Hancock, Gil Evans, George Benson, al pop d’autore.
Spesso paragonata a Mina, Ornella amava rispondere con le parole di Alex Britti: “Mina era una tromba mentre Ornella era un soffio che ti sbatte al muro”.
Accanto alla musica, la Vanoni ha messo l’amore; quello per il palcoscenico, per la verità delle emozioni, per gli uomini e le donne incontrati, raccontati, perduti e ritrovati attraverso le sue canzoni. Ha reso pubblica la sua fragilità trasformandola in forza, in poesia, in motivo d’ispirazione per chiunque abbia creduto nella libertà e nell’autenticità. Ornella Vanoni resta un’artista capace di attraversare epoche e mode, rimanendo sempre fedele a se stessa.
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
