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Qualità della vita: Aosta, Piacenza e Cagliari al top

(Foto: SALMASO Domenico – Archivio Ufficio Stampa PAT)

La nuova classifica del Sole 24 Ore basata sulla qualità della vita premia le province con il miglior contesto di vita per fasce di età, giunta alla seconda edizione. In vetta alla classifica generazionale quest’anno ci sono Aosta (bambini), Piacenza (giovani) e Cagliari (anziani). Dodici i parametri statistici forniti da fonti certificate (Istat, Miur, Centro studi Tagliacarne, Iqvia).

Per quanto riguarda la classifica della qualità della vita per i bambini, sul podio si piazzano anche Arezzo e Siena, mentre l’ultima posizione è occupata da Napoli, preceduta da Reggio Calabria, Palermo, Matera e Caltanissetta. Insomma, il Mezzogiorno esce con le ossa rotte.

Passando ai giovani, dopo Piacenza ci sono Ferrara e Ravenna. Al terzultimo posto, la provincia di Roma, mentre quella di Genova è al 103/mo posto. Chiudono Sud Sardegna e Barletta.

Nella classifica sulla qualità degli anziani, alle spalle di Cagliari si piazzano Bolzano e Trento. Chiude, un po’ a sorpresa, Pistoia, preceduta da Massa-Carrara e Lucca.

I dati sono stati commentati, nel contesto del festival dell’Economia di Trento, da Mariangela Franch, Università di Trento, e dal demografo Alessandro Rosina.

Il colpo inferto dalla pandemia ha messo le nostre città davanti all’evidenza di accelerare il proprio ripensamento dentro una matrice che triangoli tra sostenibilità ecologica, sociale ed economica. Allo stesso tempo, le città medie e “intermedie” sono finite al centro della riflessione politico-sociale e urbanistica come non accadeva da decenni. La classifica del Sole24 Ore sulla Qualità della vita fa emergere il benessere in modo mirato, andando oltre il Pil, nell’intento di orientare al meglio le politiche nazionali e locali. Quel che risulta è un affresco dei principali “gap” da superare, attraverso una progettazione sempre più attenta alla famiglia ed anche attraverso l’attuazione del Pnnr.

Michela Finizio, giornalista de Il Sole 24Ore, insieme alla collega Marta Casadei hanno presentato i punti salienti di questa classifica che si basa, appunto, su 12 parametri (tra cui servizi, sport, servizi, occupazione e disoccupazione, impresa e molto altro) e tre indicatori principali (bambini, giovani, e anziani).

Perché presentare un’indagine di qualità della vita per fasce generazionali? “Perché stiamo vivendo tantissime dinamiche socio-economiche che questi dati ci raccontano” – hanno spiegato le giornaliste. Rispetto allo scorso anno alcuni dati risultano stabili, altri in crescita. Colpisce, ad esempio, che il numero dei posti a disposizione dell’asilo nido sia in aumento. Ma una città come Bolzano, che tutto sommato si posiziona a un livello medio alto nella classifica del benessere e della qualità di vita, ha invece un numero basso di posti disponibili in asilo nido, ovviamente a fronte di un reddito medio alto delle famiglie, che permette alle donne di stare a casa durante i primi anni di infanzia, e di poter rientrare agilmente nel mondo del lavoro data la vivacità del settore.

Il demografo Alessandro Rosina, nel commentare i dati, ha sottolineato che “viviamo un mondo in continuo cambiamento, dobbiamo continuamente aggiornare le nostre coordinate. Se il secolo scorso è stato il secolo della quantità (Pil), le sfide di questo secolo si vincono con la qualità della crescita, e quindi avere un insieme di coordinate che ci fa capire dove e come andare”. Incertezza nei confronti del futuro e le condizioni oggettive del presente, sommate alla carenza di politiche pubbliche, sono elementi che condizionano la scelta dei giovani nel formare una famiglia e nel fermarsi a lavorare nel nostro Paese.

Mariangela Franch ha spiegato che i dati, se interpretati correttamente, possono aiutare i decisori pubblici ad orientare gli investimenti e le politiche di welfare. Trento, ad esempio, esce dalle classifiche con un posto forte nella fascia di età sugli anziani. Ma questo risultato è l’esito di una lunga storia che ha visto in campo una serie di politiche supportate da un’analisi attenta dei dati sull’invecchiamento della popolazione supportati da provvedimenti legislativi e poi regolamentativi. Troppo spesso si temono le classifiche quasi fossero segnali di valore, ma ci si dimentica che invece sono indicatori utili nel tempo per valutare l’impatto di un’azione o di un percorso.

I numeri, ovviamente, riescono a raccontare solo in parte i differenti livelli di qualità della vita di anziani, giovani e bambini. La scarsa disponibilità di statistiche capaci di indagare questi aspetti non aiuta. I tre indici, però, mentre il futuro dell’Italia si gioca tra inclusione e coesione sociale grazie ai fondi del Pnrr che vanno in questa direzione, vogliono proporre un primo tentativo di analisi delle disuguaglianze generazionali, a cui sempre più spesso i decisori dovranno guardare per attuare le politiche di investimento.

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