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Crisi demografica e declino della forza lavoro: l’Italia verso il 2050

Non si arresta il trend negativo della diminuzione delle nascite in Italia. Il Paese sta sprofondando in un inverno demografico sempre più marcato che sta modificando radicalmente la struttura della popolazione, mettendo a rischio la stabilità del mercato del lavoro. Secondo gli ultimi dati Istat, nel 2024 il tasso di natalità è ai minimi storici con solo 370mila nuovi nati, in calo del 2,6% rispetto all’anno precedente, e un tasso di fecondità pari a 1,18 figli per donna. Questo valore è inferiore persino al minimo storico registrato nel 1995 (1,19 figli) e lontano dal livello necessario per garantire il ricambio generazionale. Non migliora la situazione nel 2025 che vede, in base ai dati provvisori relativi a gennaio-luglio, diminuire le nascite di circa 13mila unità rispetto allo stesso periodo del 2024 (-6,3%).

Ciò che emerge dall’analisi dell’Istituto nazionale di statistica è che in Italia diventare genitori è sempre più una sfida. Le difficoltà non riguardano solo la nascita del primo figlio, ma anche il passaggio al secondo. A pesare sono diversi fattori strutturali: l’allungamento dei percorsi formativi, la precarietà che affligge il lavoro giovanile e l’accesso sempre più difficile al mercato immobiliare. Ostacoli che ritardano l’uscita dei giovani dalla famiglia d’origine e che spesso si traducono in una scelta consapevole: rimandare la genitorialità o rinunciarvi del tutto. La diminuzione dei nati è quasi completamente attribuibile al calo delle nascite da coppie di genitori entrambi italiani, che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali (78,2%).

Questa tendenza riguarda il primo figlio in tutte le aree del Paese, con una riduzione minore nel Centro-Nord (-1,8% per il Nord, -2,0% per Centro) e un calo più intenso nel Mezzogiorno (-4,3%). Anche la diminuzione dei figli di ordine successivo al primo interessa in misura maggiore il Mezzogiorno: -4,3% contro -1,7 del Centro e -1,4% del Nord (-2,5% la media Italia).

Il progressivo calo dei nascituri, strettamente legato alla riduzione del numero di potenziali genitori nelle nuove generazioni, aggrava ulteriormente le previsioni sull’andamento della forza lavoro fino al 2050. Il fenomeno dell’invecchiamento demografico si intreccia con altri fattori strutturali. Il calo delle nascite riduce il bacino di giovani che, una volta completato il percorso formativo, potrebbero entrare nel mercato del lavoro. A questo si aggiunge l’aumento del livello di istruzione, che pur rappresentando un progresso sociale, ritarda l’ingresso dei giovani nel mondo professionale. Il risultato è un restringimento della cosiddetta “fascia centrale” della forza lavoro, quella che tradizionalmente sostiene il sistema economico e produttivo del Paese.

L’Istat sottolinea infatti che la popolazione in età lavorativa (15-64 anni) diminuirà in modo significativo, passando dal 63,5% del 2024 al 54,3% nel 2050. Questa contrazione colpisce in particolare le donne, con una flessione del 24,4% rispetto al 17% degli uomini, accentuando i divari di genere nel mercato del lavoro. Meno lavoratori disponibili significano meno forza lavoro attiva, un trend che rischia di compromettere la capacità del Paese di sostenere la propria crescita economica, con effetti tangibili sulla produttività nazionale e sulla tenuta dei sistemi pensionistici e di welfare. Sempre più cittadini restano attivi oltre i 65 anni, spinti non solo dall’innalzamento graduale dell’età pensionistica, ma anche da esigenze personali o economiche.

L’insieme di questi dati evidenzia un quadro di sfide profonde. L’inverno demografico impone una riflessione urgente sulle politiche di sostegno alla famiglia, alla natalità e all’inclusione nel mercato del lavoro per garantire il futuro economico dell’Italia.

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