
“L’economia italiana – malgrado l’incertezza economica globale – ha dimostrato una certa resilienza e lo scorso anno le finanze pubbliche hanno registrato risultati migliori del previsto, con un avanzo primario pari allo 0,4% del PIL”. Queste le parole di Lone Christiansen, capo missione per l’Italia del Fondo monetario internazionale, all’Imf Country Focus.
Secondo Christiansen, l’economia nazionale italiana ha superato le aspettative ma affronta sfide strutturali come bassa produttività, declino demografico e un gap nell’innovazione. La piena attuazione del Pnrr e nuove riforme sono indicate come la via maestra per una crescita sostenibile.
Tra i dati positivi, compare il raggiungimento di un avanzo primario pari allo 0,4% del Pil lo scorso anno. La crescita dello 0,7% è stata sostenuta in modo significativo dagli investimenti, in particolare quelli legati alla rigorosa attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Anche il mercato del lavoro ha mostrato segnali incoraggianti, con un aumento dei contratti a tempo indeterminato e una quota di occupati rispetto alla popolazione in età lavorativa che ha toccato il suo massimo storico, nonostante l’aumento dell’incertezza commerciale di quest’anno. A proteggere parzialmente l’economia contribuisce la diversificazione sia dei beni esportati sia delle loro destinazioni.
Tuttavia, le sfide non mancano. La forte propensione dell’Italia all’esportazione la espone inevitabilmente ai rischi derivanti dalle tensioni commerciali globali. Le previsioni di crescita, infatti, indicano un rallentamento allo 0,5% per quest’anno, per poi consolidarsi attorno allo 0,8% nel 2026, una volta che la maggior parte degli investimenti infrastrutturali del Pnrr sarà completata.
Per Christiansen sono soprattutto tre i freni strutturali che limitano la crescita di lungo periodo: bassa produttività, carenza di professionisti altamente qualificati, invecchiamento progressivo e declino demografico.
Per affrontare queste debolezze, il Fmi sottolinea la necessità di intensificare le riforme. Da qui un pacchetto di misure mirate, tra cui l’incentivazione della partecipazione femminile al mercato del lavoro, ad esempio aumentando la disponibilità di servizi per l’infanzia e rimuovendo le disincentivazioni fiscali per i coniugi a carico. Altra proposta migliorativa è il rafforzamento del capitale umano attraverso un potenziamento dell’istruzione e della formazione sul posto di lavoro. Secondo le stime del Fmi, un simile pacchetto di riforme potrebbe far crescere il Pil medio annuo tra lo 0,1% e lo 0,4% nel periodo 2025-2050. Le autorità italiane, riconosce Christiansen, stanno già facendo progressi, con l’attuazione del Pnrr che procede bene attraverso riforme importanti come quelle della giustizia e il miglioramento della compliance fiscale, oltre agli investimenti nel sistema ferroviario e nelle infrastrutture scolastiche.
“Più in generale – spiega il capo missione per l’Italia del Fondo monetario internazionale – l’aumento della produttività non dovrà limitarsi alle persone. Abbiamo riscontrato che le piccole imprese innovative italiane faticano a diventare grandi. È quindi importante sviluppare politiche che aiutino il settore privato a produrre e adottare l’innovazione più rapidamente, in modo che le aziende più promettenti possano continuare a crescere”.
Le cause sono rintracciabili in una combinazione di fattori nazionali ed europei: le piccole imprese faticano ad accedere a finanziamenti di capitale di rischio, mancano professionisti qualificati e, paradossalmente, alcuni incentivi fiscali ne frenano la crescita. A livello europeo, il principale ostacolo è la frammentazione dei mercati a causa delle differenze normative, che impedisce una vera integrazione.
“È importante approfondire il mercato unico e l’Unione dei mercati dei capitali – conclude Lone Christiansen. “Tali sforzi rafforzerebbero anche le riforme nazionali e contribuirebbero a diversificare le opzioni di finanziamento. Le iniziative a livello UE sull’intelligenza artificiale e altre tecnologie di frontiera potrebbero inoltre contribuire a colmare il divario di innovazione, e le riforme europee sulla mobilità del lavoro potrebbero contribuire a ridurre il divario di competenze. I benefici combinati dell’azione nazionale e regionale possono essere determinanti per migliorare le prospettive di crescita dell’Italia”.
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
