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Quarta Conferenza nazionale sul clima: crisi idrica e alluvioni

“Dobbiamo accelerare sul processo di decarbonizzazione, perché andando avanti con questo ritmo, raggiungeremo la neutralità climatica tra 200 anni”. Questa l’affermazione più preoccupante che ha raccolto il consenso di tutti i partecipanti alla quarta Conferenza nazionale sul clima 2023 “Alluvioni e siccità. Quali strategie per affrontare la crisi climatica?”, ospitata nella sala dell’Auditorium dell’Ara Pacis di Roma, mercoledì 5 luglio.

L’evento, promosso da Italy for Climate con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, della Commissione Europea e di Rai per la Sostenibilità, ha coinvolto esperti del settore, rappresentanti delle imprese e delle Istituzioni che hanno analizzato l’impatto di alluvioni e siccità sull’ambiente, l’economia e il benessere delle persone, evidenziando come cambiamenti climatici e disastri naturali siano le due facce della stessa medaglia.

“Per ridurre l’impatto di alluvioni e siccità è necessario contribuire a rallentare il riscaldamento globale che le alimenta, tagliando le emissioni di gas serra, e aggiornare e rendere operative misure di adattamento” – ha spiegato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile. “Con Italy for Climate – ha continuato il presidente Ronchi – abbiamo proposto una specifica roadmap per l’Italia, con obiettivi e target sfidanti al 2030 e al 2045 e specifiche strategie settoriali. Qualche giorno fa il governo ha trasmesso a Bruxelles una prima sintesi dell’aggiornamento del Piano nazione integrato energia e clima (Pniec): per l’Italia, Paese vulnerabile per i cambiamenti climatici, è più conveniente accelerare l’impegno e puntare su obiettivi avanzati di decarbonizzazione, per cogliere anche i vantaggi tecnologici, economici e occupazionali, piuttosto che rinviare le misure, concentrandole in pochi anni futuri anche con maggiori costi. La proposta di nuovo Pniec inviata a Bruxelles è poco ambiziosa: punta ad un taglio solo del 45 per cento delle emissioni di gas serra al 2030 (rispetto ad una media europea del 55 per cento) in 40 anni dal 1990, lasciando un altro 45 per cento (per arrivare al 90 per cento) ai successivi 20 anni; sottovaluta le potenzialità di crescita delle rinnovabili elettriche, della penetrazione elettrica, dell’efficienza energetica degli edifici e di una mobilità più elettrica e con meno auto”.

In qualità di moderatori, la giornalista Rai Chiara Giallonardo, e il direttore della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile Raimondo Orsini, hanno dato il via alla conferenza iniziando la mattinata di lavori con il contributo del ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, in collegamento video.

Ringrazio Edo Ronchi e la Fondazione per lo Sviluppo sostenibile e Italy for Climate per il contributo culturale di alto livello che ci rendono, presentando dati sempre aggiornati in ambito ambientalee climatico, utili al decisore pubblico– ha dichiarato il ministro Fratin.L’impatto crescente dei cambiamenti climatici sulla nostra quotidianità ci impone un’azione risolutiva e integrata. Tutela della matrice ambientale, adattamento del territorio e decarbonizzazione del nostro sistema economico e produttivo, sono, mai come in questa fase storica temi tutti interconnessi. La nostra bussola sono gli Accordi di Parigi e la loro effettiva attuazione. I nostri obiettivi sono ben chiari e li porteremo avanti con determinazione. La riduzione delle emissioni raggiungendo il 55 per cento nel 2030 e la neutralità climatica nel 2050, in linea con quanto previsto dall’Agenda 2030 dell’Onu, l’efficienza energetica e lo sviluppo delle rinnovabili”.

E il ministro Fratin, nel suo discorso, ha parlato anche di alluvioni e di siccità, eventi metereologici che hanno colpito gravemente il nostro Paese. “L’Italia – ha concluso il titolare del dicastero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica – è ciclicamente sconvolta da fenomeni climatici che mettono a nudo la fragilità del nostro territorio. La risorsa idrica è un bene comune prezioso, è il primo indicatore dei cambiamenti climatici in atto. Il governo dell’acqua è la prima delle sfide amministrative che ci viene proposta”.

E al centro di questa quarta edizione della Conferenza nazionale sul clima, c’è stata proprio l’acqua, tra siccità e alluvioni, con la presentazione dei dati emersi dal dossier “Troppa o troppo poca? L’acqua in Italia, in un clima che cambia”.

Roberta Boscolo, responsabile clima ed energia della World Meteorological Organization (WMO), ha evidenziato come da inizio anno, si siano alternati fenomeni siccitosi a violente alluvioni, con conseguenze devastanti per il territorio, per le persone e per l’economia del Paese.

Per la prima volta nel 2022 l’Italia ha raggiunto una temperatura media di 14 °C, la più alta di sempre: un aumento di almeno 2 °C negli ultimi 40 anni. Non solo. Il 2022 è stato anche l’anno della più grave siccità degli ultimi 500 anni in Europa, che per l’Italia si è tradotto in un crollo delle precipitazioni medie, in un solo anno, di oltre il 20 per cento rispetto alla media del trentennio 1990-2020.

Oltre alla siccità, l’aggravarsi della crisi climatica sta causando eventi estremi sempre più frequenti e dannosi. Nel 2022 abbiamo raggiunto un nuovo record: sono stati oltre 3 mila gli eventi climatici estremi registrati in Italia in un solo anno, il numero più alto degli ultimi 15 anni. Gli eventi più frequenti hanno riguardato soprattutto i pattern di pioggia (grandine e piogge intense). Dal 1960 a oggi, in Italia c’è stato un incremento del 20 per cento delle precipitazioni violente.

“Siamo oramai entrati in una fase di anormalità climatica permanente – ha dichiarato Andrea Barbabella, coordinatore e responsabile scientifico di Italy for Climate – che ha già modificato il ciclo dell’acqua, aumentando frequenza e intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’Italia, al centro dell’hot spot climatico del bacino Mediterraneo, è un Paese più a rischio di altri, con aumento di temperatura di quasi 3 °C rispetto al periodo pre-industriale, a fronte di una media mondiale di +1,1 °C. Viviamo in un territorio particolarmente fragile, in cui 12 milioni di persone vivono in aree che potrebbero essere soggette ad alluvioni e vediamo aumentare ogni anno gli eventi di precipitazioni a carattere eccezionale. Come collettività dobbiamo comprendere con urgenza il nesso tra la crisi climatica e i rischi di un ciclo idrico sempre più sotto stress, mettendo in campo interventi straordinari di mitigazione e adattamento”.

Il cambiamento del ciclo idrico, determinato dal riscaldamento globale, impone la necessità di adattarci ad un nuovo contesto e al tempo stesso è necessario agire subito con politiche efficaci di mitigazione per frenare il riscaldamento, altrimenti adattarsi non sarà più possibile. Il dossier presentato raccoglie anche 10 proposte e linee di azione per affrontare questa crisi.

  1. Aggiornare e rendere più incisive le misure di mitigazione e di adattamento
  2. Aumentare l’impegno climatico: tagliare le emissioni nette del 58 per cento al 2030 (rispetto al 1990) e raggiungere la neutralità climatica al 2045. Per far questo, tra le altre cose, si deve spingere sulle rinnovabili e, tra queste, sfruttare a pieno il potenziale dell’idroelettrico
  3. Adottare una Legge per il Clima
  4. Migliorare il livello di conoscenza delle risorse idrichein Italia, con un quadro aggiornato di tutti i settori
  5. Rinnovare le infrastrutture e tagliare le perdite di rete, oggi pari al 42 per cento del prelievo per uso civile
  6. Promuovere un uso più efficiente e circolare dell’acqua in agricoltura
  7. Promuovere l’uso efficiente e circolare dell’acqua nelle industrie, agevolando gli investimenti
  8. Verificare gli aggiornamenti dei Piani di gestione del rischio alluvioni
  9. Valorizzare soluzioni basate sulla natura: è necessario che vi siano aree o casse di espansione controllata delle piene e che i fiumi possano espandersi maggiormente nei loro corsi naturali
  10. Valorizzare il ruolo delle città: possono contrastare le ondate e le isole di calore aumentando le infrastrutture verdi; possono contribuire a ridurre i rischi di alluvione, riducendo le impermeabilizzazioni di aree urbane e di parcheggi.

L’Italia è terza in Europa per disponibilità d’acqua, dietro solo a Francia e Svezia, con circa 130 miliardi di metri cubi disponibili ogni anno. Tuttavia, questo valore si è ridotto del 20 per cento negli ultimi decenni: se non arresteremo il riscaldamento globale, la causa principale della riduzione di acqua, la disponibilità potrebbe arrivare a ridursi in breve tempo del 40 per cento, con punte del 90 per cento in alcune aree del Meridione.

Noncuranti del fatto che siamo il Paese europeo con i più alti livelli di stress idrico, manteniamo i livelli record di prelievo di acqua in Europa: con quasi 40 miliardi di metri cubi all’anno l’Italia è prima e preleva più del 30 per cento della disponibilità idrica annua: stiamo quindi intaccando il nostro patrimonio idrico e mettendo in pericolo gli ecosistemi.

L’acqua prelevata in Italia viene destinata per il 41 per cento all’agricoltura, il 24 per cento ad usi civili, il 20 per cento all‘industria e il 15 per cento alla produzione di energia elettrica. Siamo il secondo paese europeo per prelievi destinati all’agricoltura (dopo la Spagna) ma non sono state attivate procedure avanzate di contabilizzazione degli usi agricoli e non stiamo migliorando la nostra performance.

L’Italia vanta anche il triste record europeo di acqua prelevata per usi civili: con 9 miliardi di metri cubi ogni anno (e +70 per cento rispetto al 2000). Ciò è dovuto sicuramente all’alto livello di perdite della rete idrica nazionale (che sono in continua crescita e hanno superato il 40 per cento), ma anche ad una scarsa abitudine alla riduzione degli sprechi: un italiano consuma 220 litri di acqua, il doppio dell’acqua consumata da un cittadino medio europeo. L’Italia è anche il primo paese Europeo per utilizzo di acqua in industria: quattro volte più della Germania e otto volte più della Francia.

A livello globale siamo entrati in una fase di “anormalità climatica permanente” che ha già modificato il ciclo dell’acqua aumentando la frequenza e l’intensità di eventi meteoclimatici estremi. L’incidenza della crisi climatica e del riscaldamento globale sta portando effetti devastanti: in vent’anni i ghiacciai alpini in Italia hanno perso in media 25 metri di spessore, oltre 50 miliardi di metri cubi di ghiaccio. Secondo il Piano nazionale per l’adattamento al cambiamento climatico, se le temperature continueranno ad aumentare nessuna delle stazioni sciistiche del Friuli Venezia-Giulia avrebbe a breve una copertura nevosa naturale sufficiente a garantire la stagione e lo stesso accadrebbe ad un terzo delle stazioni in Lombardia, Trentino-Alto Adige e Piemonte.

La crisi climatica, oltre ai danni provocati dal riscaldamento e dall’aumento medio delle temperature,  provoca anche l’aumento dell’intensità e della frequenza di precipitazioni eccezionali, come quello recente dell’Emilia Romagna:  in Italia i fenomeni a carattere eccezionale sono aumentati esponenzialmente negli ultimi anni, fino a superare nel 2022 per la prima volta il valore record di 2.000 episodi all’announ italiano su cinque risiede in aree potenzialmente allagabili, mentre sono minacciate da pericolosità idraulica medio-alta 6,9 milioni di persone, 1,1 milioni di imprese e 4,9 milioni di edifici.  Le Regioni a maggior rischio di alluvione in Italia sono l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto e Calabria e da Friuli-Venezia-Giulia, Toscana e Lombardia. In quasi tutte queste Regioni il livello di cementificazione del territorio è molto alto.

Secondo quanto elaborato dall’Ispra “tornano a crescere, nel 2021, le emissioni di gas serra in Italia dopo la battuta d’arresto dovuta essenzialmente al periodo pandemico: in un solo anno (2020-2021) i valori mostrano un deciso aumento (+8.5 per cento), pur registrando una diminuzione del 20 per cento rispetto al 1990, grazie alla crescita negli ultimi anni della produzione di energia da fonti rinnovabili (idroelettrico ed eolico), dell’efficienza energetica nei settori industriali e al passaggio all’uso di combustibili a minor contenuto di carbonio.  Ma la riduzione non è sufficiente: le emissioni risultano di 11 milioni di tonnellate al di sopra dell’obiettivo stabilito per il 2021. Una situazione che, secondo le stime, sembra destinata a proseguire non solo nel 2022, ma anche negli anni futuri. Poco promettenti, infatti, gli scenari al 2030: attesa una scarsa riduzione delle emissioni nei settori trasporti e riscaldamento e un disallineamento rispetto agli obiettivi stabiliti dall’Effort Sharing che nel 2030 potrebbe superare i 15 milioni di tonnellate”.  

Durante la conferenza, parlando di crisi idrica, è stato dedicato uno spazio al settore idroelettrico, fra crisi climatica e crisi idrica. La grave siccità che ha colpito l’Italia nel 2022, ha causato un crollo record della generazione idroelettrica, pari a -38 per cento in un solo anno. La generazione nel 2022 si è fermata a meno di 30 terawatt, tornando ai livelli degli anni ’50 (quando però la nostra capacità produttiva era un terzo di quella di oggi). Questo ha portato l’idroelettrico a contribuire alla generazione elettrica nazionale solo per il 10 per cento.

Essendo l’idroelettrico ancora oggi la prima fonte rinnovabile in Italia, il suo impatto nel settore elettrico è stato molto rilevante: nonostante la timida crescita delle altre rinnovabili il crollo della fonte idrica ha portato la generazione rinnovabile a circa 100 terawatt, la più bassa degli ultimi 10 anni. Monitorare e tutelare questa fonte resta una sfida cruciale verso le zero emissioni.

Impossibile non affrontare l’argomento agricoltura, settore idrovoro per eccellenza ma che contribuisce al tempo stesso alla mitigazione dei fenomeni climatici, con le sue innovazioni, indispensabili per il futuro di un comparto strategico per l’Italia. Così Stefano Laporta, presidente Ispra ha evidenziato come alcune produzioni agricole, quali mais e grano, siano state influenzate negativamente dai cambiamenti climatici, e come dal 1961 ad oggi, si sia perso il 21 per cento di terreno utile per la produttività agricola.

E sull’agricoltura 4.0 e sulla sostenibilità, si è espresso Mauro Fontana, presidente dell’azienda Mutti dicendo che “Bisogna produrre di più, con meno. È necessario ridurre l’impronta idrica in agricoltura, ripensare il packaging e al logistica in termini più sostenibili”.  

Come esponenti del mondo delle imprese intervenuti anche Alessandro Bratti, segretario generale Autorità di bacino distrettuale del fiume Po, ​Yuri Santagostino, presidente Gruppo Cap,​ Antonella Frigerio, vicedirettore di dipartimento RSE​, Giuseppe Argirò, amministratore delegato CVA​. Per le istituzioni, presenti invece Enrico Cappelletti, membro Commissione Industria, Camera dei deputati​ e Alberto Luigi Gusmeroli, presidente Commissione Industria, Camera dei deputati.

Il presidente della Fondazione per lo Sviluppo sostenibile Edo Ronchi

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