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Noale (Venezia), alla scoperta del sistema di fortificazioni

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Suggestivo panorama di Noale (Venezia)

I reperti archeologici custoditi presso il deposito comunale testimoniano la presenza dell’uomo nel territorio noalese sin dall’età del ferro. Nel basso Medioevo la popolazione, che nell’epoca romana aveva raggiunta una consistenza notevole, ha subito una drastica riduzione e per secoli la vegetazione si è impadronita di ogni cosa inghiottendo case e strade e i pochi documenti editi del XII e XIII secolo raccontano di boschi, di aree disboscate ed i relativi territori adibiti a pascoli o a campi.

Verso l’anno mille, il considerevole sviluppo nell’agricoltura, il conseguente incremento demografico e la minaccia delle scorrerie ungariche hanno determinato in tutta l’Italia del nord una forte espansione delle fortezze rurali. Probabilmente Noale (novalis nuova) è sorta in questo periodo ma va precisato che i documenti editi non acconsentono di datare la sua nascita, di stabilire se prima della edificazione del sistema fortificato esistesse un vico o loco abitato, e se la l’attrazione del castello abbia avuto come conseguenza la scomparsa di vecchi insediamenti che sorgevano nelle immediate vicinanze. Nel linguaggio corrente si dice castello pensando a una dimora isolata, difesa da torri e ponti levatoi nella quale viveva il signore. Per gli storici il castello fu soprattutto un nucleo di abitazioni accentrato, un villaggio fortificato da una cinta di legno o di mura e acqua. Chi aveva denaro e autorità costruiva il suo palacium castri e fortificava il villaggio dei suoi contadini per difenderli e attorno al castello o villaggio che fosse si organizzava in maniera del tutto nuova il potere dei signori.

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La Torre illuminata a festa

Riguardo ai termini Palacium castri e castrum va precisato che il loro significato è mutato nei secoli. Il palacium castri nel XIII secolo era il palazzo militare e residenziale del signore e il castrum che nel X-XII secolo era il villaggio fortificato è passato al valore prevalente di dimora signorile fortificata nel corso del XII e XIII, sino ad affermarsi definitivamente nel XIV secolo. (A.A. Settia, Castelli e villaggi nell’Italia Padana – Popolamento, potere e sicurezza fra il IX e XIII secolo, pag. 468. Liguori Editore, 1984). Secondo D. Rando Noale, nella seconda metà del XI secolo, era una proprietà allodiale della famiglia dei Da Carbonara (avvocati almeno dalla seconda metà del XI secolo del vescovo e del capitolo di Treviso) e furono certamente loro a promuovere i dissodamenti dei boschi per poter disporre di terreno coltivabile e per poterlo fare avevano bisogno di incoraggiare il formarsi o l’incrementare una comunità di contadini e quindi, per garantire loro sicurezza costruirono il villaggio fortificato di Noale “castrum“.

Le fonti sono tuttavia insufficienti per fornirci un quadro storico esauriente riguardo il nucleo originario, la prima attestazione toponimica dell’esistenza di Noale è un documento che attesta una donazione ai monasteri di Cluny e a Santa Croce di Rialto redatto a Noale “Annuale feliciter” nel 1116 (Laudato M., La motta di Castelminio: incastellamento in terra e legno nella castellana medievale, in Castelfranco Veneto nel quadro delle nuove fondazioni medievali, pag. 271, nota 12). Pochi anni dopo, cioè nel 1119 una datazione topica precisa che l’atto è redatto a Noale “Actum est Annuale feliciter” (Biscaro, Le temporalità del vescovo di Treviso dal secolo IX al XIII, “Archivio Veneto”, s.V, 66 (1936), p. 22). In entrambi i documenti del 1116 e 1119 non si parla di villa o loco in quanto tale. Il 27 maggio del 1154 un atto è stato redatto nel comitato di Treviso, nella località chiamata Noale “Actm in comitatu Tarvisii, in loco qui dicitur Anualus” (Gualperto e i fratelli vendono un maso e un mulino al monastero di San Secondo di Venezia. Guido Tempesta consente la vendita. Nel documento Noale è indicata come loco, cioè come un piccolo centro con scarso sviluppo abitativo e commerciale. (Archivio di Stato di Venezia, Raccolta delle pergamene, n. 6992). Il villaggio fortificato “castrum” appare per la prima volta nel 1181 (In una delle tregue imposte dalla Lega Lombarda nel contrasto fra Padova e Treviso, a Guglielmino Tempesta, fu riconosciuta la giurisdizione sul castello e sul distretto di Noale “pro comune tarvisii“, una formula che fa pensare a una sorta di protettorato del comune di Treviso che lasciava intatti i poteri signorili dei Tempesta su Noale. (D. Rando, Dall’età dl particolarismo al Comune -secoli XI-Metà XIII- in Storia di Treviso, II Il Medioevo, pagina 69, Marsilio Editori 1991).

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Vista dai merli

Il centro fortificato di Noale, situato in posizione centrale rispetto a Treviso, Padova, Mestre e Camposanpiero (Mestre in età medievale porto della città di Treviso) per secoli svolse un ruolo fondamentale nel controllo militare di un territorio posto ai confini dei comuni di Padova e Treviso. I Tempesta con le loro alleanze con le sottomissioni e le assunzioni di cittadinanza con l’una o l’altra parte furono elemento di instabilità nel difficile equilibrio fra i comuni di Padova e Treviso per tutto il XII e XIII secolo. Noale conserva leggibili i segni urbanistici del sistema difensivo medievale basato sulle acque del fiume Marzenego. La generale accuratezza costruttiva e l’imponenza delle due porte indicano l’intenzione dei Da Carbonara di edificare un sistema difensivo più importante di un semplice villaggio fortificato per contadini. La particolare leggibilità planimetrica e urbanistica fanno della cittadina un importante documento di storia dei sistemi difensivi e di urbanistica militare medievale. Di tutte le località fortificate, presenti nel Medioevo nell’area veneziana, Noale è rimasta l’unica testimonianza  di un sistema difensivo arcaico basato sull’acqua, con tipologie simili a quelle largamente diffuse nel XII-XIII secolo. La difesa di Noale non era risolta con un unico baluardo, bensì con una sequenza di strutture di natura e di forza diversa. Le prime difese del complesso sistema difensivo erano dei fossati “circha” che circondavano il castello all’esterno proteggendolo in modo rudimentale e costringendo chi si avvicinava a percorsi obbligati. Il castello o terra era protetto da doppi fossati “fovea e refoxum”, da terrapieni “spalti” con palizzate “palancatis” difese da torri in legno “bitifredi”e da spinate “spinade”. Due possenti torri in muratura erano poste a protezione delle due porte d’accesso, l’una sulla strada per Camposanpiero (del Cervo) e l’altra verso Mestre (Trevigiana). All’inizio del Trecento, il borgo luogo di incrocio fra le strade per Treviso, Padova e il porto di Mestre ha avuto un forte sviluppo mentre l’area del castello appare riservata e scarsamente abitata con poche case e molti terreni coltivi. Ad est, a ridosso dei fossati di difesa del castello sulla strada che conduceva al porto di Mestre, si era sviluppato il borgo “burgus”, sede delle principali attività artigianali e commerciali. Il borgo era a sua volta difeso da terrapieni, palizzate e torri in legno. A sud a cavallo fra il castello e la campagna, isolata da ponti levatoi possente inespugnabile fortezza, vi era il “castrum, rocha” con al suo interno il mastio “turris magistrae, turris veteris” ultima estrema difesa.

Esaurita l’esperienza comunale (fine ‘200) e avvenuto il passaggio alle signorie il quadro politico regionale vede i potenti Dalla Scala di Verona impegnati nel più importante tentativo (dopo la rapida parentesi ezzeliniana) di creare uno stato regionale veneto. Con l’avvento di Cangrande della Scala (1311) e dei suoi successori Alberto II e Mastino, gli Scaligeri giungono ad ampliare i propri territori a nord sino ai confini dello stato vescovile di Trento, a sud fino al Po con esclusione della sola Mantova, ad est fin presso Chioggia e a ovest fino all’Oglio, comprese Parma, Pontremoli, Massa e Lucca.

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Pirola parola

A Treviso si erano andati formando due partiti: i contrari all’annessione agli Scaligeri e i favorevoli, e Guecello Tempesta era il maggior esponente del partito che caldeggiava l’alleanza di Treviso con gli Scaligeri. Nel 1336 la lotta politica era accesa e le cronache dell’epoca riferiscono che, mentre Guecello si trovava in Treviso a un pranzo di nozze, avvisato da amici che si stava tramando un attentato nei suoi confronti, rapidamente abbandonata Treviso si rifugiò nella rocca di Noale. In Noale con, l’aiuto di alleati, organizzò un manipolo di fidati mercenari e nel 1327 con una rapida ed audace sortita entrato nottetempo in Treviso, arrestati o uccisi gli avversari politici assunse il controllo della città.

Divenuto l’incontrastato maggior esponente della città, spalleggiato dal re di Boemia, cedette Treviso al Gran Can della Scala e ottenne in cambio la concessione di una signoria (lo attestano due diplomi della cancelleria scaligera del 1329 e 1330). L’importante curia signorile era assimilata nei diplomi scaligeri alla signoria dei Collalto, quindi, il centro si qualificava come un’isola giurisdizionale rispetto al distretto trevisano. La signoria aveva come capopluogo Noale e comprendeva i villaggi di Briana, Buchignana, Bordugo, Cappelletta, Fosse di Scorzè, Guizza di Scorzè, Levada di Scorzè, Maerne, Malcanton, Moniego, Obbia, Robegano, Ronchi, Roviego di sopra, Roviego di sotto, Salzano, Scorzè, Tegliarolo, Toscanigo, Trebaseleghe, Valli e Zuccareda. (R.Roncato , Il castello e il distretto di Noale nel Trecento. Istituzioni e società durante la signoria di Guecello tempesta, Deputazione di storia patria per le venezie, Miscellanea di studi e memorie XXXV, 2002.

Nel 1337 Guecello, accortosi che le sorti della guerra tra la signoria degli Scaligeri di Verona (alleata ai Tempesta) e un gruppo di stati dell’Italia centrale alleati ai Visconti di Milano, agli Estensi di Ferrara, ai Gonzaga di Mantova e soprattutto a Venezia volgevano al peggio per gli Scaligeri, passò alla Serenissima ottenendo in cambio il comando dell’esercito veneziano dal Brenta al Piave e la conferma di tutti i suoi diritti e sue giurisdizioni. Nel 1339 conclusosi il conflitto con la sconfitta degli Scaligeri da parte della lega antiscaligera, morto il grande Guecello (1338), Venezia non attese molto a ridimensionare il potere e a smantellare la signoria rurale dei Tempesta. Alla fine del 1339 Meladugio (primogenito di Guecello) aveva chiesto la conferma del diritto di esigere il dazio sul pane e vino a Mestre, oltre al mantenimento di alcuni diritti feudatari su tutti i villaggi della signoria. Al termine del processo, sottolineando che i vantati diritti erano stati ottenuti con la forza in un periodo di gran disordine del Comune di Treviso, non avendo la pretesa base giuridica, la Serenissima privò i Tempesta di tutto il loro potere territoriale e della concessione del dazio sul pane e sul vino del porto di Mestre. La perdita dei villaggi costituì la causa principale della rapida decadenza della famiglia.

Noale rimase dei Tempesta sino alla decadenza della famiglia che nel 1364 cedette il castello a Venezia. Da prima protettorato militare della Serenissima, Noale dal 1360 divenne capitaneria e nel 1390 podestaria e rimase veneziana, salvo un breve periodo di dominio Carrarese, dal 1381 al 1388, sino al 1797 anno della caduta di Venezia ad opera di Napoleone. Con il trattato di Campoformido del 1797 seguì le sorti del Veneto e divenne Austriaca. Il 3 ottobre del 1866 con la firma della pace di Vienna il Veneto venne ceduto a Napoleone III, che lo consegnò al Regno d’Italia.

Gli storici e i cronisti testimoniano che, nel secolo scorso, un viaggiatore che visitava Noale, poteva ammirare un continuo susseguirsi di facciate variamente decorate, affreschi dimenticati che sempre più spesso, in occasione di restauri, ricompaiono per raccontare il passato. Le opere visibili rappresentano un saggio di quello che la cittadina è stata, facendoci intuire una vivacità dell’ambiente perfettamente inserito con quello che era il gusto per le facciate dipinte e per le decorazioni interne, che nel ‘400 e per tutto il ‘600 interessò i maggiori centri veneti, da Venezia fino ai minori. Noale, nonostante le perdite d’importanti affreschi, si è salvata dallo scempio che ha caratterizzato altre città e, dal punto di vista decorativo, oggi è uno dei centri più rilevanti di tutto il Veneto e nel visitarla si rimane sorpresi anche dall’armonia architettonica delle case e palazzi del XV  e XVI secolo del centro storico.

 

DA VISITARE – Fra le opere d’arte importanti presenti a Noale vanno segnalate: fra le piazze XX settembre e Castello la Colonna delle pace, unica scultura conosciuta dell’artista Paolo Pino Veneziano; nella chiesa Arcipretale un patrimonio artistico davvero eccezionale opera di grandi artisti fra i quali spiccano: l’altare Maggiore con la pala Assunzione di Cristo tra i santi Felice e Fortunato di Damiano Mazza (1573), altare del Santissimo per tradizione attribuito a Iacopo Sansovino (seconda metà del XVI secolo) e della Madonna del Rosario con la pala Madonna del Rosario di Giuseppe De Lorenzi (1860) nella navata di sinistra; della Madonna con la pala dell’Assunta di Palma il Giovane (1610) e di San Giovanni Battista con il dipinto Cristo coronato da due angeli di Giovanni Barbisan (1950 circa) nella navata di destra. Vi si trovano anche altre pregevoli opere d’arte, fra le quali nel presbiterio spiccano i dipinti di: Vittore Carpaccio (inizio XVI secolo), Alvise Vivarini (1502 – 1504), Leonardo Corona (metà del XVII secolo), Edoardo Fialetti (1615) e Girolamo Pilotti (1575? – 1597 data di iscrizione alla Fraglia – 1649 ultima data conosciuta).. Gli affreschi del soffitto della navata centrale (1776-1777) sono opera di Giustino Menescardi e di Francesco Galoppo. I soffitti delle due navate laterali sono stati dipinti nel 1795 da Pietro Moro, su incarico della Scuola dei Battuti e quello della della navata di destra e su incarico della Scuola del Santissimo Sacramento quello della navata sinistra.

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Noale, Chiesa dei Santi Felice e Fortunato

La cupola del presbiterio è stata affrescata da Giovanni Scaggiaro (1779). Il fonte battesimale ha la vasca in pietra d’Istria (1420) e il tempietto, della seconda metà del ‘500, attribuito per tradizione ad Andrea Meldolla detto lo Schiavone. Le statue raffiguranti san Francesco e san Giuseppe collocate a capo delle due navate, sono dello scultore noalese Gino Bertelloni (prima metà del ‘900). L’organo meccanico di impostazione italiana, e con una notevole sfumatura di timbri, è stato costruito nel l971 dalla Ditta Ruffatti di Padova.

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Noale, Chiesa dell’Assunta

Nella Chiesa dell’Assunta due importanti opere d’arte di autori ignoti: la statua in marmo della Madonna del Rosario e un tabernacolo, capolavoro del barocco e fra i dipinti la pala dell’altare maggiore opera Bartolomeo Oriolo. Nella Chiesa trecentesca di Santa Maria Annunziata di Moniego è doveroso ricordare la pala dell’altare maggiore del Cinquecento e la statua della Madonna del Pan del ‘400 di autori ignoti, due altari attribuiti ad Alessandro Vittoria allievo del Sansovino e nella sacrestia vecchia una lapide in volgare del 1365.

Nella Chiesa di Santa Margherita di Cappelletta fra le tante opere presenti vanno segnalate la pala di San Defendente della seconda metà del Seicento, l’acquasantiera con decorazioni ed elementi bizantini, veneziani e medievali (XI-XII secolo) e l’altorilievo del XIV secolo, in pietra di Nanto, che rappresenta la Vergine con bambino fra San Paolo e San Pietro di autori ignoti.

Nella Chiesa di San Giovanni Battista di Briana la pala del XVI secolo dell’altare maggiore e l’importante tela del ‘700 con S. Irene, S. Apollonia e S. Antonio da Padova entrambe di autori ignoti.

(Gi.Ca.)

 

Le belle immagini sono di Francesco Furlanetto e di Chiara Leandri.

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Foto scattata durante la Sagra del Rosario

 

 

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