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Peperone & Co.: uno studio internazionale svela la sua storia

Da sempre presente sulla tavola degli italiani, fresco, cotto o conservato in vasetti, il peperone è un ortaggio utilizzato in tutte le cucine del mondo. Proprio per comprendere la propagazione globale di questa coltura unica appartenente alla famiglia delle Solanaceae, un team internazionale di ricercatori ne ha ricostruito la storia genetica per scoprire quanto gusti culinari e tradizioni alimentari abbiano condizionato la biodiversità e la diffusione di questo prodotto, traendone preziose informazioni scientifiche e agronomiche per il futuro.

Lo studio, guidato da Pasquale Tripodi (Centro di Ricerca Orticoltura e Florovivaismo del CREA) e da Nils Stein (Istituto tedesco Leibniz per la genetica delle piante e la ricerca sulle colture), è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista dell’Accademia americana delle scienze (PNAS) ed è partito dall’analisi di oltre 10.000 campioni di specie del genere Capsicum custodite nelle banche internazionali del germoplasma: si tratta della più ampia collezione nel peperone finora caratterizzata e studiata, che rappresenta la diversità di oltre 130 paesi nel mondo, distribuiti in cinque continenti.

I risultati della ricerca hanno confermato che i peperoni allo stato selvatico sono tipici della regione andina e che la loro prima domesticazione è avvenuta in quello che oggi è il Messico ed in altre regioni dell’America meridionale con un processo complesso simile a quanto avvenuto per altre colture come il mais. Grazie alla genetica, è stato quindi possibile ricostruire le rotte di espansione e differenziazione dei peperoni post-domesticazione.

Sono stati identificati nuovi centri di diversità genetica in Europa Orientale, Africa e Sud Est Asiatico e individuate le diverse rotte commerciali che hanno permesso la diffusione e diversificazione del peperone dolce e del peperoncino in tali regioni. 

Le tipologie dolci hanno viaggiato sulle orme dei mercanti portoghesi tra il Centro-Sud America e l’Europa, dove erano predilette dai consumatori sulla base di tradizioni culturali e culinarie per poi diffondersi, attraverso la via della seta, nel vicino Medio Oriente e in Asia Centrale, in regioni con lunghezze del giorno e stagioni comuni che ne hanno facilitato la proliferazione.

Anche l’Africa, però, può essere considerata come un’altra porta d’ingresso di entrambe le tipologie (dolci e piccanti) per le regioni asiatiche. Le varietà africane, infatti, hanno evidenziato proprietà intermedie tra quelle americane ed asiatiche: fondamentale, anche in questo caso, la mediazione dei portoghesi che – in particolare attraverso il commercio triangolare transatlantico degli schiavi tra Africa, Europa e le Americhe durante il XVI e il XIX secolo – ha collegato la diversità del peperone in questi continenti.

La via delle spezie, invece, potrebbe aver determinato la maggiore diffusione di accessioni piccanti a scapito di quelle dolci nell’areale Sud est asiatico. 

Il gruppo di scienziati ha anche rilevato che le regioni del genoma responsabili della piccantezza non erano distribuite in modo uniforme tra le varietà nelle diverse regioni del mondo, suggerendo come i fattori culturali abbiano esercitato un importante influenza primaria sul modello di diffusione dei peperoni

“Quanto emerso apre interessanti prospettive per il peperone e il peperoncino piccante – ha spiegato Pasquale Tripodi del Crea.

“Grazie alle informazioni genomiche sulle migliaia di accessioni esistenti e conservate nelle banche mondiali dei semi – ha continuato – sarà possibile sia lavorare a nuove potenziali varietà migliorate sia scegliere nuove aree verso le quali destinare le produzioni, sempre in un’ottica di resilienza al cambiamento climatico e di sostenibilità ambientale”.

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