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Afghanistan, legge per “promuovere la virtù e prevenire il vizio”: lo sdegno dell’Europa

donna afghana

Una legge, composta da 35 articoli e 114 pagine, che rafforza ed estende ulteriormente le limitazioni inflitte negli ultimi tre anni a donne e bambine afghane.

L’ultimo atto restrittivo perpetrato dalle autorità talebane è l’emanazione di questo provvedimento, che arriva dopo l’approvazione del leader supremo Hibatullah Akhundzada.

Responsabile dell’attuazione di questa legge è il ministero della Propagazione della Virtù e della Prevenzione del Vizio (Pvpv), istituito dai talebani nel 2021 dopo essere saliti al potere.

Il ministero ha reso pubbliche le sue disposizioni sui vizi e sulle virtù, che disciplina aspetti della vita quotidiana come i trasporti pubblici, la musica, la rasatura e le celebrazioni.

In particolare, come reso noto dall’agenzia stampa AP, The Associated Press, l’articolo 13 riguarda le donne. Si legge: “E’ obbligatorio per una donna velare il proprio corpo in ogni momento in pubblico e che una copertura del viso è essenziale per evitare tentazioni e tentare gli altri. Gli abiti non devono essere sottili, attillati o corti. Le donne dovrebbero velarsi di fronte a tutti gli estranei maschi, compresi i musulmani, e di fronte a tutti i non musulmani per evitare di essere corrotte. La voce di una donna è considerata intima e quindi non dovrebbe essere ascoltata mentre canta, recita o legge ad alta voce in pubblico. È proibito alle donne guardare uomini con cui non sono imparentate per sangue o matrimonio e viceversa”.

Non si è fatta attendere la reazione dell’Europa, espressa in un comunicato stampa emanato dopo la diffusione della notizia sulla legge. Ne riportiamo il testo.

“L’Unione europea esprime costernazione per il decreto promulgato recentemente dai talebani, la cosiddetta legge per “promuovere la virtù e prevenire il vizio”. Il decreto conferma e proroga le pesanti restrizioni imposte dai talebani alla vita della popolazione afghana, compresi i codici vestimentari che obbligano in particolare le donne a coprire corpo e volto in pubblico. In base al decreto, inoltre, le donne non devono far sentire la propria voce in pubblico, il che priva di fatto le donne afghane del loro diritto fondamentale alla libertà di espressione.

Il decreto estende ulteriormente il potere del cosiddetto ministero della Promozione della virtù e della prevenzione del vizio, che ottiene così non più un ruolo meramente consultivo, ma un chiaro mandato per far rispettare il decreto. Tutto ciò, sommato alle restrizioni imposte, punibili ai sensi della legge talebana, viola gli obblighi giuridici e i trattati di cui l’Afghanistan è parte, anche compromettendo il diritto del popolo afghano a un giusto processo.

La recente decisione rappresenta un altro duro colpo ai diritti delle donne e delle ragazze afghane: non possiamo tollerarlo. Esortiamo i talebani a porre fine a questi abusi sistematici e sistemici contro le donne e le ragazze afghane, che possono configurarsi come persecuzione di genere, un crimine contro l’umanità ai sensi dello Statuto di Roma della Corte penale internazionale, di cui l’Afghanistan è uno Stato parte.

Il decreto crea inoltre un ulteriore ostacolo autoimposto alla normalizzazione dei rapporti e al riconoscimento da parte della comunità internazionale, cui i talebani aspirano pubblicamente. Come affermato nella valutazione indipendente delle Nazioni Unite, recepita positivamente dalla risoluzione 2721 (2023) dell’UNSC, per ottenere tale eventuale riconoscimento i talebani dovrebbero infatti rispettare pienamente sia i loro obblighi nei confronti dei cittadini afghani sia gli obblighi internazionali assunti dall’Afghanistan.

L’Unione europea rimane al fianco delle donne e delle ragazze afghane e di tutti coloro che in Afghanistan sono minacciati dai talebani.

I Paesi candidati Macedonia del Nord, Montenegro, Serbia, Albania, Ucraina, Repubblica di Moldova, Bosnia-Erzegovina1 e Georgia e i paesi dell’EFTA Islanda, Liechtenstein e Norvegia membri dello Spazio economico europeo, nonché l’Armenia aderiscono alla presente dichiarazione”.

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