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Ripercorrere la storia ucraina per comprendere le ragioni del conflitto

L’analisi della storia dei territori contesi dell’Ucraina è di fondamentale importanza per comprendere le ragioni del conflitto che va avanti da ormai nove anni nelle regioni del Donbass e che ha portato, il 24 febbraio 2022, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

A tale scopo, in occasione della presentazione del volume “Storia dell’Ucraina”, curato dallo storico Maksim Grigoriev e da un gruppo di studiosi russi, Eurasiaticanews, Faro di Roma e Sandro Teti Editore hanno organizzato una tavola rotonda per affrontare meglio l’argomento che, in base a quanto affermato da Sandro Teti nel suo discorso di apertura, “nel nostro paese viene sistematicamente travisato, falsificato e non è dato spazio a una narrazione alternativa a quella dominante”.

Relatori dell’evento, tenutosi la settimana scorsa al Centro Congressi Cavour, l’editore Sandro Teti, i vaticanisti Carlo Marino e Salvatore Izzo e il curatore del volume Maksim Grigoriev, intervenuto con un videomessaggio.

Il volume al centro della tavola rotonda si basa “sulla nozione di unità storica dei popoli russo e ucraino”, nozione sostenuta peraltro dallo stesso Vladimir Putin nel suo saggio “Sull’unità di russi e ucraini nella storia”, con cui ha più volte giustificato l’invasione dell’Ucraina che, in base a questa narrazione, non avrebbe diritto ad esistere come stato indipendente.

Come affermato dal vaticanista Carlo Marino nell’illustrare il libro, la storia dei due popoli è strettamente connessa, ma “le false interpretazioni” che se ne danno porterebbero “all’idea sbagliata nella mente pubblica che l’Ucraina si sia sviluppata separatamente dalla Russia”, con l’obiettivo di “negare l’unità di ucraini e russi per mettere due fraterni popoli l’uno contro l’altro, per demonizzare la Russia moderna come stato successore all’Urss”.

L’interconnessione tra i due popoli e la loro storia è innegabile, tanto che tutti gli studiosi sono concordi su questo punto. Gli unici a negarla sono forse i nazionalisti ucraini probabilmente spinti dalla volontà di prendere a tutti i costi le distanze dal popolo invasore. Volontà che, per quanto sbagliata, può essere facilmente compresa.

Secondo il volume curato da Grigoriev, il mito dell’oppressione coloniale dell’Ucraina dopo la rivoluzione di ottobre verrebbe confutato dal fatto che “rappresentanti dell’Ucraina occuparono posizioni chiave nel partito”. Tuttavia, non fa alcun riferimento alle politiche di Stalin degli anni Trenta che avevano l’obiettivo di sostituire la lingua e la cultura russa a quelle delle altre repubbliche sovietiche, Ucraina compresa.

Nel corso dell’evento è stata poi solo brevemente citata la holodomor, la carestia, frutto della riorganizzazione agricola di Stalin, che portò al genocidio di oltre quattro milioni di ucraini e che, secondo molti studiosi, spiega perché il popolo accolse i tedeschi come dei “liberatori” quando la Germania lo invase nel 1941 e la connivenza con il nemico. In base allo scritto, invece, le cifre sarebbero state gonfiate e l’evento sarebbe da imputare non solo alla collettivizzazione, ma anche ad altri fattori, come fenomeni metereologici.  

Il vaticanista e direttore del Faro di Roma, Salvatore Izzo, ha invece affrontato il tema della fornitura di armi all’Ucraina, nonché quello dell’informazione e di come questa influenzi l’opinione pubblica, diffondendo una posizione bellicista.

Quel che è certo è che, a quasi un anno e mezzo dall’escalation del conflitto, alla visione dicotomica tra chi sostiene strenuamente l’Ucraina e chi invece è a favore della Russia, si aggiunge una fazione sempre più nutrita di persone stanche della guerra e dei sacrifici che questa comporta.  

Del resto qualsiasi guerra è sbagliata, anche quella spinta dal più nobile dei motivi – a patto che esista – e, come sempre, porta con sé odio, interessi politici ed economici, notizie false che non fanno altro che alimentare il conflitto.

La verità è che in guerra tutto si confonde. Bene e male, torto e ragione, vincitori e vinti. Le uniche vittime davvero tali sono forse i civili che la guerra non l’hanno chiesta, ma per cui perdono tutto, un figlio, un genitore, la persona amata o la propria vita.

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