“Vogliono il MES perché garantisce parte del danaro che ci serve, a condizioni irrinunciabili. Siamo sicuri? Un’analisi meno superficiale ci dimostra che i rischi sono tanti e pericolosi. Possono essere risolti. Ma prima vanno affrontati, non possono essere ignorati”.
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E’ quanto scrive sul suo blog l’economista Pietro Paganini, professore aggiunto alla Fox School of Business della Temple University of Philadelphia e in Business Administration alla John Cabot University di Roma.
“All’Italia serve tanto denaro per affrontare i progetti per la ripresa – continua l’economista liberale. “Molti movimenti politici, anche di governo come il Pd continuano a proporre il MES. Sarebbe una scelta molto pericolosa in prospettiva. Il Recovery Fund europeo assicura, seppure i tempi sembrano lunghi, finanziamenti maggiori, in parte a fondo perduto e senza vincoli pericolosi. Perché allora, insistere con il MES?
In Italia non si discute sui fatti. E non pochi bollano le notevoli perplessità di chi è contrario al MES, con epiteti coloriti del tipo ‘i soldi ci servono, zero interessi e senza condizioni’ oppure ‘non cogliere l’occasione del MES sarebbe delittuoso’ anzi ‘un’idiozia’. I sostenitori del MES riferiscono sempre ai soldi e mai alle condizioni reali per averli”.
E Paganini, fondatore e curiosity officer di “Competere-Policies for sustainable development”, pensatoio che promuove le politiche per l’innovazione e il libero mercato, spiega: “Il ricorso al MES presenta dei rischi. Perché i suoi sostenitori non si preoccupando di negoziare maggiori garanzie che annullino queste minacce? Lo dimostrano le scelte degli altri Paesi europei, come la Finlandia o la Germania: le opportunità offerte dal MES devono essere approvate dai parlamenti nazionali. Questo atteggiamento – riproposto dalla sentenza della Corte tedesca di Karlsruhe – non è anti europeista. Al contrario, conferma e promuove l’Europa dei cittadini. Piuttosto, rifiuta l’Europa delle scelte elitarie che sono poi la ragione delle difficoltà che la UE sta attraversando”.
Paganini si sofferma su un equivoco: “Meccanismo Europeo di Stabilità: eliminiamo l’equivoco sul termine ‘europeo’. Si riferisce al territorio in cui il MES opera, non all’istituzione Unione europea. Infatti compongono il MES (istituito nel 2012, come Fondo Salva Stati) solo i 19 paesi dell’euro e non i 27 dell’Unione europea. Perciò il MES in sé non rientra nel diritto comunitario: e già questo è un grave limite quando si tratta di rispondere ad una pandemia”.
Ma c’è di più. “In pratica il MES è una banca di diritto lussemburghese retta da un preciso Trattato intergovernativo – rivela l’economista. “Che specifica che ‘l’accesso all’assistenza finanziaria viene offerto sulla base di una rigorosa condizionalità nell’ambito di un programma di aggiustamento macroeconomico e di un’analisi della sostenibilità del debito pubblico effettuata da Commissione UE, FMI, BCE’, cioè la Troika. È superfluo ricordare che i comportamenti della Troika in alcuni Paesi, sono stati pubblicamente definiti di tipo coloniale.
Dei tre organismi della Troika, solo la Commissione è una istituzione UE. E infatti, il MES non dipende dalla Commissione.
I sostenitori del MES – continua l’economista – dicono il vero quando affermano che l’Italia potrà finanziare le spese sanitarie per importi fino al 2% del PIL (i famosi 37 miliardi circa) come concordato dai ministri Ue delle finanze; l’accesso ai fondi MES non sarà sottoposto a programmi di aggiustamento dei conti pubblici. Dimenticano però, la natura del MES, che è indipendente dall’Unione europea. Per cui lo scambio Commissione – Eurogruppo è giuridicamente acqua fresca. Le condizionalità sui prestiti sono scritte nel Trattato del MES (ratificato dall’Italia) e quindi restano un diritto intangibile del MES. A meno che l’Unione europea non pretenda prima di varare una deroga al Trattato MES per la pandemia. Ma non vi è traccia di questa possibilità. Così come stanno le cose oggi, i sostenitori del MES non dovrebbero trascurare i rischi futuri del MES. La narrazione che chi è contrario al MES è ostile all’ innovazione o allo sviluppo è tanto superficiale quanto furbesca. È piccolo cabotaggio. La politica vera è far attenzione al meccanismo che si adopera, anche quando il fine è giusto”.