Sono 315 gli atti intimidatori censiti da Avviso pubblico nel 2023 a danno di sindaci, amministratori locali e dipendenti della pubblica amministrazione. Un caso ogni 28 ore, con un incremento degli episodi al Nord che rappresenta il 39 per cento del totale, ma con un’ampia concentrazione anche al Sud.
A rivelarlo è il Rapporto “Amministratori sotto tiro”, presentato nei giorni scorsi nella nuova sede della Federazione nazionale della stampa italiana a Roma. I dati del 2023 confermano il trend degli ultimi 14 anni del report, in cui Avviso Pubblico ha censito oltre 5.300 eventi di violenze e minacce.
Tra le regioni italiane maggiormente colpite da questa piaga vi è la Calabria, con un totale di 51 episodi di atti intimidatori, e in particolare la provincia di Cosenza dove sono stati registrati ben 30 atti di intimidazione in 15 differenti aree comunali. Seguono la Campania, la Sicilia e la Puglia.
“I dati confermano quantitativamente un fenomeno inaccettabile, che in alcuni luoghi d’Italia ha una pervasività tale da diventare quasi ‘ordinaria’ modalità di relazione con le istituzioni. Atti concreti come violenza fisica, incendi e attentati dinamitardi – non solo lettere minatorie, offese, fake news e ingiurie sui social – si concentrano soprattutto al Centro-Sud”, ha spiegato il presidente di Avviso pubblico, Roberto Montà. “Una condizione che si cronicizza, in particolare laddove la presenza criminale è più forte e dove si registrano scioglimenti dei comuni, a dimostrazione di un nesso pericoloso che deve essere oggetto di attenzione da parte del legislatore in vista di una possibile revisione della legge”.
Attentati e minacce si concentrano, spesso in presenza di una resistenza al fenomeno mafioso da parte di amministratori che non cedono alle pressioni dei clan. Ma a preoccupare ora è l’avvicinarsi delle prossime elezioni, quando il fenomeno potrebbe inasprirsi per i tentativi delle organizzazioni criminali di condizionare l’esito delle urne.
“Ad essere minacciato oltre agli amministratori locali, è anche chi si candida a rivestire un incarico pubblico, fenomeno registrato in tutti i rapporti e che richiede un supplemento significativo di attenzione in vista della prossima tornata elettorale di giugno, quando andranno al voto il 47 per cento dei Comuni italiani – ha spiegato Montà. “Un quadro preoccupante, che riguarda in particolare i comuni medio-piccoli, in cui più forte è la solitudine, l’assenza di attenzione mediatica, e dove spesso si annida la “cifra oscura” del silenzio, e che descrive contesti territoriali, economici e sociali in cui fare il sindaco e l’amministratore diventa sempre più una attività pericolosa”.
Il 55 per cento dei casi di aggressione e minacce si registra nei comuni al di sotto dei 20mila abitanti; mentre il 21 per cento avvengono in Comuni che in un passato più o meno recente sono stati sciolti per infiltrazioni mafiosa. È il caso di ben 42 Comuni. Ancora una volta si registra un’alta percentuale di minacce e aggressioni alle amministratrici: il 17 per cento del totale. Ma a cambiare è la modalità di intimidazione: le lettere minatorie cedono il passo ad azioni più violente come gli incendi.
“Ci sono molte analogie tra gli amministratori e i cronisti sotto tiro: i più esposti sono quelli che operano in zone di frontiera, nelle periferie. E in più, ormai molti casi di minacce neanche vengono denunciati perché è in atto un pericoloso fenomeno di assuefazione, di abitudine alle intimidazioni”, ha dichiarato il presidente della Fnsi, Vittorio Di Trapani, che ha sottolineato il ruolo fondamentale della stampa libera come strumento di denuncia.