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Unitelma: i riconoscimenti Unesco generano più turismo, imprese e lavoro in Italia

“La cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale” è stata ufficialmente iscritta nella Lista rappresentativa del Patrimonio culturale immateriale dell’Unesco.

Il prestigioso riconoscimento è stato conferito nel corso della ventesima sessione del Comitato intergovernativo della Convenzione del 2003, attualmente in svolgimento a Nuova Delhi, India.

Secondo la documentazione presentata per la candidatura, la cucina italiana “la cucina italiana è una pratica quotidiana che comprende conoscenze, rituali e gesti che hanno dato vita a un uso creativo e artigianale dei materiali, contribuendo a creare un’identità socio-culturale condivisa e allo stesso tempo cronologicamente e geograficamente variegata. L’Unesco riconosce in questo modo la rappresentatività della cucina italiana come veicolo di cultura: si tratta di un insieme di saperi non solo culinari, ma anche conviviali e sociali che sono trasmessi di generazione in generazione su tutto il territorio nazionale. Attraverso la condivisione del cibo, la creatività gastronomica e lo stare insieme, la cucina italiana si fa portatrice valori di inclusività e di sostenibilità ambientale”.

Un riconoscimento che ha un valore culturale e di prestigio ma anche economico. Quest’ultimo aspetto è stato esplorato dalla cattedra Unesco dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, diretta dal professor Pier Luigi Petrillo, che dal 2023 ha avviato una ricerca interdisciplinare per misurare gli effetti economici dei riconoscimenti Unesco sui siti culturali materiali e sul patrimonio immateriale in otto Paesi, tra cui l’Italia.  Lo studio, interamente finanziato con fondi di ateneo e senza contributi privati, analizza tre ambiti chiave: turismo, sistema imprenditoriale e forza lavoro complessiva legata ai riconoscimenti.

La ricerca strutturata in tre fasi ha come obiettivo l’isolamento del “valore aggiunto Unesco”, distinguendo la semplice correlazione dal vero nesso causale tra riconoscimento e impatto economico.

Sul fronte dei flussi turistici, i primi risultati mostrano che i siti italiani riconosciuti come World Heritage hanno reagito meglio alla crisi pandemica rispetto alla media nazionale e ai siti non Unesco.  Nel 2021 gli arrivi nei siti Unesco sono cresciuti del 53,59% rispetto al 2020, contro il 41,24% dei siti non Unesco, con uno scarto superiore a 12 punti percentuali che sale ancora se si osservano le presenze.

Nel biennio successivo il “bonus Unesco” si consolida: nel 2022 gli arrivi nei siti riconosciuti aumentano del 67,83 per cento, a fronte di un +50,65 % nei siti non Unesco, mentre le presenze nei siti Unesco crescono più rapidamente di quelle registrate a livello nazionale.  Anche nel post-pandemia, tra 2023 e 2024, a fronte di una riduzione degli arrivi del 3,26 % nei siti culturali non Unesco, i siti Unesco registrano ancora un +7,39% con presenze in crescita del 14,87 % contro un +2,5 % della media nazionale.

Il caso di Pantelleria, dove la coltivazione della vite ad alberello è patrimonio culturale immateriale Unesco dal 2014, evidenzia come il riconoscimento possa riposizionare un territorio nel medio periodo.  Dopo una prima crescita limitata delle presenze, lo scatto avviene dal 2022, in parallelo all’istituzione del Parco Nazionale e a campagne di comunicazione orientate a legare l’isola al riconoscimento Unesco.

Tra il 2022 e il 2025 le presenze turistiche a Pantelleria aumentano in media del 9,7 % all’anno, con un picco del turismo fuori stagione che arriva fino al 75 % di crescita nei mesi non balneari, e oltre un quinto dei visitatori dichiara di aver scelto la destinazione proprio per il legame con l’Unesco.  Ancora più marcato è il dato sulle aziende agrituristiche: tra il 2014 e il 2025 il numero delle imprese cresce del 500%, contro un incremento medio del 2–3,2 % in territori simili privi di riconoscimento Unesco.

Per l’arte dei pizzaiuoli napoletani, iscritta nella lista del patrimonio culturale immateriale Unesco dal 2017, lo studio evidenzia un vero “boom” economico e occupazionale nella filiera della formazione professionale.  Dal 2017 al 2025 i corsi professionali organizzati dalle associazioni promotrici passano da 64 a 246, con una crescita complessiva del 284 % e un incremento medio annuo superiore al 20%.

La dinamica è ancora più significativa sul piano internazionale: le scuole accreditate all’estero passano da 5 a 26 in otto anni, mentre in Italia restano sostanzialmente stabili a quota 2, determinando un aumento complessivo del 420 % delle scuole riconosciute.  L’analisi mostra che gli effetti economici non sono immediati ma si rafforzano nel medio periodo quando la comunicazione sposta il focus dal prodotto (la pizza) ai portatori di sapere e al valore culturale del mestiere.

Nel territorio delle colline del Prosecco superiore di Conegliano e Valdobbiadene, patrimonio mondiale Unesco dal 2019, il riconoscimento si traduce rapidamente in nuove strutture ricettive, maggiori posti letto e crescita della forza lavoro.  Nei sei anni successivi all’iscrizione, le strutture turistiche aumentano del 45,4 % e i posti letto del 35,4 %, con un’accelerazione soprattutto nei primi due anni post-riconoscimento.

L’effetto Unesco si riflette anche sulla filiera produttiva: le case spumantistiche crescono complessivamente del 17,8%, gli addetti del comparto Prosecco del 21,7 % e la forza lavoro complessiva in turismo e terziario collegato del 12,4 % tra 2019 e 2025.  Confrontando questi dati con quelli di un’area vitivinicola analoga ma priva di riconoscimento Unesco, la differenza a favore del sito veneto in termini di forza lavoro complessiva arriva, secondo lo studio, al 18%.

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