Grazie all’Associazione culturale ospedali storici italiani (Acosi), che riunisce dieci enti ospedalieri di tutta Italia (Alessandria, Brescia, Lodi, Milano, Venezia, Ravenna, Firenze, Roma e Napoli), l’Azienda ospedaliera “San Giovanni Addolorata” il 9 ottobre 2022 ha aperto le porte del suo patrimonio archeologico e culturale in occasione della Prima giornata nazionale degli ospedali storici italiani, promossa dalla benemerita associazione.
Numerosi esperti hanno effettuato visite guidate gratuite sia di mattina sia di pomeriggio, con grande partecipazione di pubblico.
Un’opportunità davvero unica per scoprire uno straordinario angolo di Roma che comprende, tra l’altro, il sorprendente peristilio della Domus degli Annii del II secolo d.C., l’antico ospedale dell’Angelo del XIII secolo, l’antico atrio del XIV secolo e la farmacia del XV secolo, rimaneggiata nel periodo fascista ma che conserva in particolare antichi affreschi e un Cristo in legno intagliato.
La farmacia, le cui ceramiche sono state trasferite “temporaneamente” a Santo Spirito in Sassia negli anni Settanta, ci ricorda che a San Giovanni operava una vera e propria fabbrica di oggettistica non solo per l’utilizzo nella spezieria, ma anche per posate e stoviglie in uso nello stesso ospedale per i pazienti. Una sorta di “autarchia” che invita a qualche riflessione in tempi di dipendenza energetica.
Sorprende apprendere che l’antico ospedale “San Giovanni”, che ha origini nel XII secolo (mentre quello nuovo è stato realizzato alla fine degli anni Cinquanta in occasione delle Olimpiadi romane del 1960), un tempo fosse proprietario addirittura di due terzi del Colosseo, utilizzato come cava di materiali da riutilizzare, nonché di altri monumenti della zona. E che fosse economicamente ricchissimo, grazie soprattutto ai lasciti dei pazienti e alle donazioni delle famiglie benestanti della zona.
Oggi l’Azienda ospedaliera è quindi proprietaria, e nel contempo custode, di un patrimonio culturale, storico, archeologico, architettonico ed artistico di ragguardevole valore, già catalogato una prima volta negli anni Ottanta, ad opera della Sovrintendenza del Comune di Roma, con un selettivo censimento di beni artistici, tra oggetti di varia natura e dipinti, per circa 500 opere, cui va aggiunta la catalogazione dei beni prettamente archeologici, condotta in passato dagli studiosi della odierna Soprintendenza Speciale Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Roma.
Il Presidio ospedaliero “San Giovanni” e l’antistante Presidio “Santa Maria”, con i loro edifici storici, infatti, perpetuano il nucleo dell’antico ospedale, formatosi sulle strutture romane e paleocristiane, che si è andato ampliando con successivi corpi di fabbrica, a partire dal XII sino al XVII secolo, ad opera dell’Arciconfraternita del Santissimo Salvatore.
Tuttavia l’intera area, che oggi compone il Complesso ospedaliero “San Giovanni Addolorata”, compresa tra piazza San Giovanni in Laterano e le vie Merulana, Santo Stefano Rotondo, Navicella e Amba Aradam, dunque anche i Presidi ospedalieri della “Addolorata” e del “Britannico”, è un palinsesto storico artistico, che senza soluzione di continuità conserva stratificazioni architettoniche dall’età della Roma Repubblicana, sino agli ultimi interventi di recupero degli edifici storici, realizzati per il Giubileo del 2000.
A riprova della riconosciuta identità culturale dell’intero complesso ospedaliero, spiccano ben tre decreti legislativi emanati dal ministero della Cultura (già ministero dei Beni artistici culturali e del paesaggio) che sottopongono al vincolo di tutela i presidi dell’Azienda ed il loro patrimonio mobile ed immobile.
Visitare, virtualmente o di persona, tale territorio e queste strutture, equivale ad intraprendere un viaggio, che inizia con l’ospitalità nelle ville delle famiglie aristocratiche romane degli Annii, dei Valeri o di Licinio Sura, dedite all’Otium et Negotium, dunque alle attività ricreative dello spirito, insieme alle attività pratiche della politica e degli affari. In questa zona vivevano anche i parenti più prossimi di Marco Aurelio, tant’è che la sua enorme statua – posta all’ingresso della basilica di San Giovanni in Laterano – è una delle poche ad essersi salvata dallo scempio compiuto sul patrimonio archeologico a caccia di materiali da riutilizzare, perché scambiata per una di Costantino. Qui sono stati ritrovati i pezzi tra i più pregiati dell’arte romana oggi ospitata nel Campidoglio, tra cui l’enorme testa e il gigantesco piede.
Al tanto di “romano imperiale” che è conservato in ogni angolo dell’area si sommano le testimonianze dell’accoglienza degli Hospiti medioevali e rinascimentali, di Sant’Antonio, Santa Prassede, Santa Melania, Sant’Erasmo e San Marcellino e Pietro, dove si assistevano cristianamente l’anima ed il corpo dei pellegrini e dei bisognosi.
Altra documentazione riguarda la moderna affermazione dell’istituzione ospedaliera, intrapresa nel XVII secolo con l’edificazione degli delle grandi sale barocche realizzate da Giovanni Battista Mola, Carlo Rainaldi e Giovanni Antonio dé Rossi, dove il nosocomio si è rivolto alla cura di tutti, quale opera di misericordia e pubblica professione di civiltà.
Insomma, San Giovanni si conferma uno dei quartieri storicamente più importanti della nostra città, uno scrigno di preziose testimonianze che non finisce mai di sorprendere.