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Ex Ilva: ArcelorMittal stralacia l’accordo e lascia Taranto

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ArcelorMittal lascia l’ex Ilva di Taranto. Una svolta clamorosa quella della multinazionale anglo-indiana che dopo aver affittato per poi acquisire le acciaierie di Taranto, Novi Ligure e Cornigliano, ha notificato ai commissari straordinari dell’azienda la volontà di rescindere l’accordo siglato il 31 ottobre che riguarda proprio Ilva Spa e alcune sue controllate e restituirla allo Stato entro 30 giorni.

Cause scatenati, lo stop allo scudo penale per gli ex manager e i provvedimenti del Tribunale di Taranto. Ma non solo. Per ArcelorMittal, ci sono state “altri gravi eventi” che hanno contribuito a causare una situazione di incertezza giuridica e operativa che “ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso l’ex Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto. Tutte le descritte circostanze attribuiscono alla Società anche il diritto di risolvere il Contratto in base agli applicabili articoli e principi del codice civile italiano”.

Una vera è propria bomba sociale, come denunciano i sindacati, che adesso ha aperto un vero e proprio scontro tra il gruppo angloindiano e il governo. È stato infatti convocato nella giornata di ieri un vertice d’urgenza al ministero dello Sviluppo Economico al quale partecipano, oltre a Stefano Patuanelli, i ministri per il Sud e per l’Ambiente, Giuseppe Provenzano e Sergio Costa, e anche Roberto Gualtieri e Nunzia Catalfo, rispettivamente titolari dell’Economia e del Lavoro. Nel corso della giornata, poi, il vertice è proseguito a Palazzo Chigi con la partecipazione del premier Giuseppe Conte.

E proprio il premier, che oggi, alle 15.30, vedrà i vertici dell’azienda: “Non c’è nessun motivo che giustifichi il recesso. La norma sullo scudo penale non era nel contratto e non può essere invocata”. Immediata la replica dell’azienda che ha fornito all’agenzia Ansa il contratto “di affitto e comodato” tra Arcelor Mittal e gli ex commissari Ilva (nella versione modificata rispetto all’originale 2017 e depositata a settembre 2018 presso la Camera di Commercio di Milano) dove si prevede una clausola di recesso per “l’affittuario” degli stabilimenti. Nel testo, il diritto è assicurato nel caso in cui un provvedimento legislativo annulli integralmente o in parte il Dpcm del 29 settembre 2017 in modo da “rendere impossibile l’esercizio dello stabilimento di Taranto” o “irrealizzabile” il piano industriale.

Il ministro dello Sviluppo Economico ha confermato le dichiarazioni rilasciate in via informale prima del summit a Palazzo Chigi: “Non consentiremo la chiusura dello stabilimento. La questione dello scudo penale è una foglia di fico, un alibi per nascondere un altro problema. Chiediamo il rispetto degli atti sottoscritti 14-15 mesi fa. Ricordo che ci sono circa 1300 persone già in cassa integrazione, ciò dimostra che il governo si è sempre occupato delle questioni legate anche al ciclo produttivo e il governo si farà carico come sempre di questi problemi. Bisogna capire però la prospettiva qual è. La prospettiva deve essere il rispetto del piano industriale che prevede una produzione di 6 milioni di tonnellate annue con una capacità che può arrivare a 8 milioni. Questo chiede il governo”.

Durissimo il segretario generale della Cgil Maurizio Landini: “Noi stiamo chiedendo che venga applicato l’accordo. Quindi il governo tolga dal tavolo qualsiasi alibi sulle questioni penali e allo stesso tempo chiediamo che ArcelorMittal non faccia la furba”. E poi chiosa sul governo: “Noi diciamo inoltre che sarebbe utile un ingresso pubblico, che può essere Cdp. Si potrebbero così introdurre nuovi elementi di garanzia per il governo e per ArcelorMittal”. ArcelorMittal “deve chiarire quali siano le sue intenzioni rispetto all’accordo del 6 settembre 2018, indipendentemente dalla questione dell’immunità. E chiediamo al governo la convocazione urgente del tavolo”, ha detto Francesca Re David, segretaria generale Fiom, commentando la comunicazione dell’azienda.

“L’annunciato di ritiro di ArcelorMittal dallo stabilimento ex Ilva avrà effetti negativi sulla città di Taranto e sull’economia dell’intero Paese con particolare impatto sull’occupazione“, avverte Confindustria che “auspica che si possano creare le condizioni per riaprire il confronto con l’azienda che abbia come obiettivo il mantenimento della produzione siderurgica a Taranto”.

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