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Legambiente: comuni italiani sempre più “Green”

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Italia sempre più green o almeno sulla giusta direzione. È questo il quadro che viene fuori dell’ultima edizione del dossier di Legambiente “Comuni Rinnovabili, presentato al Forum QualEnergia, che si è svolto a Roma il 27 e il 28 novembre. Secondo i numeri della riceca, nel nostro Paese i comuni italiani autosufficienti per i fabbisogni elettrici sono 3.060 e 37 quelli 100% rinnovabili con un modello di autoproduzione che oggi è al centro delle Direttive Europee. Numeri importanti visto che, come sottolinea Legambiente, si è passati dai 356 comuni rilevati 10 anni fa ai 7.978 di oggi: “In tutto – spiega l’associazione – sono ben 7.862 i Comuni in cui sono presenti impianti fotovoltaici, 6.822 quelli del solare termico, 1.489 quelli del mini idroelettrico (in particolare al centro nord) e 1.025 quelli dell’eolico (soprattutto al centro sud), 4.130 quelli delle bioenergie e 595 quelli della geotermia”.

Secondo lo studio in questi 10 anni la produzione da rinnovabili è cresciuta di oltre 50 TWh mettendo in crisi il modello fondato sulle fossili, con un contributo delle rinnovabili che è passato dal 15 al 34,4% rispetto ai consumi elettrici e dal 7 al 17,7% in quelli complessivi. Risultati importanti che ora devono essere da stimolo per obiettivi molto più ambiziosi al 2030.

Entrando nello specifico territoriale, la Lombardia risulta essere la regione con il maggior numero di impianti a fonte rinnovabile in Italia, con 7.989 MW installati, grazie soprattutto all’eredità dell’idroelettrico del secolo scorso. La Puglia è invece la regione col maggior numero di installazioni delle “nuove” rinnovabili, ossia solare ed eolico (5.056 MW su 5.388 MW totali).

A incidere fortemente sulla possibilità di sviluppo delle rinnovabili è come sempre la politica. Legambiente, infatti punta il dito, sulle direttive governative che in questi anni  hanno guardato in un’altra direzione, dettando un rallentamento sulla risoluzione delle problematiche legate alle barriere, anche non tecnologiche, che trovano i progetti nei territori: “In molte regioni – sottoline l’associazione – è di fatto vietata la realizzazione di nuovi progetti rinnovabili, visto l’incrocio di burocrazia, limiti posti con il recepimento delle linee guida nazionali e veti dalle soprintendenze. In questi anni, infatti, non vi è stata alcuna semplificazioni importante per gli interventi di piccola taglia e mancano ancora riferimenti chiari di integrazione nei territori per gli impianti più grandi e complessi”.

Guardando i numeri infatti si nota come negli ultimi cinque anni la crescita delle installazioni è fortemente rallentata, la media per il solare è stata di 407 Mw all’anno e di 301 Mw per l’eolico, cifre del tutto inadeguate a raggiungere perfino i già limitati target fissati dalla Sen.

Il segnale positivo è che nel fotovoltaico gli impianti sono andati avanti malgrado lo stop agli incentivi, con 233mila impianti realizzati di piccola taglia negli ultimi tre anni. E oggi, grazie all’Europa, diventa possibile abbattere le barriere che in Italia impediscono di scambiare energia prodotta da fonti rinnovabili nei condomini, in un distretto produttivo o in un territorio agricolo.

Nel 2017 è calato anche il contributo della produzione da rinnovabili rispetto ai consumi e sono tornate ad aumentare le emissioni di CO2. Occorre quindi cambiare registro e i rilanciare gli investimenti per raggiungere non più solo gli obiettivi stabiliti a livello europeo, in coerenza con l’Accordo di Parigi sul Clima, ma livelli più ambiziosi e in grado di scongiurare le drammatiche conseguenze sociali e economiche di un aumento della temperatura oltre i 2 gradi.

Obiettivi tecnicamente raggiungibili, come dimostra la ricerca realizzata da Elemens per Legambiente, presentata ieri al Forum, secondo la quale, diminuendo al 2030 le emissioni del 55%, si avrebbero benefici pari a 5,5 miliardi di euro all’anno (considerando il consumo evitato di combustibili e il minor gettito fiscale) con la creazione di 2,7 milioni di posti di lavoro. Tutto ciò grazie alla riduzione delle importazioni dall’estero di combustibili fossili e dei consumi energetici, con costi indiretti sulla salute.

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