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“Recidiva zero”, al Cnel si rinnova l’iniziativa per il reinserimento dei detenuti

Sono 62.476 i detenuti attualmente distribuiti nei 189 istituti penitenziari italiani. Un numero elevato e quasi costantemente in crescita da oltre un ventennio: erano 56.068 nel 2004. Stabile la quota di stranieri, intorno al 31,8%.

Alla tendenziale riduzione in termini assoluti degli imputati, non si accompagna un altrettanto significativa riduzione in termini relativi della quota di imputati in attesa di primo giudizio: la percentuale sul totale degli imputati raggiunge il 61,8% nel 2024, mentre si attestava sotto il 50% negli anni compresi fra il 2008 e il 2013.

Sono alcuni numeri che emergono dal report sullo stato attuale della detenzione in Italia realizzato dal Censis e promosso dalle 16 organizzazioni presenti al Cnel, Unsic compresa.

Il rapporto è stato presentato in occasione della II edizione di “Recidiva Zero. Studio, formazione e lavoro in carcere e fuori dal carcere”, che evidenzia in particolare l’eccessivo affollamento negli istituti penitenziari, in parte alimentato dalla progressiva riduzione di internati in case di lavoro, colonie agricole o altri contesti: attualmente sono detenute fuori dal carcere 292 persone, mentre una quindicina di anni fa il loro numero era superiore alle 1.600 unità.

Le notizie migliori dal mondo carcerario vengono dal fronte dell’istruzione e della formazione: il coinvolgimento nella frequenza di percorsi di istruzione di I e II livello ha riguardato, per l’anno scolastico 2023-2024, oltre 19 mila detenuti, pari al 31,3% del totale. Il conseguimento dei titoli di studio presenta un proficuo tasso di successo pari al 56,9% per chi ha frequentato i corsi di II livello, mentre per il I livello la quota di promossi è al 34,6%.

Per quanto riguarda i corsi di formazione professionale, il 2024 ha fatto segnare il numero più alto, a partire dal 2019, degli iscritti: sono stati 4.459, pari al 7,2% del totale dei detenuti. In aumento la quota di promossi sui frequentanti dei corsi terminati, che si attesta negli ultimi due anni all’87,5% (era l’83,5% nel 2019). La tipologia prevalente rientra nell’ambito della “cucina e ristorazione”, con il 24,3% degli iscritti sul totale e l’86,5% dei promossi. Edilizia, orientamento al lavoro, giardinaggio e agricoltura sono le altre tipologie di corsi che hanno riscontrato il maggior numero di iscritti, con tassi di successo in tutti e tre i casi superiori al 90%.

In crescita il livello di partecipazione dei detenuti a corsi di laurea organizzati dalle università che aderiscono alla Conferenza nazionale dei delegati dei rettori per i poli universitari penitenziari (Cnupp). Nell’anno accademico 2023-2024 sono risultati iscritti 1.707 detenuti. In 39 hanno conseguito la laurea nel 2023; nell’anno precedente il numero dei laureati è stato pari a 51.

Un dato interessante per il perseguimento di obiettivi di alfabetizzazione e apprendimento dell’italiano negli istituti carcerari è rappresentato dal numero di mediatori culturali: sono 338 nel 2024, pari a 1,72 ogni 100 detenuti stranieri; il rapporto era inferiore all’unità nel 2019 (0,88). Sempre nel 2024, sono stati organizzati corsi di alfabetizzazione e apprendimento dell’italiano ai quali hanno preso parte 4.580 detenuti stranieri, pari a 23 su 100. Nel 2023 il rapporto fra iscritti e detenuti stranieri era pari al 25,4%, vicino alla quota del 2019 (26,4%).

La possibilità di svolgere un lavoro durante il periodo di pena detentiva costituisce un fattore di potenziale reinserimento. Tra il 2004 e il 2024 il numero dei lavoratori è passato da 14.686 (pari al 26,6% dei detenuti) a 21.235 (pari al 34,3%). Fra le tipologie di lavoro prevalgono quelli nei servizi d’istituto (70,7%), mentre il 5,4% lavora in istituto per conto di cooperative o imprese, il 5,3%, in regime di semilibertà, lavora in proprio o per conto di datori di lavoro esterni e il 5% si occupa della manutenzione dei fabbricati.

Renato Brunetta

“Da economista, osservo i dati – spiega il presidente del Cnel, Renato Brunetta. “Perché i numeri non mentono: ci dicono dove siamo e quanto c’è ancora da fare. Nel 2023, quando il Cnel ha scelto di ‘investire’ in questa iniziativa, la baseline – il punto di partenza – era chiara: oltre il 70% dei detenuti ha al massimo la licenza media; il 6% è analfabeta o privo di qualsiasi titolo di studio; solo l’1% è laureato. Spendiamo ogni anno 3,5 miliardi di euro per il sistema penitenziario, ma il risultato è un dato allarmante: oltre il 70% di recidiva. Il nostro impegno è colmare questo divario, creando un legame strutturale tra carcere, impresa, formazione e istruzione. La rieducazione, come ci ricorda la Costituzione, restituisce cittadini alla comunità e spezza la catena della devianza tra le generazioni”.

IL DISEGNO DI LEGGE

Il Cnel ha predisposto il primo disegno di legge della XI Consiliatura, recante “Disposizioni per l’inclusione socio-lavorativa e l’abbattimento della recidiva delle persone sottoposte a provvedimenti limitativi o restrittivi della libertà personale emanate dall’autorità giudiziaria”. Si è così dato concreto seguito al lavoro istruttorio svolto dal Cnel a partire dall’Accordo interistituzionale con il ministero della Giustizia del 17 giugno 2023.

Il disegno di legge del Cnel mira ad offrire ai decisori pubblici strumenti giuridici idonei a migliorare l’attuale sistema di governance, “agevolando nel contempo l’elaborazione di una politica pubblica nazionale sulla tematica del lavoro in carcere in grado, da un lato, di supportare lo sviluppo delle migliori progettualità esistenti, dall’altro attivare progetti nei territori meno attrezzati in coerenza con le specificità dei contesti e il reale fabbisogno dell’utenza degli istituti di pena – si legge in una nota del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. L’obiettivo è quello di concorrere alla strutturazione di una rete interistituzionale integrata volta a gestire il problema dell’inclusione lavorativa nella sua globalità sia in carcere sia nella fase post-rilascio, nonché di attrarre stabilmente risorse esterne sia in termini economici sia di competenze e di elaborare ed implementare interventi ad alto impatto su scala nazionale in grado di coinvolgere un numero significativo di detenuti.

“Il disegno di legge del Cnel propone innanzitutto alcuni correttivi alle norme sull’ordinamento penitenziario in materia di formazione e lavoro, recuperando la necessaria equiparazione tra lavoratori liberi e lavoratori ristretti, e per quest’ultimi tra lavoro esterno e lavoro cosiddetto ‘interno’ (alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria) – continua la nota. “Applicazione del contratto collettivo nazionale, territoriale e aziendale stipulato dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative; equiparazione del trattamento economico e normativo complessivo; impignorabilità dei quattro quinti della remunerazione, sono solo alcune delle novità introdotte dal disegno di legge di iniziativa del Cnel sulla specifica materia”.

IL SEGRETARIATO PERMANENTE

Un anno fa è stato formalmente costituito il Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale, con l’obiettivo della “recidiva zero” attraverso l’accesso al lavoro da parte delle persone private della libertà personale. Svolge, in particolare, le seguenti funzioni:

– attività di natura informativa sul quadro normativo regolamentare e fiscale del lavoro penitenziario; analisi preventive di fattibilità relative alle progettualità di natura economica e imprenditoriale da realizzarsi negli istituti penitenziari;

– monitoraggio dei fabbisogni formativi delle persone private della libertà personale e di quelli lavorativi espressi dal territorio e dal sistema produttivo;

– attivazione di banche dati sulle attività di formazione, studio e lavoro intramurario ed extramurario;

– attività di supporto tecnico alla Cassa delle Ammende anche ai fini della valutazione del sistema delle Cabine di regia regionali;

– elaborazione di linee guida e procedure standardizzate per la realizzazione e la valutazione d’impatto dei piani di azione regionali;

– organizzazione di giornate di lavoro, attività seminariali e iniziative di sensibilizzazione rivolte agli operatori del settore e alle Forze economiche, sociali e del Terzo settore;

– monitoraggio e verifica dei percorsi di effettiva applicazione dei trattamenti contrattuali per i lavoratori detenuti alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria, di soggetti esterni alla stessa e comunque coinvolti nei possibili contesti lavorativi, anche attraverso le Commissioni e i Gruppi di lavoro tematici.

Dalla data della sua effettiva istituzione, il Segretariato Permanente ha promosso e partecipato a 55 riunioni istituzionali con rappresentanti delle Regioni, dei Provveditorati dell’Amministrazione penitenziaria, delle Direzioni degli istituti penitenziari, dei Ministeri competenti, di Inps, del Miur e di altri enti pubblici.

IL BANDO “FUORICLASSE”

A novembre 2024, il Fondo per la Repubblica digitale, in collaborazione con il Cnel e il ministero della Giustizia-Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ha pubblicato il bando “Fuoriclasse” con il quale ha stanziato cinque milioni di euro (successivamente elevati a dieci milioni) per finanziare progetti di formazione in carcere rispondenti alle evidenze emerse nell’ambito dell’iniziativa “Recidiva zero. Studio, formazione e lavoro in carcere: dalle esperienze progettuali alle azioni di sistema in carcere e fuori dal carcere”, riconoscendo al Segretariato Permanente del Cnel un ruolo operativo di supporto strategico per la realizzazione dei progetti messo a disposizione dei soggetti attuatori, gratuitamente e su base volontaria.

IL PROTOCOLLO D’INTESA

Al termine della II edizione di “Recidiva Zero. Studio, formazione e lavoro in carcere e fuori dal carcere” è stato firmato un protocollo d’intesa tra il Cnel e le 16 organizzazioni rappresentanti delle categorie produttive, per l’adesione al Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale. La partnership “mira a combattere la recidiva attraverso percorsi di formazione e lavoro, rendendo strutturali le iniziative di reinserimento”.

I firmatari del protocollo. Foto: Cnel

Il protocollo è stato siglato da: Cia, Cna, Coldiretti, Confagricoltura, Confapi, Confartigianato, Confcommercio, Confcooperative, Confesercenti, Confetra, Confindustria, Confprofessioni, Conftrasporto, Copagri, Legacoop, Unsic.

Le 16 organizzazioni datoriali rappresentate nel Cnel “hanno così deciso di unirsi in una grande alleanza per il lavoro, dandosi regole di ingaggio comune e impegnandosi a sviluppare in maniera continuativa e diffusa a tutti i 189 istituti penitenziari, iniziative imprenditoriali all’interno delle carceri, recuperando così aree e spazi un tempo adibiti ad attività produttive ed attualmente inutilizzate, nonché a valutare, anche per il lavoro esterno, l’inserimento di detenuti ed ex detenuti”.

IL RUOLO DELL’UNSIC

Le 16 principali organizzazioni datoriali presenti al Cnel si sono unite in un impegno concreto per portare iniziative imprenditoriali in tutti i 189 istituti penitenziari italiani, recuperando spazi inutilizzati e creando opportunità reali anche per il lavoro esterno. E questo è solo l’inizio. La seconda importante notizia è che il Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa (Siisl), realizzato dal ministero del Lavoro e dall’Inps, arriva anche nel mondo carcerario: uno strumento concreto per accompagnare detenuti ed ex detenuti verso percorsi di inserimento più efficaci e strutturati. già attivo in otto carceri. Infine con l’accordo Cnel–Anac, anche il Codice dei contratti pubblici diventa leva per l’inclusione attraverso clausole dedicate, formazione e informazione per stazioni appaltanti e operatori economici.

“Come organizzazione datoriale rappresentante di aziende ramificate in tutta Italia esprimiamo il nostro apprezzamento e rinnoviamo il nostro impegno nelle proficue azioni promosse dal Cnel per un sistema penitenziario orientato all’inclusione lavorativa e sociale delle persone, consci che il lavoro resta centrale per la dignità e per la realizzazione di qualsiasi essere umano, in particolare di chi presenta potenzialità spesso non messe a frutto unicamente per ragioni ambientali e sociali – sottolinea Domenico Mamone, presidente dell’Unsic. “Crediamo sia basilare in termini di accompagnamento alla persona, per raggiungere gli obiettivi di piena inclusione dell’ex detenuto, sia l’orientamento lavorativo e contrattuale sia la presenza di servizi sociali, fiscali e previdenziali negli istituti – conclude l’esponente dell’Unsic.

RECIDIVA ZERO, I LAVORI DELLA MATTINA

L’intervento del presidente del Senato, Ignazio La Russa

“Il lavoro diminuisce e in prospettiva abolisce la recidiva. Accanto alla necessità che ci sia la certezza della pena, e quindi che chi sbaglia deve pagare, vi debbono essere anche condizioni civili per chi sta in carcere e sperabilmente che queste condizioni comprendano il lavoro, la possibilità di lavoro e quindi l’impedire che tornino in carcere”.

Così il presidente del Senato, Ignazio La Russa nel suo intervento a “Recidiva Zero. Studio, formazione e lavoro in carcere e fuori dal carcere”, giornata di lavoro organizzata dal Cnel in collaborazione con il ministero della Giustizia.

L’intervento del ministro Carlo Nordio

“Con il progetto Recidiva Zero – ha dichiarato il ministro della Giustizia Carlo Nordio – si vuole garantire a chi esce dalla detenzione la possibilità di mettere a frutto quanto appreso durante la permanenza in istituto, contribuendo al contempo a sostenere le aziende italiane in cerca di manodopera. La giornata si inserisce in un progetto più ampio, volto a portare nelle carceri un filo di speranza, se non proprio l’ottimismo. L’aspetto cruciale consiste nella connessione tra ciò che avviene all’interno delle strutture detentive e il successivo reinserimento nella società. La situazione delle carceri è ben nota, ma esistono anche delle vere eccellenze, poco conosciute. È di grande importanza anche sul front dell’edilizia carceraria, che presenta forti disomogeneità. In alcune strutture è praticamente impossibile svolgere attività lavorative o sportive. La prospettiva della libertà, per molti detenuti, è fonte di preoccupazione, perché non sanno in che modo verranno accolti dalla società. Il progetto Recidiva Zero mira proprio a correggere l’ultimo segmento del processo di riabilitazione”.

L’intervento del ministro Marina Calderone

Ha poi preso la parola il presidente del Cnel, Renato Brunetta, a cui ha fatto seguito l’intervento del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Marina Calderone: “Parlando di Recidiva Zero, assumiamo un impegno importante. La recidiva rappresenta una condizione in cui la società respinge alcune persone, lasciandole senza prospettive. Per questo è fondamentale porre l’accento sul tema del lavoro, come sancito dall’art. 1 della Costituzione: il diritto a un lavoro regolare, che rispetti la contrattazione collettiva, deve essere garantito anche all’interno delle carceri. Dare una possibilità concreta a chi sta scontando una pena è un atto di giustizia sociale, che si realizza offrendo una prospettiva seria attraverso il lavoro. La società tende ad attribuire agli ex detenuti uno stigma difficile da superare, e il riscatto avviene proprio attraverso l’inserimento lavorativo. È necessario che ciascuno di noi faccia la propria parte. Dobbiamo dare a tutti un’opportunità. In questo contesto, aprire la piattaforma Siisl all’incrocio tra domanda e offerta di lavoro rappresenta la strada giusta”.

Il sottosegretario Andrea Ostellari

Il sottosegretario al ministero della Giustizia, Andrea Ostellari, ha quindi illustrato nel dettaglio il progetto Recidiva Zero ricordando la storia di Enzo Tortora, arrestato nel 1983, e il drammatico tema dei suicidi tra i detenuti”.

“Il progetto Recidiva Zero – ha affermato Stefano Carmine De Michele, capo del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP) – deve avere la massima diffusione. L’assenza di recidiva è un obiettivo complesso, ma pienamente in linea con il dettame costituzionale. Tra tutti gli strumenti di rieducazione, il più efficace è il lavoro. Nel 2025 ci sono pervenute circa 730 richieste da parte di imprese e cooperative, segnando un incremento dell’11% nell’impiego di detenuti. Questo impegno si concretizza anche a livello periferico grazie alla collaborazione tra enti locali, provveditorati e direttori degli istituti penitenziari. Tuttavia, resta il problema della carenza di spazi nelle strutture carcerarie, un nodo da affrontare per garantire una maggiore efficacia del progetto”.

Riccardo Turrini Vita, Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale, ha ricordato la figura di Maurizio D’Ettore, “grandissimo professionista e uomo delle istituzioni”.

A chiudere Antonio Sangermano, Capo del Dipartimento della Giustizia minorile, ha evidenziato come nella giustizia minorile sia fondamentale investire sull’educazione civica”.

I LAVORI DEL POMERIGGIO

La giornata di lavoro su “Recidiva Zero. Studio, formazione e lavoro in carcere e fuori dal carcere” si è svolta presso il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a Roma, nell’Aula Magna della Scuola di formazione “Giovanni Falcone”.

La prima sessione, coordinata dal segretario generale del Cnel Massimiliano Monnanni, ha riguardato il tema “L’accordo Cnel-ministero della Giustizia a due anni dalla sottoscrizione: azioni di sistema del progetto Recidiva Zero, applicazione e sviluppo della Legge Smuraglia, modifiche in tema di lavoro per detenuti nel decreto-legge ‘Sicurezza’ 11 aprile 2025, n. 48”.

La prima sessione

Sergio Sottani, procuratore generale della Repubblica di Perugia, ha spiegato come il progetto “Recidiva Zero” “evidenzi il lavoro come strumento chiave per il reinserimento sociale e la riduzione della recidiva carceraria: se la recidiva generale è del 70%, scende drasticamente al 2% per i detenuti che lavorano. La legge Smuraglia, che offre sgravi fiscali per l’assunzione di detenuti, è fondamentale ma ostacolata da diffidenza e posti limitati – ha concluso il procuratore.

Filippo Giordano, docente di Economia aziendale presso l’Università Lumsa di Roma: “Abbiamo analizzato le attività che beneficiano degli sgravi fiscali della legge Smuraglia, puntando a valorizzare il contributo del settore privato a Recidiva Zero. Sebbene gli enti coinvolti siano cresciuti del 40% tra il 2023 e il 2025, i primi risultati evidenziano una scarsa continuità, con meno del 25% che ha usufruito degli sgravi per tutti e tre gli anni. Ciò solleva un allarme sulla precarietà dei percorsi di inclusione lavorativa e sulla necessità di politiche mirate per la sostenibilità economica, sociale e istituzionale delle attività”.

Emilio Minunzio, consigliere del Cnel, ha illustrato il bilancio di un anno di attività del Segretariato permanente per l’inclusione economica, sociale e lavorativa delle persone private della libertà personale, di cui è presidente.

Ernesto Napolillo, direttore generale dei detenuti e del trattamento, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ministero della Giustizia, ha ricordato che “il modello tradizionale del sistema penitenziario concepisce il lavoro come strumento per ‘addomesticare l’anima’, un mezzo per riflettere sul proprio passato e guardare al futuro. È la logica su cui si fonda il sistema penitenziario attuale. Tuttavia, è necessario ripensare questo approccio, poiché sappiamo che solo il 34% dei detenuti svolge un’attività lavorativa e, di questi, l’85% è impegnato alla dipendenza dell’amministrazione penitenziaria, quindi nel settore pubblico. Il coinvolgimento del settore privato è estremamente ridotto. Lo scenario diventa ancora più critico se si guarda al circuito dell’alta sicurezza, dove tutti i detenuti lavorano solo all’interno del carcere. È una sfida, quindi, che non riguarda soltanto il sistema carcerario, ma chiama in causa anche il tessuto imprenditoriale e civile del Paese”.

Mario Petruzzo, direttore Ufficio VI, Direzione generale dei detenuti e del trattamento, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ministero della Giustizia, ha affermato: “Il progetto Recidiva Zero enfatizza l’importanza dello studio, della formazione e del lavoro sia all’interno sia all’esterno delle strutture carcerarie. Un aspetto importante è la necessità di approfondire nel dettaglio la Legge Smuraglia, che prevede incentivi fiscali per le aziende che assumono persone private della libertà personale, fornendo guide dettagliate sul credito d’imposta e sulla riduzione della contribuzione per tali assunzioni”.

Marina Finiti, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma: “Investire sul detenuto significa adottare un’ottica di riabilitazione sociale. La condanna non riguarda solo il singolo individuo, ma colpisce anche il suo nucleo familiare. È fondamentale costruire un ponte tra gli istituti di pena e il mondo esterno, affinché il reinserimento possa avvenire in modo efficace. La Magistratura di sorveglianza svolge un ruolo cruciale in questo processo. Credo fermamente che sia necessario offrire una nuova possibilità a chi ha sbagliato. Ce lo impone l’art. 27 della Costituzione”.

La seconda sessione, coordinata sempre da Massimiliano Monnanni, ha riguardato il tema “Il Programma nazionale inclusione e lotta alla povertà 2021-2027 e inclusione socio lavorativa dei soggetti in esecuzione penale: illustrazione dei percorsi di rafforzamento dello sviluppo delle competenze per avviare al lavoro i soggetti detenuti ed esperienze internazionali di diplomazia giuridica della sicurezza”.

La seconda sessione

Massimo Parisi, direttore generale del personale del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ministero della Giustizia, ha così esordito: “Il lavoro penitenziario rappresenta una leva fondamentale per il reinserimento, e proprio per questo l’Ufficio del DAP dedicato al personale merita un ulteriore potenziamento. I provveditorati dovrebbero essere dotati di figure specificamente incaricate di occuparsene: professionisti capaci di dialogare con il mondo imprenditoriale e diventare così punti di riferimento concreti per chi vuole investire nel valore sociale del lavoro in carcere. Anche sul piano delle risorse umane, gli istituti penitenziari chiedono un rafforzamento. Oggi ogni istituto ha finalmente il suo direttore, ma non basta. In molti casi è la burocrazia a rappresentare l’ostacolo principale al reinserimento, più che la mancanza di volontà o capacità”.

Gabriella De Stradis, direttore generale per il coordinamento delle politiche di coesione, ministero della Giustizia: “Le azioni previste dal cosiddetto ‘Piano Giustizia’ comprendono interventi di sistema replicabili su scala nazionale. Tutte le regioni sono state coinvolte in una prima fase di ripartizione delle risorse. Le azioni di sistema ammontano a circa 21 milioni di euro, di cui cinque milioni sono destinati allo sviluppo di piattaforme per la profilazione delle competenze in ingresso, da utilizzare lungo tutto il percorso della misura penale. L’obiettivo finale è la creazione di un curriculum personalizzato che permetta alle persone coinvolte di presentarsi in modo strutturato e qualificato al mercato del lavoro”.

Oriana Tantimonaco, direttore Ufficio V Alta Sicurezza, Direzione generale detenuti, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, ministero della Giustizia: “Vorrei evidenziare tre profili essenziali, relativamente all’Amministrazione penitenziaria. Il primo è generale, più normativo, e tiene conto delle peculiarità del lavoro, in particolare dei diritti e delle garanzie. In quest’ottica, nell’ambito del lavoro penitenziario, occorrerebbe ragionare in modo da delineare e avviare una riflessione serie riconoscendo al lavoro dei detenuti le peculiarità che lo caratterizzano. Il secondo attiene di più alla formazione professionale all’interno del carcere, dimensione che risente delle diversità regionale. Il terzo si fonda su ciò che raccontano i numeri: attualmente sono istituiti 495 corsi professionali e il numero è in costante aumento anno dopo anno. Le statistiche mostrano chiaramente che l’ampliamento dell’offerta formativa sta producendo risultati positivi, testimoniati da un crescente numero di detenuti promossi”.

Vincenzo Falabella, consigliere del Cnel e coordinatore dell’Osservatorio per l’inclusione e l’accessibilità: “Il sistema penitenziario deve trasformarsi: non basta il lavoro per la rigenerazione sociale. Con il 72% dei detenuti senza diploma e carenza di educatori, serve un modello integrato. Questo include formazione professionale, sostegno psicologico-sociale e un nuovo patto con comunità e aziende. Cruciale il ruolo del terzo settore. E anche quello della giustizia riparativa”.

Raffaele Langella, coordinatore diplomazia giuridica ministero degli Affari esteri: “L’Italia è protagonista di un’importante azione di diplomazia giuridica multilaterale. La Farnesina promuove iniziative di armonizzazione normativa e assistenza tecnica nei settori della giustizia e della sicurezza. Uno degli ambiti in cui il nostro Paese riceve richieste di capacity building e institutional building, oltre che di supporto nei processi di riforma legislativa, è proprio il sistema penitenziario”.

La terza sessione, coordinata da Rita Russo, direttore generale della Formazione del ministero della Giustizia e direttore della Scuola superiore dell’esecuzione penale “Mattarella”, è stata dedicata a “Reti, soggetti e sistemi per inclusione socio-lavorativa dei soggetti in esecuzione penale: piattaforma Siisl, Programma Gol, Cassa delle Ammende, Cnupp, Fondo per la Repubblica digitale”.

La terza sessione

Massimiliano D’Angelo, direttore centrale Tecnologia, Informatica e Innovazione dell’Inps, ha illustrato la piattaforma Siisl, Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa.

Paolo Sommaggio, professore Università di Padova: “Solo con una collaborazione strutturale tra istituzioni pubbliche, imprese, università e terzo settore sarà possibile trasformare la pena in un progetto sociale rigenerativo. L’idea di una pena sostenibile ed inclusiva rappresenta, quindi, una svolta culturale che mette al centro la dignità della persona: si tratta di un superamento anche dello scopo riparativo della pena, che consente di trasformarla in una vera e propria risorsa tanto per il reo quanto per la comunità. Per il reo perché egli può trovare un nuovo orizzonte di dignità e troncare così ogni rapporto criminogeno. Per la comunità, perché consente di pensare a nuove opportunità di crescita e di sviluppo, in particolare attraverso il rapporto con il privato e con il privato ‘qualificato’ del terzo settore”.

Giancarlo Monina ha illustrato la Conferenza nazionale dei delegati dei Rettori per i poli universitari penitenziari (Crui-Cnupp), con 47 università associate.

Annamaria Savi, di Sviluppo Lavoro Italia, ha ricordato le cifre dei detenuti che lavorano (21.300 dei 62.000) e illustrato il progetto “Reti specialistiche e misure per l’inserimento lavorativo delle persone detenute”, finanziato dal Fse+ e promosso da Sviluppo Lavoro Italia.

Giorgio Righetti, direttore generale Acri e Fondo per la Repubblica digitale, ha ricordato che “le Fondazioni di origine bancaria investono significativamente nel reinserimento sociale e lavorativo dei detenuti” e che “il Fondo per la Repubblica Digitale ha stanziato 10 milioni di euro per la formazione digitale, con 244 proposte in valutazione; il progetto ‘Per Aspera ad Astra’ promuove il teatro in 16 carceri, mentre il bando “Evado a lavorare” di Fondazione Con il Sud ha destinato 3 milioni di euro, con 63 progetti in fase di valutazione”.

Infine Sabrina Guida, Dipartimento per le politiche del lavoro, previdenziali, assicurative e per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, ha illustrato la piattaforma Siisl.

(immagini a colori fornite dal Cnel)

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