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Alec Ross: “Altro che Macron o Scholz, il riferimento internazionale è stato Draghi”

Alec Ross (foto Festival del sarà)

Alec Ross è un imprenditore statunitense esperto di politiche tecnologiche. E’ stato senior advisor for innovation per Hillary Clinton durante il suo mandato di Segretario di Stato e coordinatore per il comitato Technology & Media Policy durante la campagna presidenziale di Barack Obama nel 2008. Da allora è visiting professor presso il King’s College di Londra e di distinguished senior fellow alla Columbia University. Il suo libro “The Industries of the Future” è stato nominato libro dell’anno al TriBeCa Film Festival e tradotto in ventiquattro lingue.

L’esperto internazionale è stato ospite del “Festival del Sarà” a Termoli, intervistato da Antonello Barone, ideatore del Festival. Ross ha analizzato il quadro internazionale.

Barone gli ha domandato: “Le istituzioni mondiali sono all’interno di un contesto in continua evoluzione. Ne parla nel suo libro profetico, ‘I furiosi anni venti’, sulla guerra fra Stati, aziende e persone per un nuovo contratto sociale. Il cambiamento mette di fronte ancora una volta le democrazie occidentali e liberali contro le autarchie. E’ una sfida che le democrazie possono perdere?”.

La risposta di Alec Ross: “Non so se questi cambiamenti siano una evoluzione o l’opposto, cioè se andiamo indietro. Ma sappiamo che siamo in momenti di grandi cambiamenti. Viviamo in un mondo di 196 Paesi, quindi 196 contesti. La democrazia può vincere in alcuni Paesi e non vincere in altri, quindi penso che sarà una sfida per i prossimi dieci, quindici anni”. 

In particolare, alla domanda se l’Italia sia tornata atlantista solo grazie al governo Draghi e se il governo Conte avrebbe fatto le stesse scelte, Ross ha risposto fotografando lo scenario italiano ed europeo in modo perentorio.

“Per i quattro anni che ho lavorato per Obama sono stato un diplomatico, ora non lo sono più. Però posso dire che voi italiani sareste dovuti essere orgogliosi della leadership di Draghi. Dal punto di vista dei miei amici della Casa Bianca, chi sono i leader più capaci oggi in Europa? L’Inghilterra con Boris Johnson? No. Macron? No. Olaf Scholz in Germania? No. In realtà era proprio il governo di Draghi. Viceversa, secondo me Giuseppe Conte è vergognoso con le sue ambiguità. Tenendo conto che Putin uccide tutti. Riguardo alla guerra, se non diamo armi agli ucraini, se non sosteniamo gli ucraini è come se non avessimo sostenuto gli ebrei. Durante la seconda guerra mondiale ci sono stati gli ebrei nel Ghetto e i collaboratori italiani hanno inviato gli ebrei in Germania. Alcuni politici mi ricordano questi collaborazionisti”.

Al Festival di Termoli si è parlato anche di diritti collegati all’accesso alle informazioni, oggi più che mai essenziale nell’era della social communication. Ne è ben consapevole Roberto Di Pietro, ordinario di cybersecurity alla Hamad bin Khalifa University, della Qatar Foundation, che nell’incontro dedicato appunto ai diritti e intitolato “Una nuova stagione dei diritti nell’era delle democrazie fragili e della transizione ecologica”, ha lanciato il monito: “Se non si interviene per affermare il diritto alla veridicità delle informazioni, le democrazia possono essere compromesse e saltare”.

“Questo perchè – ha argomentato il docente – oggi per parlare di diritti è necessario parlare di accesso alle informazioni. Informazioni che passano per gran parte dai social media. Di qui il rischio di cadere nella manipolazione credendo a informazioni non veritiere. Non è fantascienza ed è già successo. Le elezioni del 2016 negli Stati Uniti sono state influenzate in maniera molto pesante da Cambridge Analytica che ha spostato sì solamente il 5 per cento dei voti, ma il 5 per cento dei voti decide il presidente degli Stati Uniti. E in Italia – ha aggiunto Di Pietro – il 5 per cento decide il prossimo Presidente del Consiglio, e quindi decide il potere”.

Andando più indietro nel tempo, l’esperto ha ricordato: “Nel 1933 è successo questo, è stata manipolata l’informazione. E può accadere ancora”. Quale la soluzione? “Urge un intervento forte sui social media perché sono un far west terribile. Se non si pone un argine, anche a livello penale, alle false informazioni, le democrazie ne soffrono e rischiano di saltare”.

Non ovunque, però, la situazione è così critica. “Sapete in quale Paese non hanno il problema delle fake news e della manipolazione attraverso di esse dei cittadini-elettori? In Finlandia, dove hanno introdotto nelle scuole, sin dalla tenera età, un corso di due ore a settimana di educazione all’informazione”.

Riguardo alla caduta del governo Draghi, più d’un relatore del festival si è mostrato preoccupato, in particolare per la forte autorevolezza internazionale persa e per le ricadute economiche. “Siamo su una bella parete verticale, come la foto della locandina del festival ben rappresenta – ha commentato Lorenzo Mattioli, presidente di Confindustria Servizi e referente di Anir, associazione nazionale della ristorazione collettiva che si occupa tutti i giorni di fornire pasti a ospedali, scuole e strutture di cura.

“È un momento straordinariamente complicato per le aziende. Noi, però, non possiamo fermarci, nonostante tutto”. Già, perché anche il cibo è un diritto. E Mattioli ha ricordato: “Il futuro passa attraverso il sociale”. Dietro le preoccupazioni però anche un auspicio: “Non si può tornare indietro dal percorso tracciato da Draghi”, così la corrispondente del Financial Times Silvia Sciorilli Borrelli.

In apertura del convegno en plein air il video dell’intervista di Antonello Barone a Luigi Balestra, presidente dell’Osservatorio economico e sociale ‘Riparte l’Italia’, che si è detto conscio delle enormi disparità – e l’accesso al cibo ne è un chiaro epifenomeno – legate alla concentrazione della ricchezza in poche mani, fenomeno che la globalizzazione ha oltremodo accentuato.

Alla menzione di quanto successo in America in merito al diritto all’aborto, Balestra ha risposto che “la cultura europea dei diritti civili è più avanzata”. E sull’Italia, in particolare: “La Carta costituzionale è stata certamente valorizzata negli ultimi anni nel senso di un’attenzione crescente per la persona, ma è chiaro che ancora molto c’è da fare perché la pandemia e poi la guerra hanno acuito il tema della diseguaglianza al punto che tante famiglie sono al di sotto della soglia di povertà e non riescono a condurre una esistenza in linea con quanto stabilito dal dettato costituzionale, cioè libera e dignitosa”.

Il titolo del libro della giornalista Sciorilli Borrelli – “L’età del cambiamento” – spiega bene il senso della serata in cui si è dibattuto dei vari interessi collettivi che devono – dovrebbero – muovere le decisioni politiche. Salari, ruolo delle donne (fondamentale anche in politica come ha ricordato la cofondatrice della scuola di formazione ‘Prime Minister’ Eva Vittoria Cammerino nel suo video contributo), costo del lavoro, disoccupazione giovanile. Insomma i problemi strutturali – con rilevanti conseguenze economiche – che affliggono il nostro Paese, come esamina nel suo lavoro editoriale la corrispondente del quotidiano finanziario britannico. “Servono riforme in Italia ma il cambio di mentalità non c’è ancora stato”.

Eppure dal Paese – dai cittadini, dall’associazionismo, dal terzo settore in particolare – le spinte al cambiamento arrivano. Ne sono stati testimoni Lorenzo Micheli, giovane coordinatore del programma Education a Expo Dubai, così come Lorenzo Mineo, dell’associazione Luca Coscioni e coordinatore di un programma europeo che mira a far conoscere i diritti che si hanno in quanto cittadini membri dell’Unione europea che quasi nessuno sa di avere, e ancora Luca De Gaetano, presidente di Plastic Free (associazione ambientalista attiva in tutta Italia).

Cittadinanza, che non può esaurirsi sic et simpliciter nel mettere una croce su una scheda elettorale ma ha bisogno di nuovi strumenti (anche digitali): questo il focus dell’intervento di Mineo. Ambiente e sensibilizzazione sul tema, coinvolgendo non solo i cittadini ma anche le istituzioni e le aziende: l’appello di De Gaetano. E poi l‘orientamento dei giovani, con una formazione che deve implicare la qualità del coinvolgimento degli studenti, che deve colmare anche un deficit di esperienze (come quelle internazionali) e che deve promuovere la diversità nei programmi scolastici.

Suggestive, in questo senso, le parole di Micheli (Education Policy Specialist) sul concetto di confine, assolutamente avulso dalla realtà. “Come non ha senso quello geografico, non ha senso neanche quello disciplinare”, ha detto riferendosi alla – tutta italiana – poca propensione delle donne a immaginarsi un futuro – di studio prima e lavorativo poi – nelle discipline scientifiche.

Di diritti sanitari si è parlato con Roberto Bertollini, consigliere del ministro della Salute del Qatar. Sulla pandemia “sono moderatamente ottimista”. Il virus, in questi anni, ci ha persuaso della sua assoluta imprevedibilità ma “stiamo cominciando a sviluppare vaccini nuovi che saranno ancora più efficaci”. Vaccini che si inalano e vaccini pan-coronavirus, risposta valida per eventuali future epidemie.

Guidare il cambiamento, in tutti questi campi, è la sfida dirimente che oggi si pone. Ma ce n’è una particolarmente importante che rischia, se non ben governata, di arrecare problemi di tenuta sociale ed economica. È sempre l’esperto di cybersicurezza a sottolinearlo. “Abbiamo il problema immediato – di qui a qualche anno – di 10 milioni di posti di lavoro che spariranno (parliamo dell’Italia ma è chiaramente una questione globale, ndr) perché saranno sostituiti dall’intelligenza artificiale, ma si tratta di un problema squisitamente politico perché l’algoritmo scaturisce dai colleghi programmatori ai quali viene detto da un manager cosa fare. Le cose non hanno intenzione, dietro c’è una precisa volontà che afferisce all’uomo, e così come non è la pistola che uccide, ma è la mano di chi la manovra, se una miriade di lavori sono destinati a sparire questo dipende non da un algoritmo o dalla intelligenza artificiale, ma dalla volontà che muove l’intelligenza artificiale”.

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