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I “Paperoni” di banche, Rai e politica

Centoquarantaquattro milioni in un anno. Nel 2016. E’ quanto hanno incassato complessivamente i supermanager degli otto maggiori istituti del nostro Paese. Con il paradosso dei paradossi che la cifra è cresciuta in 12 mesi di ben il 13,3 per cento. Tutto ciò a fronte di una situazione degli istituti di credito non proprio invidiabile, tra sofferenze e tagli.

Mentre s’allarga la fascia di povertà e parte della cosiddetta “classe media” si sgretola, tra aumenti delle tasse e nuove generazioni da mantenere, c’è un’Italia che non conosce crisi. Anzi, che incrementa i propri redditi. In questa rientrano, tra gli altri, i manager delle banche, i politici e conduttori della Rai, tre categorie che conquistano paginoni nei giornali non tanto per onori derivanti dalla propria attività professionale, quanto per i propri redditi invidiabili.

Le buste paga degli amministratori delle maggiori banche non conoscono infatti recessione I compensi sono da Nababbi, i benefit infiniti, le ferie superpagate, le buonuscite invidiabili. Come quella dell’ex amministratore delegato di Unicredit, Federico Ghizzoni, pari ad oltre 12 milioni di euro. Del resto i 27 top manager di Unicredit hanno incassato globalmente quasi 28 milioni. Altri manager, tra Intesa San Paolo e Banca Imi, si sono dovuti “accontentare” di poco più di quattro milioni. E da non dimenticare gli addii da oltre tre milioni in Monte dei Paschi di Siena, per cui il problematico istituto toscano ha complessivamente pagato il top management nel 2016 ben il 44 per cento in più rispetto all’anno precedente.

Altro capitolo di questi giorni è quello dei vitalizi. Mentre la delibera adottata dall’Ufficio di presidenza della Camera introduce un leggero contributo di solidarietà per i vitalizi superiori ai 70mila euro, il Corriere della Sera pubblica gli importi di alcuni assegni eccellenti: ecco i 10.131 euro al mese percepiti da Publio Fiori, ex democristiano con approdo a destra, o i 6.939 euro di Clemente Mastella, oggi sindaco di Benevento. O, ancora, gli importi sopra i cinquemila euro dei tre ex segretari dei Ds, Massimo D’Alema (5.223), Walter Veltroni (5.504) e Piero Fassino (5.256). Sopra i cinquemila anche due democristiani di ferro, Ciriaco De Mita (5.862) e Paolo Cirino Pomicino (5.411). Peppino Calderisi, ex radicale poi passato a destra, riceve un assegno di 5.459 euro. L’ex magistrato Ferdinando Imposimato, ex Pci, porta a casa 4.580 euro. L’ex leader del Movimento studentesco, Mario Capanna, ha un vitalizio di 3.026 euro.

Il quotidiano di via Solferino ricorda un deputato sardo, l’avvocato Enrico Endrich, che nel 1955 si dimise per protesta proprio contro i vitalizi, sostenendo che questi “avrebbero decretato la professionalizzazione del ruolo del deputato”. Con coerenza vi ha sempre rinunciato fino alla sua scomparsa, nel 1985 a 86 anni. Altri tempi ed altri politici.

Tra le categorie che non vogliono rinunciare a compensi da favola ci sono le “star” della Rai. I legali di Bruno Vespa, informa il quotidiano La Repubblica, hanno individuato una norma del 2008 che potrebbe autorizzare la Rai a pagare i suoi artisti anche oltre il tetto dei 240mila euro annui (20mila al mese), evidentemente considerati pochi per la qualità fornita dai personaggi del piccolo schermo. Antonio Campo Dall’Orto, numero uno di viale Mazzini, però non dovrebbe fare sconti: la delibera dei consiglieri di amministrazione, votata a febbraio scorso, dovrebbe entrare in vigore ad aprile senza esitazioni. Almeno si spera.

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