Da settimane viene indicato come un modello virtuoso. Per attenuare l’emergenza sanitaria, far ripartire l’economia e garantirsi una stagione turistica estiva 2021 da primato, Israele ha deciso di dar vita ad una campagna vaccinale senza paragoni nel mondo.
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I numeri sono invidiabili. Sono oltre sei milioni le dosi già somministrate (57 dosi ogni 100 residenti), quasi due milioni e mezzo di persone hanno ricevuto la seconda dose. Cifre importanti considerato che i residenti sono nove milioni, inclusi però anche i ragazzi che non possono essere vaccinati.
Grazie a questa attività d’avanguardia, Israele costituisce anche un’area test per comprovare l’efficacia dei vaccini. Davvero, come fuoriesce dagli studi di fase tre, Pfizer-BioNTech e Moderna sono intorno al 95 per cento di protezione, Sputnik al 92, Sinovac (vaccino cinese) al 78, AstraZeneca al 76 e Johnson&Johnson al 72?
Rispetto a quasi il 90 per cento delle persone con più di 60 anni che hanno ricevuto la prima dose di Pfizer-BioNTech, le infezioni sono scese del 41 per cento e i ricoveri tra metà gennaio e i primi di febbraio del 31 per cento. Insomma, non siamo all’immunità di gregge, ma è un significativo passo in avanti.
Riguardo alle persone che hanno meno di 59 anni, per adesso i vaccinati sono il 30 per cento della popolazione: le infezioni si sono ridotte del 12 per cento e i ricoveri del 5 per cento.
Occorrerà attendere dati più “robusti” e più precisi per arrivare a conclusioni definitive.
Interessante rilevare che le aree con meno infezioni sono quelle dove si è vaccinato di più.
Occorre inoltre tenere presente che dal 7 gennaio Israele è in lockdown, anche per favorire la campagna vaccinale. Sicuramente la quarantena ha inciso nella riduzione della circolazione del virus e del numero di pazienti ricoverati.