
Sono sempre di più i prodotti agroalimentari che si dichiarano sostenibili in etichetta ed è innegabile che ci sia una propensione in atto verso il biologico e la sostenibilità che si sta facendo largo anche tra le imprese, pronte a investire nei report di sostenibilità. Tendenza dettata dalle mutate esigenze dei consumatori italiani rispetto alla media europea che prediligono prodotti sostenibili, dove in sette su dieci tra sostenibilità e prezzo scelgono quest’ultimo. Di sostenibilità reale e non di etichetta si è parlato nel convegno inaugurale della 23esimma edizione di Sol&Agrifood – Salone dell’agroalimentare di qualità, in scena a Veronafiere dal 2 al 5 aprile.
“Il mondo agroalimentare italiano è leader della sostenibilità nel mondo – ha dichiarato Luigi D’Eramo, sottosegretario del ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, intervenuto a Sol&Agrifood – e dobbiamo essere pronti ad affrontare a competizione con altri Paesi meno sensibili su questo tema. Il valore della sostenibilità, infatti, va declinato nei suoi tre aspetti: ambientale, economico e sociale. Valori, questi, che difendiamo e vogliamo promuovere”.
Dal convegno è emerso che un consumatore su tre nel mondo è preoccupato dai cambiamenti climatici, dato rilevabile dalla relazione di Eugenio Puddu, Consumer product sector leader di Deloitte Italia. Inoltre, l’ansietà maggiore dei consumatori si concentra su crisi economica e inflazione, poiché incidono fortemente sulla qualità del cibo. Il 26 per cento degli italiani compra alimenti di qualità, contro il 22 per cento che acquista prodotti low-cost. Il 37 per cento degli italiani preferisce acquistare prodotti freschi, contro il 14 per cento di prodotti elaborati. La salute e il benessere determinano, infatti, l’indirizzo di scelta: secondo la ricerca l’80 per cento dei consumatori identifica la salute come variabile determinante per gli acquisti rispetto al prezzo e per il 91 per cento degli intervistati, invece, è la sostenibilità. Ne è una conferma la disponibilità a spendere un premium price per i prodotti più sani e sicuri. Nonostante il 61 per cento dei consumatori dichiari che il prezzo li influenzi di più della sostenibilità, il 78 per cento degli intervistati italiani si dichiara disposto a pagare almeno il 5 per cento in più per alimenti sostenibili, locali (79 per cento), biologici e fair trade (76 per cento).
Resta comunque necessario distinguere tra vero ambientalismo e greenwashing (ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata, n.d.r.)
“Prendiamo a prestito la traduzione di sostenibilità in francese: durabilità. È fors un concetto più semplice da comprendere – ha affermato Roberto Berutti, membro di gabinetto del Commissario all’Agricoltura Ue – produrre qualità dando futuro alle imprese e al pianeta. Un pensiero ricorrente del Commissario europeo all’Agricoltura, Janusz Wojciechowski, anche foriero di qualche antipatia, è che il modello agricolo italiano sia quello migliore per produrre valore (8500 euro/ettaro in Italia contro 1500 euro/ettaro della media europea). La Commissione europea non è insensibile al tema della sostenibilità, ha emanato documenti importanti sul tema ed è al lavoro per regolamentare la materia. Sappiamo che il mondo del commercio alimentare è veloce, vuole novità in continuazione, ma la Commissione europea vuole fornire un quadro normativo-giuridico certo, che riguardi tutta la filiera fino al consumatore, ma soprattutto di lungo respiro. Guardiamo al biologico. Il primo regolamento è del 1991. È stato aggiornato diverse volte ma i valori fondanti sono rimasti immutati”.