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Coronavirus, la drammatica “fase 2” del commercio

Erano numerosi i commercianti, i negozianti e i protagonisti del business della Capitale che nei giorni scorsi si sono trovati a piazza di Spagna per prendere una posizione pubblica e pacifica nei confronti del governo che sta guidando la fase 2 dell’epidemia da Coronavirus. Una sorta di “occupazione” della celebre scalinata, che è diventata l’immagine simbolo delle problematiche del settore.

“Senza aiuti da parte del governo, il 18 maggio non potremo riaprire”, si leggeva sui manifesti esposti dai partecipanti al presidio che ha percorso la scalinata di Trinità dei Monti: “E migliaia di dipendenti sono a rischio – hanno aggiunto i protagonisti dell’economia del Tridente, la zona a più alto valore aggiunto e internazionalizzazione di Roma, con valori di affitto da 6mila euro al metro quadrato per via del Corso, 6.500 euro per piazza di Spagna e oltre 11.500 euro per via dei Condotti. Importi ovviamente relativi al mercato pre-Covid e di cui oggi è purtroppo impossibile stimare una riconferma.

“I commercianti stanno cercando di mostrare a tutti che il governo non è abbastanza vicino. Parliamo della spina produttiva delle città, persone e imprenditori che investono milioni e milioni di euro e soprattutto tempo ed energie per costruire una città sempre migliore ed è giusto che l’esecutivo faccia un passo verso di loro – spiega Raffaele Rubin, founder di Josas Immobiliare. “Sono diversi i temi da far emergere: dalla cassa integrazione ancora non arrivata ai dipendenti, ai contributi insufficienti – se non quando inesistenti – sugli affitti dei locali commerciali; per non parlare della grande difficoltà di ottenere i prestiti garantiti dallo Stato. Purtroppo con questi presupposti e senza garanzie di sostegno il 18 maggio molti commercianti non apriranno le serrande delle loro attività – continua Rubin.

“Il primo punto urgente su cui insistiamo è la decontribuzione totale per quanto riguarda i nostri dipendenti, i quali sono il nostro patrimonio. Abbiamo costruito aziende solide e forti ma se lo Stato non ci aiuta su questo punto saremo costretti a licenziare – spiega Daniele Raccah, amministratore delegato e fondatore di Dan John, capofila dell’appuntamento in piazza.

“Piuttosto che cassa integrazione o reddito di cittadinanza sarà meglio finanziare le imprese, questo farà circolare davvero tutto il sistema produttivo. Secondo, finanziamenti bancari: io conosco più di mille imprenditori in Italia e a oggi nessuno di noi ha ricevuto neanche un euro dallo Stato, nonostante ci fosse la garanzia al 90 per cento attraverso il mediocredito centrale. Ci sono degli intoppi e noi chiediamo che le procedure si sveltiscano, esigiamo reali investimenti a tasso agevolato o addirittura a tasso zero per almeno 10 anni attraverso entità statali dirette, spazzando via tutta la burocrazia e le pratiche bancarie senza fine, con moduli fatti dieci volte e buttati, ad ora zero risultati. Da ultimo, chiediamo la rimozione delle Ztl dal centro storico per dare modo agli italiani di accedere liberamente per compensare la riduzione di flusso turistico”.

Daniele Raccah

Secondo i dati elaborati da Josas, il 70 per cento delle relazioni commerciali relative alla zona di Roma centro sono attualmente congelate; per quanto riguarda il business sulle strade consolari e nelle periferie va un po’ meglio con “solo” il 30 per cento dei giri d’affari attualmente posti in lockdown, come, quanto e più delle persone fisiche. Non va meglio quanto al comparto ristorazione: “La situazione è alquanto critica – afferma Raffaele Rubin. “Prevediamo che fra luglio e agosto il 25 per cento dei ristoranti chiuderà, perché solo dopo aver tentato la riapertura, garantendo le misure organizzative di sicurezza, si renderanno conto concretamente di non poter sostenere con gli stessi costi un terzo dei coperti. Stimiamo un licenziamento del 60 per cenbto dei dipendenti del settore della ristorazione, figure professionali che nel nuovo contesto non saranno più indispensabili”.

Raffaele Rubin

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