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Enuip, concluso il primo corso per la qualifica di Mediatore interculturale

Foto: i corsisti e il presidente dell’Enuip, Reno Insardà

L’Enuip, l’ente di formazione professionale dell’Unsic accreditato presso la Regione Lazio, è da sempre attento alle dinamiche socioculturali ed economiche in atto nel nostro Paese e, consapevole delle importanti implicazioni demografiche, economiche, sociali, antropologiche e politiche legate ai continui flussi migratori che interessano ormai da tempo l’area mediterranea, ha introdotto nella sua offerta formativa il corso per ottenere laqualifica professionale di Mediatore interculturale.

La figura del Mediatore interculturale rappresenta una delle attività lavorative tra le più attuali, determinata dalla rilevanza che il suo ruolo assume, in una prospettiva di integrazione ed inclusione, all’interno dei processi di fruizione ed accesso da parte dei cittadini stranieri alla rete dei servizi territoriali, per l’ottenimento di diritti, servizi e cittadinanza.   

L’ottenimento della qualifica professionale di Mediatore interculturale permette di operare in molti contesti lavorativi che spaziano da quelli organizzativi, come ad esempio gli organismi pubblici, gli istituti e le agenzie per l’immigrazione, le scuole e le prefetture, a quelli più assistenziali come le associazioni, le cooperative sociali ed i patronati.

La professione del Mediatore interculturale svolge inoltre un’importante funzione di sensibilizzazione per contrastare i pregiudizi e le diverse forme di discriminazione in diversi ambiti, quali la scuola, i servizi sociali, la sanità o il sistema della giustizia e della protezione internazionale. La mediazione interculturale, mai come ora, si configura come uno strumento fondamentale per la ricostruzione dei rapporti in una società fortemente multiculturale.

Il corso autorizzato dalla Regione Lazio per la durata di 450 ore, prevede al suo termine, oltre al rilascio della qualifica professionale per svolgere la professione di Mediatore interculturale, riconosciuta in sede di concorso pubblico, uno stage presso i partner di progetto, quali l’Esercito della Salvezza, l’Engim e l’Arci di Roma.

La prima tranche di corsi si è già conclusa il 14 luglio, con l’esame finale superato da tutti gli iscritti e, considerato il notevole numero di richiedenti, a settembre si apriranno le iscrizioni per un nuovo corso. Per informazioni sono a disposizione i contatti della sede nazionale (tel. 06.58333803 – email info@enuip.it).

Di seguito si riporta l’intervista con la docente di corso, Astrid Mangiavillano, qualificata esperta di settore, con alle spalle una pluriennale esperienza nell’insegnamento, per esplorare in tutti i suoi aspetti l’universo della mediazione interculturale.

Dottoressa Mangiavillano, secondo lei che ruolo ha oggi la mediazione interculturale in Italia e quale ruolo potrebbe assumere in futuro?

Il ruolo della mediazione interculturale è fondamentale in una realtà multietnica e multiculturale come è l’Italia odierna. Spesso la si confonde con la mediazione linguistica, ovvero la traduzione o l’interpretariato, ma si tratta di un’attività diversa, più completa, che riguarda le relazioni esistenti fra gli esseri umani provenienti da molteplici realtà e che vivono insieme in una stessa società, in un preciso ambito geografico e periodo storico. Questa co-esistenza non è priva di incomprensioni, pregiudizi, fraintendimenti, fra tutti i soggetti coinvolti anche a vari livelli, poiché spesso l’uomo ha paura di ciò che non conosce e, per evitare che ci siano momenti di scontro e non di incontro, l’attività di comunicazione fra le parti va infatti realizzata tenendo conto di tutti i linguaggi verbale, paraverbale e non verbale, e dei riferimenti propri dell’identità culturale di ciascuno, nel massimo rispetto reciproco. Se progettata e svolta in modo corretto, l’attività di mediazione interculturale rivestirà un ruolo sempre più centrale nella società contemporanea e ciò produrrà soltanto benefici.

Che caratteristiche dovrebbe avere un mediatore interculturale?

Un bravo mediatore si distingue per la grande responsabilità ed il tatto con cui svolge il proprio lavoro. Ma deve avere anche doti personali innate, quali pazienza, gentilezza ed empatia, oltre a una conoscenza approfondita delle strategie di comunicazione, delle culture di origine dei propri utenti e di quella in cui questi vivranno, dell’ordinamento giuridico vigente, oltre che della mappatura dei servizi del territorio.

Quali sono i requisiti necessari per diventare mediatore interculturale?

Attualmente, secondo quanto disposto dalla Regione Lazio in materia, esistono dei pre-requisiti per diventare mediatore interculturale, che variano a seconda della cittadinanza di appartenenza. Il primo requisito è relativo al titolo di studio minimo, ossia il Diploma di Scuola Secondaria di Secondo grado in caso di Italiani, o equivalenti per i cittadini non Italiani. Un secondo requisito è rispetto alla conoscenza linguistica, che deve essere certificata o da certificare, di una delle lingue veicolari con livello C1 per gli Italiani, e della lingua italiana di livello B1 per i cittadini non Italiani.

In quali contesti lavorativi può operare la figura del mediatore? E quali sono le sue mansioni?

Il mediatore interculturale svolge un ruolo di “ponte di comunicazione” fra persone appartenenti a Culture diverse che entrano in contatto fra loro ed oggi ciò avviene in quasi tutti i settori, come in quello sanitario, che sia pubblico o privato, negli uffici della Pubblica Amministrazione, nelle scuole o nelle carceri. Ma non bisogna dimenticare i luoghi principali deputati all’attività di mediazione vera e propria, come i Centri di Accoglienza per gli adulti ed i nuclei familiari o i Centri per i Minori Stranieri non Accompagnati. Il mediatore interculturale dovrà, comunque, occuparsi dei propri utenti, ossia gli stranieri e spesso migranti, aiutandoli ad individuare i bisogni e ad esternarne le proprie abilità e competenze, realizzando insieme un percorso attivo di crescita e conoscenza finalizzato alla loro autorealizzazione ed al loro migliore inserimento nella società in cui vivranno.

Quella del mediatore è una professione che può dare concrete opportunità in termini occupazionali e quali sono i canali migliori per un inserimento lavorativo?

Quella del mediatore interculturale è una professione completa con competenze in ambito relazionale, psicologico, burocratico e di orientamento, diventando, il più delle volte, unico punto di riferimento per tante persone. I mediatori interculturali di solito lavorano in team con altri specialisti del settore, come avvocati, assistenti sociali, psicologi, operatori, all’interno di Cooperative che, vincendo i bandi pubblici, si occupano della gestione dell’accoglienza dei migranti oppure delle attività legate alle procedure di richiesta della protezione internazionale presso le Commissioni Territoriali; oppure lavorano presso Cooperative,  Associazioni, Enti ed ONG che predispongono Sportelli Informativi e Servizi di Accoglienza e simili dedicati agli stranieri. Ma vi sono anche liberi professionisti. Nell’ambiente, per trovare lavoro è utilissimo il “passaparola” e, a titolo personale, aggiungo che l’attività di tirocinio curriculare svolta dai miei ex studenti è servita loro per ricevere proposte di collaborazione lavorativa da parte delle Associazioni e Strutture dove hanno svolto appunto tale tirocinio.

Dottoressa Mangiavillano, ci può dare qualche consiglio a tutte le persone interessate ad intraprendere questa professione?

Questa è una professione che non va improvvisata, serve una preparazione specifica. La qualifica professionale di Mediatore interculturale è il primo passo per intraprendere questa professione, ma bisogna ricordare che il mediatore interculturale è anche un problem solver, un peace maker, un esperto sempre aggiornato sull’andamento dei flussi migratori e sulle normative che deve essere preparato, soprattutto emotivamente, a qualsiasi racconto ed esperienza degli utenti che, lo rammento, spesso sfuggono a situazioni drammatiche come  quelle vissute con la guerra, le persecuzioni religiose ed etniche o con la tratta di esseri umani.

(Hanno collaborato Elisa Fasciotti e Elisabetta Temperilli – ENUIP)

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