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Parmigiano Reggiano prodotto di montagna: aumenta la produzione della Dop

parmigiano reggiano

Sono 83 i caseifici di montagna che producono a tutto volume forme di Parmigiano Reggiano con numeri in crescita nel corso del tempo. Nel 2023 sono state superate le 861mila forme, con un incremento dell’11% rispetto al 2016, anno in cui è stata inaugurata la politica del Consorzio di rilancio e valorizzazione della produzione di montagna. In aumento anche la produzione di latte, con oltre 419mila tonnellate (+9,3% sul 2016).

Il Parmigiano Reggiano si conferma essere il più importante prodotto Dop ottenuto in montagna. Lo confermano i nuovi dati forniti dal Consorzio in occasione della conferenza stampa di presentazione della 58a Fiera del Parmigiano Reggiano in programma a Casina (Reggio Emilia) dal 2 al 5 agosto 2024.

La certificazione lanciata dal Consorzio nel 2016, Parmigiano Reggiano “Prodotto di montagna”, con lo scopo di dare maggiore sostenibilità allo sviluppo di quest’area e della zona di produzione, oltre a offrire ai consumatori garanzie aggiuntive legate all’origine e alla qualità del formaggio, nel 2022 ha raggiunto le 228mila forme, con un aumento del +28% sul 2016.

Nel 2023, più del 21% della produzione totale si è concentrata negli 83 caseifici di montagna sparsi tra le province di Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna a sinistra del fiume Reno, che impiegano oltre 800 allevatori. Ciò ha reso possibile il mantenimento dell’agricoltura in zone altrimenti abbandonate e ha contribuito allo sviluppo di una società modernamente agricola e di un paesaggio riconoscibile e apprezzato sia dai suoi abitanti, sia dal circuito del turismo di qualità. Un segnale positivo è rappresentato dai cambiamenti generazionali all’interno dei caseifici: l’età media dei produttori si è abbassata dai 57 anni di media prima del 2016 ai 30-40 di oggi, segnale che manifesta la fiducia che i giovani investono nel Parmigiano Reggiano.

Sono forti segnali che la politica del Consorzio continua a invertire una tendenza alla decrescita che aveva colpito il comparto fino al 2014. Nel decennio 2000-2010, infatti, nei territori di montagna della zona di origine si è assistito alla chiusura di ben 60 caseifici e a una riduzione del 10% della produzione del latte. Deficit che è stato azzerato a partire dal 2014 grazie all’avvio del Piano di regolazione offerta che, tra le altre misure, ha previsto sia sconti specifici per produttori e caseifici situati in zone di montagna, sia il bacino “montagna” per le quote latte.

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