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Inverno da record: più veloce la fusione dei ghiacci

Groenlandia

La stagione invernale trascorsa è stato l’inverno più caldo mai registrato in Europa con temperature di 3,4 gradi Celsius al di sopra del periodo di riferimento che va dal 1981 al 2010, con il record del mese di febbraio a cui è stato assegnato il titolo del secondo febbraio più caldo mai registrato nel mondo.

Questi i dati di Copernicus, programma di osservazione della Terra dell’Unione Europea, con lo scopo di monitorare il nostro pianeta e il suo ambiente per fornire informazioni basate sull’osservazione satellitare e dati in situ (non spaziali). Il progetto è coordinato e gestito dalla Commissione europea e si avvale della partecipazione diretta dell’Agenzia spaziale europea (ESA), dell’Organizzazione europea per l’esercizio dei satelliti meteorologici (EUMETSAT) e del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine (CEPMMT).

Tra le varie attività di Copernicus c’è la valutazione dei cambiamenti climatici (C3S) in atto, con il monitoraggio continuo dell’estensione del ghiaccio marino nell’Artico e nell’Antartico. Così è stato osservato che lo scorso inverno, sia l’Artico che l’Antartide hanno visto una copertura del ghiaccio marino inferiore alla media rispetto a quella che rilevata dal 1981 al 2010.

L’analisi della criosfera e del permafrost, entrambi strettamente legati ai cambiamenti climatici, sono l’oggetto di studio di molti illustri scienziati, primo fra tutti Marco Tedesco, uno dei massimi esperti mondiali in materia, professore presso il Lamont-Doherty Earth Observatory della Columbia University di New York e ricercatore al Goddard Space Flight Center della Nasa.

Classe 1971, professione glaciologo, campano di nascita, Marco Tedesco ha conseguito la laurea all’Università di Napoli Federico II e poi, come tante altre menti brillanti, è volato via oltreoceano per poter continuare a studiare e fare ricerca. Da sempre impegnato sul campo, divide la sua attività fra insegnamento, ricerche ed esplorazioni che spaziano dall’estremo nord all’estremo sud del Pianeta, là dove il ghiaccio regna sovrano.

La dedizione al suo lavoro nasce dall’amore verso la Terra, dal tentativo di capire dove ci porteranno i cambiamenti climatici, di come il riscaldamento globale stia trasformando il nostro Pianeta e il nostro futuro. Come spiega nel libro “Ghiaccio”, scritto nel 2019 con il giornalista Alberto Flores d’Arcais, “Se esiste un luogo in cui cercare il futuro del pianeta ed interrogarne la storia, questo è la Groenlandia, l’isola regina del Circolo polare artico. Il ghiaccio della Groenlandia – continua – è qui da migliaia di anni, prima della nascita di Roma. Il suo studio ci dice molto della storia della Terra, di come alcuni dei suoi processi sono passati da una scala temporale di millenni, ad una scala temporale di decenni. La costruzione di una calotta polare è frutto di un processo molto lento e complicato che però può essere distrutto in pochissimo tempo”. La natura crea, la natura distrugge.

Utilizza una metafora per descrivere il ghiaccio: “E’ un elefante, io una cellula. Quello della⁠ Groenlandia impiega migliaia di anni a formarsi: anno dopo anno, la neve che si ammassa e che non si scioglie durante l’estate viene letteralmente sommersa da altra neve. È un processo costante quello della formazione del ghiacciaio, che va avanti per decenni, per secoli, per millenni. Non appena raggiunta una massa critica, il ghiaccio comincia letteralmente a fluire sotto il proprio peso. Ancora una volta la gravità, questa misteriosa e affascinante forza naturale, forgia il mondo che ci circonda”. ⁠

In una recente intervista rilasciata al Corriere della Sera alla domanda perché affronterà per la quindicesima volta un nuovo viaggio verso la Groenlandia, ha risposto: “Perché è fondamentale per capire gli impatti del cambiamento climatico. Il 30 per cento del contributo annuale all’innalzamento dei mari è dovuto alla fusione dei ghiacci della Groenlandia. Ed è un fattore in aumento ed accelerazione. Per ora, è secondo per importanza all’espansione termica degli oceani, che assorbono la maggior parte del riscaldamento globale e quindi si espandono, come una mongolfiera quando l’aria viene riscaldata. Ma le proiezioni indicano che nei prossimi 30-50 il fattore principale diventerà la fusione dei ghiacci in Groenlandia e in Antartide, quest’ultimo ancora allo stato dormiente ma tutti i dati indicano che anche lì ci sarà un’accelerazione”.

Con lo scioglimento del ghiaccio nel mare Artico ci sono da valutare anche le possibili conseguenze dell’apertura del passaggio a Nord-Ovest alle rotte commerciali. “Mancano infrastrutture per la salvaguardia dell’ambiente – ha spiegato – e chi garantisce che se avvenisse un incidente sarebbe correttamente comunicato e monitorato? Non credo sia una priorità per le grandi compagnie. L’impatto sull’ambiente delle navi è enorme, anche per l’inquinamento acustico: seguono le stesse rotte di animali come la balena beluga e confondono le rotte migratorie. L’artico è una risorsa che mostra la bellezza, la diversità, la poesia del nostro pianeta quando è incontaminato. Serve un trattato per proteggerlo, come il Trattato Antartico di 60 anni fa”.

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