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Enoturismo, presentato il primo report di Ismea e Aite

enoturismo

Se il Belpaese è famoso per la sua cultura, le bontà enogastronomiche non sono certo da meno. Il turismo del vino, infatti, coinvolge 13,4 milioni di enoturisti italiani, il 64,5 per cento dei viaggiatori, ma è molto apprezzato anche per gli stranieri, soprattutto tra americani e europei.

A rivelarlo è la prima indagine sull’enoturismo, frutto del protocollo d’intesa tra Ismea e Aite, l’Associazione italiana turismo enogastronomico, presentata il 16 aprile al Vinitaly durante il convegno “In viaggio tra vigne e cantine: numeri, profili e tendenze dell’enoturista italiano”.

Dall’analisi emerge un alto livello di soddisfazione tra gli enoturisti italiani. In particolare tre su quattro si dichiarano soddisfatti soprattutto per la qualità del servizio in occasione delle visite in cantina e delle altre iniziative, per i rapporti con la comunità locale e per le modalità di prenotazione delle esperienze proposte. Più tiepido il giudizio dei giovani. Nel cluster degli under 24 sono stati indicati margini di miglioramento soprattutto in merito alla qualità del servizio, alla facilità di prenotazione e al reperimento di informazioni, in una percezione da nativi digitali evidentemente influenzata da un utilizzo più spinto di Internet e dei social network.

Per Livio Proietti, Presidente di Ismea “l’obiettivo dell’intesa è mettere sotto la lente di ingrandimento le principali variabili qualitative e quantitative dell’enoturismo italiano, un segmento rilevante del sistema vitivinicolo nazionale che lega prodotti e territori, contribuendo anche al successo del made in Italy. L’enoturismo, come anche l’agriturismo, comparto che l’Istituto monitora ormai da diversi anni, rappresenta un’importante leva di marketing, preservando l’attrattività delle aree rurali sempre più soggette a fenomeni di spopolamento”.

“Il comparto enoturistico – ha aggiunto Roberta Garibaldi, presidente di Aite – rappresenta ormai un fenomeno rilevante in termini economici e in ulteriore crescita per i ricavi delle aziende italiane del vino. Il livello raggiunto dall’enoturismo è tale da richiedere una vera e propria analisi scientifica strutturata, per poter delineare i flussi in ingresso e colmare il gap tra il desiderio del turista e la reale fruizione e per realizzare progetti di sistema, accompagnando il turismo rurale e gli investimenti pubblici e privati necessari per rilanciare occupazione e creare ricchezza. Si sta andando verso una definizione di enoturista standardizzata in base al lavoro tra Unwto e Oiv che accompagnerà queste ricerche”.

D’altro canto, se ci sono le cantine la vacanza si allunga. I dati evidenziano che la maggior parte dei turisti (circa il 50 per cento tra quelli generici, quasi il 55 per cento tra quelli legati al mondo del vino) si trattengono nei luoghi di vacanza per 2/3 giorni, andando oltre il “mordi e fuggi”: il 31 per cento indica una durata di 4 giorni o più, valore che sale per gli enoturisti al 38 per cento. Tra i wine lover, la metà ha visitato una o due cantine, il 36 per cento almeno tre strutture, ma si osservano valori anche più alti nella classe tra 25 e 34 anni di età.

Che l’enoturismo sia un forte stimolo per lo sviluppo dell’intero settore vitivinicolo lo ha evidenziato anche Giorgio Del Grosso, Capo del dipartimento di statistica e trasformazione digitale dell’OIV, intervenuto al convegno con un video messaggio. “L’enoturismo – ha spiegato – è un driver di sviluppo locale e rurale e uno strumento di diversificazione del reddito. Per questo motivo è stato introdotto come terzo pilastro del nostro attuale piano strategico. La necessità di poter disporre di dati accurati, affidabili e comparabili a livello internazionale ci ha spinto a siglare nel 2021 un protocollo d’intesa con Un Tourism, l’Agenzia delle Nazioni unite che si occupa di turismo, con l’obiettivo di sviluppare una metodologia comune per misurare l’impatto economico di questo importante settore”.

Il turismo legato al vino – ha sottolineato Tiziana Sarnari esperta del settore di Ismea – si dimostra ancora più vitale per le cantine in annate meno fortunate come quella appena trascorsa, in cui alla lieve battuta d’arresto dell’export, si associa una stagnazione della domanda domestica. Un 2023 che passerà alla storia per una vendemmia particolarmente scarsa, la più leggera dal Dopoguerra, con 38,3 milioni di ettolitri, in calo del 23,2 per cento sui volumi 2022, ma che ha visto il nostro Paese, unico tra i grandi player del vino, ridurre al minimo le perdite oltre frontiera (1 per cento in volume e meno 0,8 per cento in valore nel 2023, a fronte dei dati ben più negativi di Spagna e Francia).

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