Come sta evolvendo l’apprendimento a fronte dei repentini cambiamenti imposti principalmente dalle nuove tecnologie, in testa l’intelligenza artificiale? Rischiamo davvero di soccombere alle macchine, come profetizzato per HAL 9000, il supercomputer di bordo della nave spaziale Discovery nel film “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick?
Il seminario “La nuova era dell’apprendimento: approcci moderni e metodologie personalizzate”, promosso a Roma dall’Inapp, l’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, ha offerto l’occasione per riunire numerosi esperti della materia e per metterli di fronte agli interrogativi che ormai accompagnano la maggior parte dei convegni su un futuro sempre più segnato – in tutti i campi – dall’irrompere dell’intelligenza artificiale.
Nel corso dell’evento sono stati diffusi gli esiti della ricerca “Metodologie formative innovative per l’apprendimento permanente”, curato dalla Struttura sistemi formativi dell’Inapp, cui si è giunti anche attraverso studi di caso, focus group tematici e interviste con esperti del settore, consulenti formativi e responsabili delle risorse umane aziendali.
In apertura del seminario, il presidente dell’Inapp, Natale Forlani, s’è soffermato su alcuni nodi che attanagliano e sviliscono l’attuale mondo del lavoro, a cominciare dalla sua crescente demonizzazione, soprattutto da parte dei giovani, fino all’irrompere di tecnologie sempre più ossessive e alla crescente obsolescenza media delle risorse umane, con i conseguenti problemi di qualità della formazione, di sostenibilità per il sistema previdenziale e delle evidenti ricadute sociali.
A fronte di un tessuto produttivo che esprime un bisogno di competenze, c’è l’atavica esiguità strutturale delle nostre aziende, composte in stragrande maggioranza da pochi dipendenti, ma anche il lungo blocco del turnover nella pubblica amministrazione che ha elevato l’età media dei dipendenti. La risposta, secondo Forlani, è negli investimenti sulle metodologie formative innovative, inclusive e orientate su valori condivisi e trasparenza: le aziende che lo faranno saranno più preparate ad affrontare il mondo in rapida evoluzione.
“Tuttavia la sfida – ha concluso il presidente – è trovare il giusto equilibrio tra l’utilizzo della tecnologia e il rapporto umano, garantendo una formazione efficace e personalizzata”.
Andrea Battistoni dell’Inapp, esperto di valutazione delle politiche pubbliche, ha disegnato il quadro di come l’intelligenza artificiale stia ridefinendo il mondo del lavoro e si è soffermato su alcuni temi cruciali quali: la classificazione dei lavoratori in base alla sostituibilità, ricordando alcuni lavori in itinere da parte dell’Inapp, ad esempio sulle 20 professioni maggiormente esposte; gli impatti differenziati in termini geografici, in particolare tra Italia del nord e del sud; gli effetti settoriali e le trasformazioni organizzative, ma anche la transizione green e digitale; i nuovi ruoli emergenti a cui è richiesta maggiore creatività, nonché senso critico; l’aumento delle disparità e le implicazioni sociali, che richiama il tema dei diritti, tra cui il “diritto alla connessione”; la formazione come strategia-chiave; infine l’etica e la regolamentazione, con l’efficace neologismo della “algoretica” coniato nel 2017.
Battistoni si è soffermato anche sul tema della “sussidiarietà poliedrica” in rapporto con l’intelligenza artificiale, mezzo innovativo che “non deve diventare strumento di colonizzazione del pensiero”, ed ha richiamato uno studio Ambrosetti attestante che rispetto al calo degli addetti a causa dell’innesto dell’intelligenza artificiale, la produttività aumenta del 5 per cento, ma lasciando inalterato il problema dei bassi salari.
Si è quindi passati alla presentazione degli obiettivi e dei risultati dell’indagine “Metodologie formative e innovative per l’apprendimento permanente”, realizzata da Rocco Barbaro, Martina Cresci, Mario Cusmai, Maria Di Saverio, Gaetano Fasano e Valentina Punzo.
Silvia Vaccaro, responsabile del Gruppo di ricerca Inapp “Apprendistato, Wbl e innovazione per la formazione”, ha riassunto i contenuti della ricerca, illustrandone le finalità, gli obiettivi specifici, la metodologia e l’articolazione dell’indagine.
“Il lavoro si concentra sull’offerta di informazioni e spunti di riflessione per la promozione e l’accrescimento delle competenze della popolazione adulta, attraverso l’analisi di strumenti e modelli di formazione continua innovativi, che siano in grado di promuovere la formazione dei lavoratori nei luoghi di lavoro, nell’ottica della valorizzazione dell’apprendimento permanente – ha detto la responsabile del Gruppo di ricerca. “Inoltre il lavoro si colloca in un contesto di crescente richiesta di aggiornamento e riqualificazione delle competenze dei lavoratori per rispondere ai cambiamenti derivanti dall’innovazione e da altri mega trend di trasformazione e all’esigenza di tutelare i lavoratori nelle sempre più numerose transizioni tra diversi stati occupazionali che caratterizzano i loro percorsi professionali e di carriera”.
Per quanto riguarda gli obiettivi specifici, sono stati riassunti nell’individuazione delle metodologie didattiche e dei processi di apprendimento in grado di sviluppare e valorizzare in modo significativo le competenze sul luogo di lavoro, ma anche nell’esaminare la capacità di integrazione dei percorsi di apprendimento con le tecnologie digitali e infine nell’analizzare in continuità con ricerche realizzate negli anni scorsi dalla struttura “Sistemi formativi” i contesti di lavoro che facilitano l’apprendimento non formale e informale nelle organizzazioni.
Gaetano Fasano, ricercatore Inapp, ha ricordato che l’indagine si è sviluppata con oltre sessanta interviste semistrutturate ad esperti di apprendimento e responsabili di enti, società di formazione e di consulenza organizzativa e aziende che investono nella formazione dei propri dipendenti.
“Dal lavoro emerge che l’elemento fondamentale della formazione è racchiuso nella comunicazione e delle relazioni, nella creatività e nel gioco, nelle emozioni e nel ruolo del formatore – ha evidenziato l’esperto, ricordando che “la tecnologia in questo è un fattore trasversale”.
Ha quindi elencato i benefici offerti dalle tecnologie che vanno dalla personalizzazione alla collaborazione e al social learning, dal feedback e dal monitoraggio in tempo reale all’ottimizzazione del Roi formativo.
Infine ha richiamato il ruolo dell’intelligenza artificiale nell’apprendimento predittivo, nella gamification, nell’inclusività e della semplificazione del monitoraggio.
Lo studio, pertanto, si è concentrato sull’analisi di strumenti e modelli innovativi di formazione permanente, con l’obiettivo di identificare metodologie didattiche e strumenti operativi utili a sviluppare le competenze degli adulti e delle imprese e di analizzare la relazione tra i bisogni individuali e aziendali, promuovendo il life long learning come valore fondamentale.
Tra le esperienze più innovative descritte nel rapporto, spicca l’introduzione di strumenti e metodi per le Immersive learning experience (Ile). Queste esperienze formative sfruttano simulazioni in mondi virtuali, interazioni immersive, logiche di gioco e tecnologie avanzate per creare ambienti altamente coinvolgenti. Tale approccio permette ai partecipanti di sviluppare competenze e mindset in modo più efficace, migliorando in modo significativo il livello di apprendimento rispetto alle metodologie tradizionali.
Innovativo anche l’uso esperienziale delle piattaforme formative, dove tecniche come il parallax scrolling, per creare pagine interattive ricche di animazioni, abbinate alla gamification tipica dei giochi in contesti formativi, sono utilizzate per catturare l’attenzione degli utenti e guidarli in un percorso narrativo personalizzato. L’integrazione di questi strumenti interattivi ha dimostrato di ottimizzare i risultati formativi, grazie a un efficace bilanciamento tra formazione digitale e in presenza.
Le aziende più innovative, inoltre, stanno creando reti formative che coinvolgono istituzioni accademiche, enti di ricerca e startup tecnologiche.
Il Rapporto di ricerca evidenzia che programmi di formazione mirati si concentrano già oggi su competenze essenziali come l’ascolto attivo, la gestione dei conflitti e la creazione di connessioni autentiche. Questo approccio multidimensionale non solo promuove l’innovazione, ma contribuisce anche alla creazione di un circolo virtuoso di co-creazione e condivisione delle conoscenze.
A seguire una tavola rotonda, moderata dal ricercatore Inapp Rocco Barbaro, ha visto il coinvolgimento di esperti e consulenti della formazione esperienziale e studiosi del dialogo tra l’apprendimento e il nuovo panorama digitale.
Nicola Lettieri, ricercatore Inapp, esperto di tematiche relative all’apprendimento in relazione alle tecnologie dell’informazione, ha rilanciato il valore della semantica nell’ambito del bilanciamento tra la componente tecnologica e quella umana, cioè “la capacità di interpretare un problema attraverso un linguaggio nuovo” ed ha sottolineato l’importanza di una strategia della sperimentazione permanente.
Nicola Giunta, partner di Newton Management Innovation Spa, formatore e innovatore sulle tematiche di Culture change, Complexity management e Leadership, esperto di Immersive learning experience e di apprendimento organizzativo, ha provocatoriamente denunciato il rischio, con la tecnologia ossessiva, di un ritorno alla spersonalizzazione denunciata da Chaplin in Tempi moderni. Ha raccontato di avvertire il crescente disagio del mondo manageriale perché i modelli formativi non danno risposte alla complessità reale. La ricetta? Secondo il partner di Newton Management Innovation è nel recupero dell’umanità, nel coinvolgimento delle persone, nell’importanza dell’insegnare a pensare bene, in quanto “nella complessità bisogna sviluppare una saggezza d’azione”.
La diminuzione dell’attenzione, in particolare da parte dei giovani, a causa delle sollecitazioni – distrazioni – continue ed efficaci da parte delle nuove tecnologie è il grido d’allarme di Andrea Dotti, amministratore unico di GO2MKT e ideatore di CompaniesTalks, che ritiene questo fenomeno “il protagonista occulto del tema”. L’esperto non crede che dietro tutti i business aziendali di successo ci sia la genialità del vertice quanto piuttosto la capacità di adattamento, cioè una mentalità predisposta al raffinamento, come nel caso di Netflix che da noleggio e streaming è passato alla produzione di contenuti di successo. Citando Besos, Dotti ha detto che “ogni giorno è il primo giorno”.
La presidente dell’Associazione italiana formatori, Beatrice Lomaglio, ha osservato che la centralità del ruolo del formatore è “trasmettere desiderio”, cioè quell’azione che la macchina, almeno finora, non può fare. Inoltre ha spiegato che occorre intervenire sulla progettazione del percorso formativo con l’integrazione di metodologie diverse.
Alessia Canfarini, Head of Human Capital CoE – Group Equity Partner Bip e board member di Assoconsult ha illustrato alcuni progetti promossi dalla sua azienda, richiamando il vitale passaggio dalla paura al desiderio: “Non è importante sapere tutto, ma imparare tutto” ha concluso la board member di Assoconsult.
Infine Mario D’Agostino, fondatore di Kamaleonte, esperto in educazione non formale e apprendimento esperienziale, partendo dai tre primari bisogni umani, cioè bisogno d’avventura, sfide e relazioni, ha sottolineato come il mondo virtuale stia indebolendo tutti i bisogni di base, danneggiando in particolare i giovani, fenomeno che non può essere trascurato parlando di formazione di adulti.
Le conclusioni sono state affidate a Emmanuele Crispolti, responsabile della Struttura sistemi formativi dell’Inapp.
Il ricercatore ha esordito spiegando di aver temuto un coro di lodi per le tecnologie e di essere invece stato smentito dalle relazioni. Ha quindi fatto il quadro delle crisi da affrontare a causa dei cambiamenti in corso, focalizzando l’attenzione sull’insostituibile ruolo della formazione in presenza, sull’importanza di un ambiente formativo in grado di infondere benessere, sul valore etico della formazione “da potenziare e non disperdere” e sulla rilevante funzione della consapevolezza nell’interiorizzare i contenuti.