
Nonostante i problemi legati alla siccità e alla raccolta anticipata, la vendemmia 2022 si prospetta buona e conferma il grande livello professionale della filiera vitivinicola italiana. È quanto emerge dall’analisi dei primi dati elaborati dal Centro di ricerca di Viticoltura ed Enologia del Crea.
Leggendo le tendenze previsionali per la vendemmia appena partita, l’Italia è stata accomunata da un andamento meteo omogeneo da nord a sud della penisola. Alte temperature e in particolare siccità hanno caratterizzato la primavera e l’estate italiana. Nonostante le difficoltà del meteo, si può affermare che il 2022 abbia incoronato il vigneto italiano come resiliente ai cambiamenti climatici, che mai come in quest’annata è stato messo alla prova dalle condizioni metereologiche che non sono state così avverse ed ostiche.
“Molto lavoro è stato fatto e sicuramente abbiamo ancora margini importanti di miglioramento – ha affermato Riccardo Velasco, direttore Crea Viticoltura ed Enologia – basti pensare alle nuove varietà resistenti agli stress che il Crea ha già selezionato, grazie alle tecniche di evoluzione assistita, e che aspettano di essere sperimentate, ma se ad oggi possiamo considerare salva la vendemmia 2022 molto lo dobbiamo al lavoro straordinario dei nostri viticoltori che hanno saputo gestire sapientemente le bizzarrie di questo clima inconsueto, sfruttando le innovazioni della ricerca e adeguando di conseguenza concimazioni, irrigazioni e trattamenti”.
Dal punto di vista fitosanitario l’annata si presenta buona, come indicano i dati rilevati da Patrick Marcuzzo del Crea Viticoltura di Conegliano. La penuria di precipitazioni ha sicuramente facilitato il controllo delle malattie fungine, riducendo anche il numero di interventi fitosanitari: la peronospora è praticamente assente in tutto il territorio italiano, si rileva solo la presenza di alcuni focolai di oidio ma sono situazioni sotto controllo. Anche della botrite non c’è traccia, nemmeno nelle cultivar particolarmente suscettibili e a grappolo compatto. Da evidenziare solamente il problema della flavescenza dorata che ha interessato soprattutto l’area viticola del nord Italia, in particolare Veneto, Emilia-Romagna, Piemonte e Lombardia.
Il 2022 non sarà ricordato come un’annata abbondante, a causa soprattutto dei vigneti non serviti da impianti di irrigazione o bacini di raccolta delle piogge. Per la qualità invece, le uve hanno un contenuto di zuccheri e sostanze coloranti superiori alla norma, mentre viene costantemente monitorata l’acidità per cogliere l’ideale momento di raccolta. La carenza di escursione termica giorno-notte ha per adesso influenzato la qualità in alcune zone, ma queste ultime settimane potrebbero compensare, dato l’attuale andamento climatico. L’anticipo rispetto al 2021 è importante e variabile da circa 7 giorni a 20, a seconda delle diverse aree viticole.
Per quanto concerne le quantità di produzione si prevedono: in Friuli-Venezia Giulia e in Veneto in leggero calo rispetto al 2021 (-10 per cento e 5 per cento rispettivamente) principalmente a causa della scarsità di piogge e dell’impossibilità di irrigare i vigneti in alcune aree, quelle collinari in particolare. In Trentino-Alto Adige la produzione è in leggero aumento, +5–6 per cento rispetto al 2021, in particolare per le cultivar autoctone a bacca rossa (Teroldego e Marzemino). Lombardia ed Emilia-Romagna registrano una flessione delle produzioni in particolare per la zona dell’Oltrepò e per la collina romagnola. Il Piemonte, invece, ha risentito meno della drammaticità dell’annata dove si prevede una riduzione, rispetto al 2021, solo di qualche punto percentuale. In altre due regioni viticole italiane, Toscana e Puglia, si registrano produzioni leggermente superiori rispetto al 2021 per motivazioni diverse: la Toscana è stata interessata da una forte gelata nella scorsa annata che aveva compromesso buona parte della produzione ma ha recuperato quest’anno. In Puglia la fertilità delle gemme è buona e superiore alla media e nei vigneti irrigui si prevede fino ad un 10 per cento in più. La Sicilia, infine, è la regione che ha sofferto di più in quest’annata soprattutto nei vigneti non irrigui, con cali pari a un –5 per cento / -10 per cento rispetto l’annata precedente.