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8 marzo, le indagini sulle differenze di genere al lavoro

In occasione della festa dell’8 marzo, una fotografia sulle performance formative e professionali delle donne, dalla scuola superiore all’università fino al mercato del lavoro.

Da una lettura dei dati delle ultime indagini di AlmaDiploma e AlmaLaurea, si conferma un differenziale a favore dei diplomati e dei laureati, che permane anche quando le diplomate e le laureate intraprendono percorsi disciplinari che offrono maggiori chance occupazionali o dove sono storicamente più presenti.

DALLA SCUOLA ALL’UNIVERSITÀ

Il Rapporto 2019 sul Profilo dei Diplomati mostra che il 39,1% delle ragazze alla scuola media inferiore ottiene un voto d’esame superiore o uguale a 9 (percentuale pari al 29,8% tra i ragazzi) e quando arrivano sui banchi delle superiori, che siano quelli di un liceo, un istituto tecnico o un professionale, raggiungono ottimi risultati.

Il 92,3% delle studentesse non fa ripetenze (è l’87,7% per ragazzi) e conclude la scuola secondaria superiore con un voto medio di diploma pari a 78,7 su cento (è 75,2 per i ragazzi).

Il 39,6% delle ragazze dedica allo studio e ai compiti a casa più di 15 ore settimanali rispetto al 17,5% dei ragazzi;inoltre, il 39,1% delle studentesse compie esperienze internazionali, in particolare organizzate dalla scuola (è il 25,3% dei ragazzi). D’altronde le ragazze intraprendono in maggior misura percorsi formativi linguistici e per questo conseguono anche un maggior numero di attestati (41,9% delle studentesse rispetto al 31,4% degli studenti).

Sono impegnate in attività di carattere sociale: il 17,5% delle ragazze svolge attività di volontariato rispetto al 13,2% dei ragazzi.

Nel tempo libero intraprendono attività culturali e non perché devono ma perché lo vogliono: le svolgono il 60,6% delle ragazze, in larga parte su iniziativa personale, rispetto al 48,3% dei ragazzi.

Sono interessate a proseguire gli studi soprattutto all’università: 79,6% delle diplomate rispetto al 64,6% dei diplomati. In tale scelta sono spinte da motivazioni differenti: in particolare poter svolgere, grazie alla laurea, l’attività professionale di proprio interesse (70,2% delle studentesse rispetto al 61,8% degli studenti) e approfondire i propri interessi culturali (57,2% rispetto al 49,1% degli studenti).

Il Rapporto 2019 sul Profilo dei laureati mostra chetra i laureati del 2018, dove è nettamente più elevata la presenza della componente femminile (58,7%), la quota delle donne che si laureano in corso è pari al 55,5% (è 50,9% per gli uomini) con un voto medio di laurea uguale a 103,7 su 110 (è 101,9 per gli uomini); occorre sottolineare che ciò è frutto anche dei diversi percorsi formativi intrapresi.

Le donne si iscrivono all’università spinte da forti motivazioni culturali (32,2% rispetto al 28,2% degli uomini) e hanno svolto un buon numero di tirocini e stage riconosciuti dal proprio corso di laurea, il 62,8% delle donne rispetto al 54,2% degli uomini.

Le laureate inoltre provengono in misura maggiore da contesti familiari meno favoriti sia dal punto di vista culturale sia socio-economico. Così il 27,3% delle donne ha almeno un genitore laureato rispetto al 33,6% degli uomini. Un differenziale che permane considerando anche la classe sociale: il 20,9% delle donne proviene da una famiglia di estrazione economica elevata rispetto al 24,6% degli uomini. Non stupisce quindi che tra le donne, provenienti da contesti familiari più svantaggiati, sia maggiore la percentuale di chi ha usufruito di borse di studio: il 25,0% delle donne rispetto al 21,2% degli uomini.

LE DONNE E IL MERCATO DEL LAVORO

Il Rapporto 2019 sulla Condizione occupazionale dei laureati registra ancora una volta significative e persistenti disuguaglianze di genere.

Su tale aspetto AlmaLaurea ha sviluppato un approfondimento ad hoc evidenziando che tra i laureati magistrali biennali, a cinque anni dal conseguimento del titolo, le differenze di genere si confermano significative e pari a 6,0 punti percentuali in termini occupazionali: il tasso di occupazione è pari all’83,0% per le donne e all’89,0% per gli uomini.

A un lustro dal titolo i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato sono una prerogativa tutta maschile: riguardano il 63,0% degli uomini e il 52,6% delle donne.

È naturale che queste differenze siano legate anche alle diverse scelte professionali maturate da uomini e donne; queste ultime, infatti, tendono più frequentemente a inserirsi nel pubblico impiego e nel mondo dell’insegnamento, notoriamente in difficoltà nel garantire, almeno nel breve periodo, una rapida stabilizzazione contrattuale.

Le differenze di genere si confermano anche dal punto di vista retributivo. Tra i laureati magistrali biennali che hanno iniziato l’attuale attività dopo la laurea e lavorano a tempo pieno emerge che il differenziale, a cinque anni, è pari al 16,9% a favore degli uomini: 1.688 euro netti mensili rispetto ai 1.444 euro delle donne. A ciò si aggiunge che il titolo di laurea è efficace per lavorare più per gli uomini che per le donne: rispettivamente il 59,9% rispetto al 57,6% degli occupati ritiene il titolo “efficace o molto efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.

A ulteriore conferma che ancora oggi le donne fanno più fatica degli uomini a realizzarsi professionalmente, basti pensare che a cinque anni dal titolo magistrale svolge un lavoro a elevata specializzazione (compresi i legislatori e l’alta dirigenza) il 46,8% delle donne e il 55,5% degli uomini.

In generale le donne risultano leggermente meno soddisfatte del proprio lavoro; in particolare, a cinque anni dalla laurea sono meno gratificate dalle opportunità di contatti con l’estero, dalle prospettive di guadagno e di carriera, dalla stabilità e sicurezza del lavoro. Fanno eccezione, denotando una maggiore soddisfazione nella componente femminile, l’utilità sociale del lavoro e il tempo libero a disposizione.

La lettura dei dati conferma che le donne sono più penalizzate sul lavoro se hanno figli. Il forte divario in termini occupazionali, contrattuali e retributivi tra uomini e donne, infatti, aumenta in presenza di figli.

Il differenziale occupazionale a cinque anni dalla laurea sale addirittura a 27,3 punti percentuali tra quanti hanno figli: isolando quanti non lavoravano alla laurea, il tasso di occupazione risulta pari all’89,7% per gli uomini, rispetto al 62,4% per le donne. Anche nel confronto tra laureate, chi ha figli risulta penalizzata: a cinque anni dal titolo il tasso di occupazione delle laureate senza prole è pari all’83,7%, con un differenziale di 21,3 punti percentuali rispetto alle donne con figli.

Ma anche in termini contrattuali si osservano differenze rilevanti: tra quanti hanno figli e non lavoravano alla laurea, i contratti alle dipendenze a tempo indeterminato riguardano il 62,0% degli uomini e il 42,3% delle donne.

Infine, tra i laureati con figli il differenziale retributivo sale al 26,8%, sempre a favore degli uomini, che percepiscono 1.738 euro rispetto ai 1.371 delle donne (in tal caso si considerano quanti hanno iniziato l’attuale lavoro dopo la laurea e lavorano a tempo pieno).

I vantaggi della componente maschile sono confermati a parità di gruppo disciplinare, a tal punto che le donne pagano un pegno maggiore, soprattutto in termini retributivi, anche quando intraprendono i percorsi formativi che hanno un maggior riscontro sul mercato del lavoro, come i percorsi dei gruppi Ingegneria, Economico-Statistico e delle Professioni Sanitarie.

Quando intraprendono la strada di Ingegneria, dove si registrano in entrambi i casi risultati brillanti, le differenze tra uomini e donne permangono, sempre a favore dei primi: nel tasso di occupazione, anche se in misura più contenuta (93,9% per i laureati e 90,9% per le laureate), nella diffusione dei contratti a tempo indeterminato (rispettivamente 78,2% per gli uomini e 73,3% per le donne) e soprattutto nelle retribuzioni, rispettivamente pari a 1.810 euro mensili netti per gli uomini e 1.648 per le donne.

La situazione non cambia neanche quando scelgono un percorso Economico-Statistico. Le differenze occupazionali risultano infatti elevate: il tasso di occupazione è pari rispettivamente al 91,1% per gli uomini mentre scende all’88,3% per le donne. Da un punto di vista contrattuale, i contratti a tempo indeterminato riguardano il 66,5% degli uomini e il 64,3% delle donne. Infine, le retribuzioni sono anche in questo caso sempre inferiori per le donne: 1.520 euro rispetto ai 1.714 euro degli uomini del gruppo Economico-Statistico.

Anche per chi opta per le Professioni Sanitarie permangono le differenze nel tasso di occupazione (90,4% per gli uomini e 88,8% per le donne), ma anche in termini contrattuali e retributivi: può infatti contare su un contratto a tempo indeterminato il 77,6% degli occupati e il 71,4% delle occupate e su una retribuzione di 1.619 euro per gli uomini rispetto ai 1.443 euro delle donne.

E nei percorsi dove storicamente la presenza femminile è più marcata come nell’Insegnamento e in ambito Psicologico, Linguistico e Letterario? Anche in questo caso il divario tra donne e uomini permane.

Le donne del gruppo Insegnamento hanno minori chance occupazionali rispetto agli uomini (il tasso di occupazione è pari al 79,3% delle laureate rispetto all’87,9% dei loro colleghi) e possono contare su una minore diffusione di contratti a tempo indeterminato (59,6% rispetto al 78,7% degli uomini). Anche in termini retributivi le differenze sono marcate: percepiscono in media 1.219 euro mensili netti rispetto ai 1.492 euro percepiti dagli uomini.

Se puntano alla strada della Psicologia, gli uomini non solo sono più occupati (82,8% rispetto il 78,7%) ma sono anche caratterizzati da una maggior diffusione di contratti a tempo indeterminato (37,6% rispetto al 30,8%) e percepiscono retribuzioni superiori (1.491 euro rispetto ai 1.299 delle donne).

Laddove le differenze a livello occupazionale e contrattuale calano, come nel Letterario, o addirittura vedono un vantaggio delle donne, come nel Linguistico, queste ultime restano comunque fortemente penalizzate in termini retributivi.

Nel gruppo Letterario, infatti, il tasso di occupazione è pari al 77,2% per le donne e al 78,3% per gli uomini; le donne presentano una minore diffusione di contratti a tempo indeterminato (40,1% rispetto al 42,1% degli uomini).

Nel gruppo Linguistico il tasso di occupazione, invece, è pari all’84,4% per le donne e all’82,3% per gli uomini; inoltre le donne presentano una maggiore diffusione di contratti a tempo indeterminato, seppur molto lieve (48,9%, rispetto al 48,1% degli uomini).

Tuttavia da un punto di vista retributivo le differenze di genere sono invece elevate in entrambi i gruppi: le retribuzioni mensili nette sono pari a 1.340 rispetto ai 1.409 euro degli uomini del gruppo Letterario e 1.407 euro rispetto ai 1.549 euro degli uomini del gruppo Linguistico.

LAUREATE IN SCIENZE, TECNOLOGIA, INGEGNERIA E MATEMATICA: PIU’ BRAVE MA PENALIZZATE

L’Indagine sul Profilo dei laureati mette in evidenza la diversa composizione per genere tra i laureati STEM (Science, Technlogy, Engineering, Mathematics): è più elevata infatti la componente maschile, che raggiunge il 59,9%, rispetto al 40,1% di quella femminile, in particolare tra i gruppi ingegneria, politico-sociale e scientifico dove supera i due terzi.

Le donne sono in numero minore, ma sono più brave degli uomini: sono infatti caratterizzate da un voto medio di laurea più alto (103,7 su 110, rispetto al 101,9 degli uomini) e da una migliore riuscita in termini di regolarità negli studi (tra le donne il 48,9% ha concluso gli studi nei tempi previsti rispetto al 46,2% degli uomini).

Resta vero che nonostante performance universitarie migliori, le donne restano penalizzate nel mondo del lavoro.

L’Indagine sulla condizione occupazionale mostra che a cinque anni dal conseguimento del titolo di secondo livello il tasso di occupazione è complessivamente pari all’88,3%: il 91,4% per gli uomini e l’84,3% per le donne. A cinque anni, i laureati STEM dichiarano di percepire una retribuzione mensile netta pari a 1.595 euro, ma il divario uomini-donne permane elevato a favore dei primi: 1.716 euro percepiti dagli uomini rispetto ai 1.412 euro delle donne. Isolando, più opportunamente, tra i laureati STEM, coloro che hanno iniziato l’attuale attività lavorativa dopo la laurea e lavorano a tempo pieno, il differenziale retributivo tende a diminuire, sebbene permanga elevato e sempre a favore degli uomini in tutti i percorsi disciplinari: nel complesso pari a +16,7%, corrisponde a una retribuzione di 1.740 euro tra gli uomini e 1.491 euro tra le donne.

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