Sugli artisti i giudizi sono soggettivi. Pochissimi riescono a farsi amare dalla quasi totalità del pubblico. Quei pochi, in genere, ci riescono dopo la morte, quando il ricordo smussa gli atteggiamenti più controversi.
Domenica 14 giugno compirà 80 anni uno dei cantautori più ideologizzati del nostro panorama musicale. Forse, per questo, anche tra i più divisivi. Una solida coerenza alle idee di una vita lo ha fatto diventare quasi orfano: in fondo è uno dei pochi reduci di quella corrente del “cantautorato” che, dopo aver conquistato un’assoluta supremazia negli anni Settanta, oggi manca di eredi all’altezza dei pochi esponenti anziani.
Se De Andrè o Gaber, altri due “battitori liberi”, ci hanno prematuramente lasciato, restano Guccini e pochi altri a tenere alta la bandiera di un impegno poco sottomesso alle dittature del consumo, della tendenza, dell’immagine. Insomma, Guccini non è il Verbo, ma è sicuramente un’offerta di pregio.
Al cantautore modenese va infatti riconosciuto, anche da parte dei detrattori, uno stile congruente e lineare, estraneo alle mode e ai compromessi. Artista autentico, insomma. Uno dei pochi ad essere riuscito, pur con peculiarità molto legate alla sua epoca, ad annullare le differenze generazionali tra i fans: ai suoi ultimi e affollati concerti non è mancata una folta presenza di giovani, che evidentemente nei brani del poeta modenese trovano qualcosa in più dell’obiettivamente scarsa offerta contemporanea. Unire le generazioni – nonni, figli, nipoti – cioè in sostanza diventare eterni, è certamente la più grande soddisfazione per un artista, specie se caratterizzato da una franchezza un po’ d’antan come Guccini.
Mario Capanna, tra i leader del Sessantotto, nonché ex parlamentare con Democrazia proletaria, in occasione di questa ricorrenza ha scritto un testo pubblicato dal quotidiano “Il Giorno”, in cui ha esaltato le canzoni “una più bella dell’altra” di Guccini. Ovviamente non potrebbe essere diversamente, vista anche la stretta affinità ideologica. Che da sola, però, non giustifica l’adesione totale ad uno stile particolare come quello del cantautore emiliano, da anni esiliatosi sulle montagne dell’Appennino pistoiese.
Al poeta neo-ottantenne, comunque la si pensi, vanno riconosciute doti purtroppo rare in questo periodo: lo spessore dei contenuti, la poesia di cui sono intrisi i testi, uno stile coerente ed estraneo alle tendenze del momento. Non poco. Auguri, Maestro.