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Banca d’Italia su conseguenze crisi Ucraina: tre possibili scenari per Pil e inflazioni in Italia

L’ultimo bollettino emanato ad aprile dalla Banca d’Italia non ci dà buone notizie: il ciclo economico mondiale si è indebolito e l’inflazione è ulteriormente cresciuta. Dall’inizio dell’anno l’attività economica globale ha mostrato segnali di rallentamento, dovuti alla diffusione della variante Omicron del coronavirus e, successivamente, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. L’inflazione è ulteriormente salita pressoché ovunque (al 7,5 per cento in marzo nell’area dell’euro), continuando a riflettere i rialzi dei prezzi dell’energia e le strozzature dal lato dell’offerta. La volatilità è elevata in molti segmenti di mercato. La guerra acuisce i rischi al ribasso per il ciclo economico mondiale e al rialzo per l’inflazione.

La Bce ha rivisto il profilo degli acquisti di titoli – Lo scorso marzo il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha valutato che il conflitto avrà ripercussioni rilevanti sull’attività economica e sull’inflazione nell’area, e ha annunciato che adotterà tutte le misure necessarie per garantire la stabilità dei prezzi e quella finanziaria. Ha inoltre rivisto il profilo del programma di acquisto di attività finanziarie per i prossimi mesi e annunciato che qualsiasi modifica dei tassi di interesse di riferimento avverrà qualche tempo dopo la conclusione degli acquisti netti e sarà graduale.

Pil ridotto nel primo trimestre; crescita dell’inflazione, spinta da energia e alimentari – Nel primo trimestre del 2022 il Pil dell’Italia sarebbe diminuito, risentendo del rialzo dei contagi all’inizio dell’anno e dell’andamento dei prezzi energetici, in un contesto congiunturale di forte incertezza per gli sviluppi dell’invasione dell’Ucraina. La crescita del numero delle posizioni lavorative si è affievolita in gennaio e febbraio. L’inflazione ha raggiunto il 7,0 per cento in marzo, collocandosi sui livelli più alti dai primi anni novanta; la componente di fondo resta su valori inferiori al 2 per cento.

Tre scenari sugli effetti della guerra in Ucraina su Pil e inflazione in Italia – Le possibili conseguenze economiche del conflitto sono esaminate in tre scenari illustrativi – piuttosto che previsioni – definiti sulla base di ipotesi alternative sui prezzi delle materie prime, sul commercio internazionale, sulla fiducia di consumatori e imprese e sulle disponibilità delle forniture di gas naturale. Nello scenario più favorevole, che ipotizza una rapida risoluzione del conflitto e un significativo ridimensionamento delle tensioni a esso connesse, la crescita del PIL sarebbe intorno al 3 per cento nel 2022 e nel 2023. In quello intermedio, di prosecuzione della guerra, il prodotto aumenterebbe di circa il 2 per cento in entrambi gli anni. Nello scenario più severo, che presuppone anche un’interruzione dei flussi di gas solo in parte compensata da altre fonti, il PIL diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale sia quest’anno sia il prossimo. L’inflazione nella media di quest’anno sarebbe pari al 4,0 per cento nel primo scenario, al 5,6 nel secondo e a poco meno dell’8 nel terzo; in tutti e tre gli scenari si riporterebbe su valori intorno al 2 per cento nel 2023.  Questo ampio ventaglio di stime non tiene conto di possibili nuove risposte delle politiche economiche, che saranno essenziali per contrastare le spinte recessive e le pressioni sui prezzi derivanti dal conflitto.

Parte delle importazioni di gas russo potrebbe essere sostituita con altre fonti – Nel 2021 il surplus di conto corrente è rimasto elevato, pur risentendo del deterioramento della bilancia energetica. Dalla Russia proviene più di un quinto delle importazioni italiane di input energetici, quasi la metà per il solo gas naturale. Secondo valutazioni preliminari, l’eventuale interruzione dei flussi di gas russo potrebbe essere compensata per circa due quinti entro la fine del 2022, senza intaccare le riserve nazionali di metano, attraverso l’incremento dell’importazione di gas naturale liquefatto, il maggiore ricorso ad altri fornitori e l’aumento dell’estrazione di gas naturale dai giacimenti nazionali. Nel medio periodo sarebbe possibile sostituire pienamente i flussi di gas russo con più cospicui investimenti sulle fonti rinnovabili, oltre che mediante il rafforzamento delle importazioni da altri Paesi.

Nel 2021 sono scesi significativamente il disavanzo e il debito pubblico in rapporto al Pil – Lo scorso anno l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil si è sensibilmente ridotto rispetto ai valori straordinariamente elevati del 2020. Anche il peso del debito sul prodotto è diminuito. Alla fine di febbraio la Commissione europea ha espresso una valutazione positiva sul conseguimento dei traguardi e degli obiettivi previsti per il pagamento della prima rata dei fondi del Dispositivo per la ripresa e la resilienza. Lo scorso 6 aprile il Governo ha approvato il Documento di economia e finanza 2022. A fronte del miglioramento del quadro tendenziale dei conti pubblici, gli obiettivi di indebitamento netto fissati lo scorso settembre sono stati confermati. Nel 2022 il disavanzo e il debito si collocherebbero rispettivamente al 5,6 e al 147,0 per cento del Pil.

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