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Iatt, incontro a Roma sull’innovazione e sulle tecnologie “no-dig”

L’importanza delle scelte sostenibili anche negli interventi infrastrutturali, in particolare nel settore degli scavi. Da tali premesse ha preso il via l’evento “Incontriamoci” promosso dalla Iatt, l’Italian association for trenchless technology, svoltosi lo scorso 29 novembre a Roma presso la Tim Academy in via Angelo Emo.

L’iniziativa, incentrata principalmente sull’aggiornamento delle conoscenze sulle tecnologie cosiddette no dig, cioè riguardanti lavori su cavi, condotte, tubi, ecc. senza ricorrere agli scavi a cielo aperto, ha in realtà offerto un ampio e approfondito resoconto sullo stato dell’innovazione nel nostro paese, con la rassegna degli strumenti più strategici, degli obiettivi, delle criticità e delle potenzialità.

Il presidente della Iatt, Paolo Trombetti, aprendo i lavori, ha sottolineato l’importanza del ruolo dell’associazione da lui presieduta, nata nel 1994, che promuove l’avanzamento delle conoscenze scientifiche e tecniche nel campo delle tecnologie no dig favorendone la diffusione presso enti ed amministrazioni pubbliche, aziende di gestione delle reti di servizi, imprese, tecnici, ricercatori e studenti. Non a caso dell’organismo fanno parte le maggiori aziende italiane di gestione delle reti di servizi (Acea, Fastweb, Sirti, Site, Snam, Tim, Wind, ecc.), nonché istituti universitari e di ricerca, aziende industriali attive nella produzione di sistemi per il no-dig, imprese specializzate, consulenti e professionisti del settore, che attraverso un diretto e costruttivo confronto stanno contribuendo ad una diffusione della cultura del “no-dig” anche nel nostro paese.

Umberto Fancelli, responsabile creation and network management di wholesale operations di Tim, nel suo intervento ha illustrato lo scenario degli investimenti in particolare alla luce dell’evoluzione della telefonia mobile, soffermandosi anche sulle sfide della sostenibilità ambientale. Ha analizzato le connessioni 4G, 4.5, 4plus e in particolare 5G che vede l’attuazione dei primi ambiziosi progetti a Bari, Matera e Torino. E se le tecnologie FTTC coprono attualmente 2.395 città, la nuova frontiera dell’FTTH/FTTC ne ha raggiunte 116. Riguardo al no dig, Fancelli ha ricordato che negli ultimi tre anni gli scavi con questa tecnologia in Tim sono passati dal 24 al 41 per cento, nonostante richiedano investimenti maggiori in termini economici, a cui occorre aggiungere un 30 per cento in microtrincea. Infine il manager della Tim ha fatto il punto sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale, della robotica e dell’IoT, che trasformeranno radicalmente anche questo settore.

A seguire, Luigi Cudia, responsabile operations di Infratel Italia, s’è soffermato sulla strategia italiana per la banda ultralarga, rilevando gli accentuati ritardi da parte del nostro paese specie nel contesto europeo (i dati del 2015 ci castigano come penultimi in Europa), per cui gli obiettivi per il 2020 (100 per cento) ci costringono a numeri particolarmente “sfidanti”.

Stefano Tani, responsabile dei servizi della divisione Servizio idrico di MM, ha denunciato lo stato critico delle infrastrutture del settore idrico, con reti di età media intorno ai cinquant’anni. L’ingegnere ha quindi illustrato e analizzato la proposta di legge sul Servizio idrico nazionale a firma dell’onorevole Federica Daga del Movimento Cinque Stelle (presentata il 23 marzo 2018), oggetto anche di audizioni alla Camera. Tani, in particolare, ha criticato l’orientamento a cancellare l’Arera, cioè l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente e a bandire le società per azioni dal settore per tornare alla gestione da parte di enti pubblici, in un’erronea interpretazione dell’acqua pubblica non solo come bene, indiscutibile, ma come intera filiera. L’ingegnere, nel contempo, ha riconosciuto alcuni aspetti meritori del disegno di legge, in particolare l’attenzione all’equità sociale, ai principi di trasparenza e partecipazione, alla sostenibilità e all’adeguamento delle infrastrutture.

Paolo Gelli, responsabile fognatura e depurazione dell’area di Modena di Hera, intervenuto in videocollegamento da Bologna, ha fornito una ricca panoramica di dati sulle aree dove opera la multiutility italiana da lui rappresentata, principalmente in Emilia-Romagna (265 comuni nella sola città metropolitana di Bologna), a Padova, Pesaro-Urbino e sei comuni della provincia di Ancona, Trieste, Teramo, tre comuni della città metropolitana di Firenze e altri in Veneto e Friuli per un totale di circa quattro milioni di utenti. Oltre ai servizi idrici (acquedotto, fognatura e depurazione), ornisce servizi energetici (gas, energia elettrica) e ambientali (raccolta e smaltimento rifiuti). Gelli ha infine informato che nel 2017 la percentuale di scavi realizzata dalla sua azienda con tecnica no dig ha raggiunto il 16 per cento.

Per il Gruppo Cap, società a capitale pubblico partecipata dagli enti locali e principale azienda di gestione del servizio idrico nei territori della città metropolitana di Milano e di alcuni comuni nelle province di Monza, Pavia, Varese e Como (bacino di due milioni di abitanti), è intervenuto Giuseppe Sgroi, della direzione centrale Information Techology. Il manager ha illustrato alcune interessanti sperimentazioni che vedono protagonista il Gruppo Cap, come l’impianto di depurazione di Bresso, dove le acque reflue diventano biometano utilizzato al posto della benzina o come la rilevazione dei consumi idrici attraverso i droni a Cinisello Balsamo.

Ha chiuso i lavori il geologo Gianmario Giurlani di SnamreteGas, il quale ha ricordato che l’azienda da lui rappresentata utilizza con soddisfazione le tecniche no dig dal lontano 1982, tra le prime in Italia, illustrando casi estremamente proficui nell’uso di tale tecnica ad esempio per salvaguardare i preziosi frutteti in Trentino-Alto Adige. Sostenibilità quanto mai concreta, insomma.

(Giampiero Castellotti)

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