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Formazione per i volontari del servizio civile: testimonial Nino Bartuccio

Continuano le giornate di formazione per i volontari del servizio civile universale, organizzate dall’Enuip, Ente nazionale Unsic istruzione professionale. Tra i testimonial d’eccezione anche Antonino Bartuccio, ex sindaco di Rizziconi, in Calabria, e testimone di giustizia che, attraverso la sua esperienza, ha affrontato con i ragazzi il tema della legalità.

Da otto anni, cinque mesi e dieci giorni, Antonino Bartuccio e la sua famiglia vivono sotto scorta dopo che il primo cittadino ha denunciato le pressioni della ‘ndrangheta sull’amministrazione comunale. Ma Bartuccio ci tiene a precisare che il suo gesto non è stato alcunché di straordinario o coraggioso.

Nino Bartuccio non ha mai voluto fare il sindaco. “Ho sempre considerato la politica sporca – racconta. Poi un evento ha cambiato per sempre il corso della sua vita.

Nel 2009, Francesco Inzitari, un giovane di appena 18 anni, viene ammazzato da dieci colpi di pistola davanti una pizzeria a Taurianova. “Ciccio”, così lo chiamavano gli amici, era figlio di Pasquale Inzitari, imprenditore di Rizziconi, ex consigliere comunale e provinciale dell’Udc, che aveva permesso la cattura del boss della cosca locale Teodoro Crea. Quello di Francesco Inzitari è stato un omicidio “educativo” nei confronti del padre e degli ottomila cittadini di Rizziconi, per far capire cosa sarebbe successo a chi si fosse messo contro la ndrangheta.
Quando suo figlio Francesco, di soli nove anni, gli ha chiesto di poter fare le condoglianze a Pasquale Inzitari, Nino ha capito di non poter restare a guardare. Doveva “essere protagonista” di quelle scelte che avrebbero condizionato la vita dei suoi figli e dei suoi concittadini e nel 2010, senza chiedere il permesso a nessuno, è diventato sindaco di Rizziconi. Perché “nessuno di noi può agire direttamente contro questi crimini, ma ciascuno di noi può fare qualcosa nel suo piccolo” e “le persone per bene devono fare politica”, per non lasciarla in mano a chi ha cuore solo i propri interessi, come spiega oggi l’ex primo cittadino.

Divenuto sindaco, però, Nino si è reso conto di quanto quel ruolo sia difficile, con tante proposte dalla dubbia legalità, non solo da parte della ndrangheta. Ma “la legalità non è una moda, la legalità va praticata non solo quando ci conviene. E talvolta comporta dei sacrifici, in alcuni casi estremi, come il mio, comporta grandi sacrifici. Il bene che ci ritorna, però, è immenso e non ritorna a noi direttamente, ma alla collettività – afferma l’esemplare testimone calabrese.

Proprio per questo motivo, durante il suo mandato, Antonino Bartuccio ha denunciato sempre le ingerenze della ndrangheta nell’attività amministrativa. Mandato che peraltro si è concluso poco dopo, nel 2011. Dal momento che il sindaco non era controllabile, infatti, l’unica soluzione è stata quella di abbattere l’amministrazione comunale, costringendo i consiglieri a dimettersi.

Da sindaco, Nino Bartuccio ha sempre svolto il suo dovere perché, come afferma lui stesso, “volevo che i cittadini fossero cittadini, titolari di diritti, così come dice la legge. Non sudditi. Purtroppo la criminalità organizzata è riuscita nel tempo anche grazie a una politica collusa, che ha trasformato i cittadini in sudditi e i boss della mafia in sovrani”.

Le conseguenze delle sue scelte sono state tutt’altro che facili. Nel 2012 il padre 72enne ha subìto un’aggressione; l’anno seguente, all’uscita da scuola, il figlio è stato aggredito da dieci ragazzini capeggiati dal figlio di un boss ed è stato salvato da una professoressa che stava uscendo dall’istituto. Lo stesso è avvenuto a Nino.
“La giustizia è lenta ma inesorabile” e nel 2014, le sue denunce hanno portato all’arresto di 16 presunti ndranghetisti. Da qual momento l’ex sindaco e la sua famiglia vivono sotto scorta, perché lui ha fatto il suo dovere, e purtroppo “non sempre fare il proprio dovere viene considerata una cosa normale”.

Nel 2021 ha ricevuto il Premio “Etica, legalità e coraggio”, nonostante lui ritenga di non aver fatto alcunché di straordinario.

Nino Bartuccio conclude il suo intervento rivolgendosi ai ragazzi, commossi dal suo racconto, con una frase di Confucio: “È meglio accendere una lampada che maledire l’oscurità”. E aggiunge: “Se ciascuno di noi un giorno accenderà una lampada, l’oscurità non avrà ragione di esistere”.

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