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Confindustria: a marzo indice di produzione ai livelli del 1978

“La produzione industriale nel primo trimestre 2020 è attesa diminuire del 5,4 per cento, il calo maggiore da undici anni. L’impatto del Covid-19 e delle misure di contenimento del contagio è stato devastante in marzo, quando l’attività è scesa del 16,6 per cento su febbraio, portando l’indice di produzione indietro sui livelli di quarantadue anni fa”.

Questi i dati sintetizzati dal Centro Studi Confindustria (CSC) nella sua indagine rapida sulla produzione industriale (congiuntura e previsioni) presentata ad aprile 2020.

“Per il secondo trimestre, anche in conseguenza della chiusura di circa il 60 per cento delle imprese manifatturiere, la caduta dell’attività potrebbe raggiungere il -15 per cento. La diminuzione del valore aggiunto nell’industria contribuirà negativamente alla dinamica del Pil italiano, previsto arretrare del 3,5 per cento nel primo trimestre e del 6,5 per cento nel secondo.

La produzione, al netto del diverso numero di giornate lavorative, arretra in marzo del 9 per cento rispetto allo stesso mese del 2019; in febbraio è diminuita del 4,7 per cento sui dodici mesi. Gli ordini in volume scendono del 7,6 per cento in marzo su febbraio (-12,6 per cento annuo), quando sono diminuiti dell’1,9 per cento su gennaio (-2,7 per cento annuo).

L’impatto del Covid-19 si è abbattuto sul sistema produttivo italiano e internazionale in maniera improvvisa, con una forza distruttiva e in maniera diffusa. In Italia la caduta dell’attività stimata per marzo (-16,6 per cento), se confermata dall’Istat, rappresenterebbe il più ampio calo mensile da quando sono disponibili le serie storiche di produzione industriale (1960) e porterebbe i livelli su quelli di marzo 1978. L’arretramento stimato nel primo trimestre 2020 (-5,4 per cento sul quarto 2019) sarebbe il più forte dal primo trimestre del 2009, quando l’attività era scesa dell’11,1 per cento congiunturale, nel pieno della grande crisi finanziaria internazionale indotta dallo scoppio della bolla dei mutui subprime in Usa”.

“Oggi siamo nel pieno di una crisi sanitaria che sta provocando sull’economia reale un impatto drammatico, non solo in Italia – dicono da Confindustria. Le misure di contenimento e contrasto introdotte per limitare la diffusione del Covid-19, hanno determinato un doppio shock negativo: dal lato della domanda, con il rinvio delle decisioni di spesa dei consumatori, la chiusura di numerose attività commerciali (nei settori della ristorazione, alloggi, trasporti, attività culturali e di intrattenimento) e l’azzeramento dei flussi turistici; dal lato dell’offerta, con il blocco di numerose attività produttive, sia per decreto sia per consentire la sanificazione dei luoghi di lavoro delle imprese funzionanti. Questa combinazione di fattori ha realizzato lo scenario peggiore possibile, facendo avvitare l’economia italiana in una recessione che sarà profonda e la cui durata dipenderà dai tempi di uscita dall’emergenza.

Fino a febbraio l’impatto delle misure di contenimento della diffusione in Italia del Covid-19 risulta essere ancora limitato nell’industria. A marzo la situazione è rapidamente peggiorata, in linea con l’aumento dei contagi. Con DPCM è stata decisa la chiusura del 57 per cento delle attività industriali a partire dal 23 marzo (48 per cento della produzione); il restante 43 per cento di imprese ha continuato a lavorare a un ritmo molto ridotto, con poche eccezioni (alimentari e farmaceutico), a causa della più bassa domanda, delle difficoltà della logistica e del parziale blocco delle attività nei principali partner commerciali dove, con ritardo rispetto all’Italia, sono state introdotte misure di contrasto al Covid-19. Ciò si è tradotto in cancellazioni di ordini e blocco ulteriore delle filiere internazionali.

I dati qualitativi disponibili confermano uno scenario estremamente negativo, nonostante le indagini siano state chiuse prima del lockdown del 23 marzo: il PMI manifatturiero è sceso sui valori più bassi da undici anni (a 40,3, da 48,7 di febbraio), con produzione ai minimi storici (27,8) e nuovi ordini sui livelli della primavera 2009 (31,1); anche la fiducia Istat delle imprese manifatturiere è scesa rapidamente in marzo (89,5 minimo dal 2013), con giudizi su ordini in forte peggioramento e scorte in accumulo (per una caduta della domanda più forte di quanto atteso). Le prospettive per i prossimi mesi sono dunque più negative di quanto osservato nel primo trimestre: la variazione acquisita nel secondo è di -12,5 per cento e la caduta dell’attività potrebbe raggiungere almeno il 15 per cento”.

Le previsioni non sono delle più rosee. “La riapertura delle attività produttive, avverrà gradualmente, mentre la domanda domestica in alcuni settori sarà ancora molto debole ed il contributo di quella estera peggiorerà in linea con l’allargamento del contagio nel resto del mondo. Occorre evitare ritardi nell’implementazione delle misure di sostegno alle imprese ed ai lavoratori per non aggravare le già drammatiche prospettive”.

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