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Piano strutturale di bilancio 2025-2029: le audizioni a Montecitorio

Arrivano le prime reazioni al Piano strutturale di bilancio per il periodo 2025-2029, il documento previsto dalle nuove regole europee di riforma della governance.

Curato dalla Direzione analisi e ricerca economico-finanziaria del Dipartimento del tesoro, il testo, dopo un primo passaggio il 17 settembre 2024, è stato definitamente approvato dal Consiglio dei ministri il 27 settembre 2024. Contestualmente è stato trasmesso alle Camere per le opportune deliberazioni parlamentari.

Si sono tenute nel pomeriggio di ieri, lunedì 7 ottobre, nella sala del Mappamondo della Camera dei deputati, le audizioni dinanzi alle Commissioni riunite Bilancio di Camera e Senato, per l’esame preliminare del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029.

Di durata quinquennale per l’Italia, è il documento previsto dalle nuove regole europee di programmazione economica. Il Piano illustra l’andamento programmato della spesa primaria netta nazionale per il periodo 2025-2029 che il governo si impegna a rispettare. Sono anche esposte le previsioni per gli anni 2030 e 2031.

Tanti gli attori coinvolti nelle audizioni di ieri: dai rappresentanti degli enti locali, a quelli del Cnel, della Banca d’Italia, della Corte dei conti, dell’Istat, dei sindacati e delle associazioni di categoria. E naturalmente è intervento anche il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti.

A detta del Mef, il Piano conferma la traiettoria della spesa primaria netta (nuovo indicatore univoco sottoposto alla sorveglianza della Commissione) che avrà, nei prossimi setti anni (orizzonte temporale di riferimento), un tasso di crescita medio vicino all’1,5%, compatibile con il profilo stimato dalla Commissione. Nel dettaglio, i tassi di crescita della spesa primaria netta previsti sono: 1,3% nel 2025; 1,6% nel 2026; 1,9% nel 2027; 1,7% nel 2028; 1,5% nel 2029; 1,1% nel 2030 e 1,2% nel 2031.

Partendo da una stima del 3,8% del Pil per l’anno in corso (più bassa del 4,3% stimato lo scorso aprile), il governo si pone l’obiettivo di portare il rapporto deficit/Pil al 3,3% nel 2025 e al 2,8% nel 2026, che consentirà di uscire dalla procedura per deficit eccessivo.

Tenendo anche conto della revisione del Pil nominale operato dall’Istat e dei dati sul debito elaborati dalla Banca d’Italia, il rapporto debito/Pil a fine 2023 scende al 134,8% (133,6% a meno delle compensazioni relative ai bonus edilizi) rispetto al 137,3% precedentemente stimato. Come già rilevato nel Def dello scorso aprile, l’andamento del rapporto tra debito e Pil nei prossimi anni, soprattutto nel periodo 2024-2026, continuerà a essere fortemente condizionato dall’impatto sul fabbisogno di cassa delle compensazioni d’imposta legate ai Superbonus edilizi introdotti a partire dal 2020. Il rapporto debito/Pil, dunque, solo dal 2027 inizierà un percorso di discesa, in linea con le nuove regole che prevedono che si riduca, in media, un punto percentuale di Pil successivamente all’uscita dalla procedura per deficit eccessivi.

Il Piano contiene inoltre un rilevante insieme di riforme e investimenti, di cui alcune in continuità con il Pnrr. “Ciò conferma la determinazione del governo a lavorare per il miglioramento della competitività dell’economia italiana – dicono dal ministero dell’Economia e delle Finanze – promuovendo una crescita sostenibile e il contrasto al declino demografico. Al contempo si conferma il sostegno al potere d’acquisto delle retribuzioni e l’impegno all’attuazione della legge delega di riforma del fisco, compresa l’intensificazione dello sforzo di recupero del gettito fiscale”.

Le previsioni macroeconomiche del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029 hanno ricevuto la validazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb). A Montecitorio, davanti alle Commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato, è intervenuta la presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, che si è espressa positivamente sulle previsioni del documento, trovandole plausibili sebbene con diversi rischi. Il percorso di consolidamento è in linea con regole Ue e c’è la discesa del debito. Ma nel Piano ci sono informazioni carenti sulla strategia di consolidamento relativamente ai principali programmi di spesa e fonti di entrata; mentre investimenti e riforme, cruciali per garantire miglioramenti strutturali e crescita adeguata, necessitano di indicazioni specifiche.

Il Cnel, rappresentato dal presidente Renato Brunetta “rinnova le proprie raccomandazioni in ordine alla necessità di lavorare in direzione di una maggiore crescita e di una più forte coesione sociale e considera questi due obiettivi raggiungibili nel medio-lungo periodo solo attraverso un programma organico di riforme da realizzarsi all’interno di un patto sociale intergenerazionale”. Su X il presidente del Consiglio dell’economia e del lavoro evidenzia poi come “Il Piano strutturale di bilancio si muove in un contesto geopolitico che non ha precedenti nella storia di questi ultimi anni, segnato da guerre, grandi trasformazioni ambientali e tecnologiche, dall’esaurirsi del lungo ciclo della globalizzazione”.

Per gli enti locali è intervento Alessandro Canelli, delegato Anci alla Finanza locale e sindaco di Novara. “I dati dell’ultimo decennio dimostrano inequivocabilmente che il nostro comparto ha intrapreso da tempo la traiettoria di contenimento della spesa, richiesta dalla nuova governance europea – ha dichiarato Cannelli. “Di fatto noi stiamo già praticando ciò che viene richiesto all’Italia dall’Unione Europea. La spesa del comparto dei Comuni sul totale della spesa pubblica è passata dall’8,2% del 2011 al 6,5% attuale e l’indebitamento dal 3% all’1,5%. Un ulteriore restringimento del perimetro della spesa sulla parte corrente dei bilanci diventerebbe insostenibile per tantissimi comuni già in crisi o in tensione finanziaria. Per questo chiediamo che si valuti l’opzione di fissare un obiettivo generale di comparto, intorno cui orientare la gestione finanziaria locale senza però precostituire ulteriori regole finanziarie, rispetto a quelle sul pareggio di bilancio”.

Durante le audizioni, sentito anche Sergio Nicoletti Altimari, capo del Dipartimento di economia e statistica della Banca d’Italia. Secondo quanto riportato da Il Sole 24 ore per la Banca di via Nazionale “la decontribuzione pesa sugli equilibri nel medio termine. Esistono incognite anche su entrate e crescita”.

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