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Addio a Milan Kundera, autore de “L’insostenibile leggerezza dell’essere”

“Quello che avviene solo una volta è come se non fosse mai avvenuto. Se l’uomo può vivere solo una vita, è come se non vivesse affatto”. Sono le parole di Milan Kundera nel suo romanzo più noto scritto nel 1984 “L’insostenibile leggerezza dell’essere”, riferendosi al mito dell’eterno ritorno nietzschiano.

Lo scrittore boemo è scomparso a Parigi l’11 luglio 2023 all’età di 94 anni. La notizia viene data dalla televisione ceca il giorno successivo, il 12 luglio. Autore di romanzi e saggi, prima in lingua ceca e poi a partire dagli anni ’90 in francese, puntualizzava a chi lo etichettava come tale “romanziere non scrittore, prego”. Forse anche il termine romanziere risulta un po’ riduttivo per definire un uomo che non solo raccontava storie, ma filosofeggiava, imprimendo uno status superiore ai suoi libri, impregnandoli di riflessioni metafisiche. Dipinto da molti come illuminista, per la sua visione critica e disincantata della vita e della storia, le sue opere sono pervase da riferimenti storici e impegno politico. Una produzione letteraria contenuta, una decina di romanzi snocciolati in circa quattro decenni, quasi a voler far intendere “scrivo solo quando ho qualcosa da dire”. Così anche per le interviste e le apparizioni pubbliche, sospese nel 1985, fino alla fine dei suoi giorni.

Più volte candidato al Nobel per la letteratura, non è riuscito mai a vincerlo. Nel corso della sua vita conquista però, tanti altri riconoscimenti importanti. Il Prix Medici, il premio Mondello, il Premio di Stato austriaco per la letteratura europea, la Legion d’onore, l’Independent Foreign Fiction Prize, il Premio Herder, il Gran premio di letteratura dell’Accademia francese e per finire, forse il più sentito, il premio Franz Kafka, onorificenza della letteratura internazionale istituito dalla Repubblica Ceca in onore dello scrittore ceco Franz Kafka, e patrocinato dal presidente del Senato ceco e dal sindaco di Praga.

Un riconoscimento di valore per Kundera, che ha rappresentato forse una sorta di rivincita sulle sue vicissitudini personali.

Nato a Brno, nell’ex Cecoslovacchia, figlio di un famoso pianista, ha esordito come poeta (L’uomo è un grande giardino, 1953; Monologhi, 1957), ottenendo poi un vasto successo con le serie di novelle Amori ridicoli.

Debutta come drammaturgo nel 1962 con I proprietari delle chiavi, ambientato nel periodo dell’occupazione fascista.

Il suo primo romanzo, Lo scherzo (1967), è una satira violenta e dolorosa della realtà cecoslovacca. A causa delle sue posizioni, i successivi romanzi di Kundera – La vita è altrove (1973), Il valzer degli addii (1975), Il libro del riso e dell’oblio (1978) – sono stati vietati in patria e pubblicati all’estero. Fatidico il suo appoggio ideologico alla Primavera di Praga, che lo costringe a espatriare ed emigrare in Francia, a Parigi. Fuori patria pubblica L’insostenibile leggerezza dell’essere (1984), una sapiente miscela di storia, autobiografia e sentimento, titolo straconosciuto anche per la su trasposizione cinematografica del 1988 firmata dal regista Philip Kaufman. Nella seconda metà degli anni ’80 escono L’immortalità e il saggio L’arte del romanzo.

A partire dagli anni ’90 inizia a scrivere in francese sfornando La lentezza (1995), L’identità (1997), L’ignoranza (2001) e i saggi I testamenti traditi (1992) e Il sipario (Le rideau, 2005),
Un incontro (2009). L’ultimo romanzo, La festa dell’insignificanza, è del 2013, opera che può essere considerata una summa della sua produzione letteraria.

Scrive nella pagina iniziale del libro che gli ha conferito la celebrità mondiale: “Il mito dell’eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un’ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla”.

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