
Dal 1° settembre i datori di lavoro che intendono assumere donne svantaggiate a tempo indeterminato potranno farlo avvalendosi di due possibili misure: l’esonero strutturale della legge Fornero (articolo 4 commi 8-11, della legge 92/2012) oppure dell’esonero introdotto dal decreto Coesione, all’articolo 23 del Dl 60/2024.
Entrambe le misure, infatti, prevedono uno sgravio contributo per chi assume lavoratrici prive di impiego regolarmente retribuito da 24 mesi, o da sei se residenti in una delle regioni della Zes unica, la zona economica speciale unica per il Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna).
Inoltre, rientrano tra le donne svantaggiate le lavoratrici impiegate in settori economici che, con decreto ministeriale (per il 2024 il riferimento è al decreto 365/2023) siano stati dichiarati a tasso di disparità occupazionale di genere superiore al 25 per cento.
Tuttavia, le due misure presentano anche delle differenze. L’esonero introdotto dal decreto Coesione è valido solo per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° settembre 2024 al 31 dicembre 2025, prevede uno sgravio contributivo per il datore di lavoro pari al 100 per cento, nel limite mensile di 650 euro, e spetta per un massimo di 24 mesi.
Al contrario quello strutturale può essere applicato anche per contratti a termine fino a 12 mesi, consiste in uno sgravio del 50 per cento della contribuzione a carico dell’azienda e, pur non prevedendo limiti mensili, può essere applicato fino a un massimo di 18 mesi.
Il Sole 24 Ore ha analizzato le due misure per capire quale delle due sia più conveniente per i datori interessati. I due criteri fondamentali per il confronto sono, ovviamente, la percentuale del contributo e la durata. In base a queste, stando alle stime, in linea di massima il nuovo esonero sembrerebbe essere il più vantaggioso, eccetto che per imponibili di importo molto elevato.
“A titolo esemplificativo – scrive il Sole 24 Ore – a fronte di un imponibile annuo di euro 30mila (pari a 2.307,69 euro mensile per 13 mensilità), e di un’aliquota contributiva a carico e dell’azienda pari al 30 per cento (già nettizzata dei contributi non esonerabili), il nuovo esonero garantirebbe un risparmio complessivo pari a 15.600 euro, contro i circa 6.577 euro garantiti da quello strutturale. A parità di condizioni, i due benefici quasi si equiparerebbero in corrispondenza di un imponibile pari a circa 71mila euro annui, oltre il quale l’esonero strutturale inizierebbe a diventare più vantaggioso”.
Allo stesso tempo, però, bisogna prendere in considerazione anche la tipologia di contratto. L’esonero strutturale, infatti, può essere utilizzato anche per assunzioni a tempo determinato fino a 12 mesi, comprensivi di proroghe e riassunzioni, sia per trasformare un contratto in indeterminato, o riassumere a tempo indeterminato, usufruendo del contributo fino a un massimo di 18 mesi.
Inoltre, mentre l’esonero del decreto Coesione non è cumulabile con altri benefici contributivi ed economici, se non con la maxi deduzione del 120 per cento (art. 4, Dlgs 216/2023), al contrario quello della legge Fornero non presenta grandi limiti, se non per le agevolazioni per cui esiste un divieto espressamente indicato, come nel caso dell’esonero strutturale under 30.
Di fatto, quindi, chi intende assumere donne svantaggiate dovrebbe tener conto di diversi fattori per capire quale sia l’esonero più conveniente per la propria azienda.
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
