
Novantadue anni e non sentirli. Una grande capacità di analisi e d’interpretazione della complessità sociale. Cattolico e al tempo stesso fuori dagli schemi, sociologo con una laurea in giurisprudenza, ideatore, fondatore e numero uno del Censis, per undici anni ha ricoperto la carica presidenziale al Cnel, Giuseppe De Rita si racconta nel libro “Oligarca per caso”, scritto insieme al giornalista Lorenzo Salvia per Solferino editore. Per la prima volta ripercorre le tappe principali della sua vita che s’intrecciano ad importanti momenti dell’evoluzione politica, sociale ed economica del Paese. “Oligarca per caso” non è solo una biografia inedita e appassionante, ma è anche una rilettura della storia italiana attraverso lo sguardo di un suo testimone d’eccezione.
In occasione della pubblicazione del volume, De Rita si lascia andare ai ricordi nell’intervista concessa a Federico Fubini per il Corriere della sera.
L’animatore del Censis parla del rapporto con la madre, del suo matrimonio e della numerosa famiglia, otto figli, degli incontri e dell’amicizia con alcuni personaggi di rilievo dell’epoca: politici, letterati, giornalisti, nobili, banchieri e alti esponenti del clero. Amicizie trasversali che lo hanno reso “oligarca per caso, essendo nato piccolo-borghese”.
L’oligarca, come ben spiega il dizionario Treccani, è un membro di un’oligarchia, ovvero – sempre citando testualmente la definizione – quella forma di regime politico in cui il potere è nelle mani di pochi, eminenti per forza economica e sociale. Per estensione, l’oligarchia è quel gruppo ristretto di persone che esercita, generalmente a proprio vantaggio, un’influenza preponderante o una supremazia in istituzioni, organizzazioni ed enti economici, amministrativi e culturali.
Giuseppe De Rita, rifacendosi al significato più esteso, fornisce una visione personale dell’oligarchia e degli oligarchi.
“L’oligarchia è fatta di persone che hanno una loro personalità e un rapporto orizzontale di fiducia: non mafiosa, ma fiducia. Magari non sono amiche fra loro, ma si riconoscono per la stessa cultura […]. Un oligarca è riconosciuto come tale in una dimensione orizzontale di simili” si legge nelle pagine del Corriere. Per il sociologo il fil rouge che lega queste personalità è la volontà “di far bene alla cosa pubblica”.
L’oligarchia, spesso considerata un pericolo per la democrazia, si trasforma così in uno strumento necessario per il buon funzionamento delle società moderne.
Nell’intervista, De Rita cita alcune figure di oligarchi illustri come Antonio Maccanico, Gianni Letta, Andrea Monorchio, Raffaele Mattioli, monsignor Giovanbattista Montini e Guido Carli. Tutti avevano “il potere” perché riuscivano a esercitarlo su chi era veramente al comando. Cita De Gasperi che aveva capito “che ne aveva bisogno (degli oligarchi), li lasciava operare. Poi nei momenti di crisi torna sempre l’idea di risolvere verticalizzando: trovare quello che sa e tiene tutto in mano”.
Parlando così di premierato, De Rita spiega che quest’ultimo nasce dall’idea “che la società è troppo complessa o che c’è da qualche parte un centro di potere alternativo che non conosco e non mi riconosce. E allora bisogna accentrare. Gli oligarchi sono il contrario, sono la rete orizzontale che vive nel disordine, nella complessità, ma poi finisce per governare di più”.
Da qui alla fragilità del potere verticale in Italia, il passo è breve. Perché la verticalizzazione del potere implica la gestione dei “gerarchi”, individui che non hanno mai ricevuto in orizzontale (tra simili) uno specifico valore, ma indispensabili aiutanti alla creazione dell’accentramento di autorità. “E i gerarchi sono i più fessi e i meno leali” sentenzia De Rita.
Il sociologo riconosce l’esistenza del potere oggi, presente “nelle filiere produttive, nelle grandi piattaforme, tutte entità orizzontali. Il potere sta lì, non nel Parlamento, nell’elezione diretta del leader: tutte cose che, per carità, tra trent’anni ne parleremo ancora quando io sarò morto da un pezzo. Ma non è il punto”.
Infatti. Per De Rita il punto è un altro. È la lungimiranza, il “fiuto” di Giorgia Meloni che ha capito dove si cela la vera influenza “quando parla con gente come Larry Fink di Blackrock, o altre piattaforme estese […]. Se si mette in posa estasiata di fronte a Elon Musk, forse è perché ha capito che lui fa parte di un potere che magari non si conosce bene, ma probabilmente può più della lotta per il premierato. Se la guardo in faccia, lei è furba: sta in due staffe. Quella tradizionale della verticalizzazione e l’altra delle piattaforme, dei fondi, delle filiere”.
E, a conferma della grandissima abilità di De Rita d’intercettare i nodi problematici della società contemporanea, l’acuta considerazione sull’Italia di oggi (e forse anche di ieri): “La tragedia di questo Paese è di non avere obiettivi collettivi, non ha un’intenzione di diventare qualcosa”.
(ha collaborato Giampiero Castellotti)
UNSIC – Unione Nazionale Sindacale Imprenditori e Coltivatori
