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Le tendenze dello sport nell’epoca Covid-19

Lo sport riparte. Sia quello praticato sia quello giocato, benché quest’ultimo ancora con molti punti interrogativi. In fondo l’attività fisica non s’è mai fermata: nelle case, ma anche intorno ai palazzi, le persone hanno cercato di combattere l’immobilismo con gli esercizi individuali. Anche qui sono venute in aiuto le nuove tecnologie, con i filmati su internet che hanno raggiunto milioni di visualizzazioni.

Per comprendere come lo sport praticato resti una passione per milioni di persone, è interessante leggere i dati diffusi dalla piattaforma Garmin Connect, specializzata nel settore. Un archivio da cui estrarre i big data utili all’analisi di come il pianeta si sia comportato in questi ultimi due mesi d’emergenza sanitaria mondiale. Tra discipline che spopolano e altre che quasi sono scomparse una cosa è certa: anche con le persone chiuse tra le mura di casa, lo sport non si è mai fermato.

Ecco due semplici dati che forniscono una fotografia generale: se da una parte il numero di passi registrati in tutto il mondo è diminuito del 12 per cento (paragonando i dati di aprile 2020 con i dati dello stesso mese del 2019 emerge chiaramente il potere globale “paralizzante” della pandemia), dall’altra lo stesso numero raddoppia al 24 per cento se inerente ad un’attività di allenamento, seppur in stile “casalingo”.

I dispositivi wearable Garmin dispongono di oltre 20 profili di attività che registrano i passi nelle varie attività, quali camminata, corsa, escursione, eccetera. Gli esperti del marchio americano, tuttavia, hanno notato come ad aprile gli steps effettuati attraverso questi profili abbiano subito un forte calo. I numeri suggeriscono, quindi, un nuovo approccio globale all’attività sportiva: per compensare gli steps persi durante la quotidianità molte persone hanno iniziato a praticare sport all’interno degli ambienti domestici.

Ma quali attività hanno visto un aumento? E in quali paesi?

Australiani e canadesi magari possono avere opinioni diverse sul fatto che il cricket o l’hockey su erba siano più divertenti da guardare, ma entrambi sembrano concordare sul fatto che camminare sia l’attività migliore durante la vita in quarantena. In Cina, Messico, Sudafrica e una manciata di altri Paesi, invece, gli allenamenti con attrezzature per il fitness sono aumentati più di ogni altra attività. A livello globale, quando guardiamo a quali tipi di esercizi per l’allenamento fitness vengono eseguiti, vediamo che attività di cardio indoor sono state praticate nel 50 per cento dei Paesi. Un piccolo paragone: l’anno scorso, nello stesso periodo, oltre il 50 per cento delle attività in questa categoria erano di allenamento della forza. Ciò potrebbe suggerire un passaggio dagli allenamenti strutturati in palestra agli allenamenti di tipo “io resto a casa”.

E il ciclismo indoor?

“La tecnologia smart è venuta in soccorso agli appassionati come testimoniano attività quali la Milano-Sanremo e il Giro d’Italia Virtual. È un modo per passare il tempo in modo produttivo e per scoprire le nuove tecnologie – commenta Stefano Viganò, amministratore delegato di Garmin Italia. “Nel solo mese di marzo abbiamo venduto migliaia di smart trainer Tacx e solo in questi giorni torneremo ad avere alcuni prodotti disponibili in magazzino”.

Solitamente le persone in questo periodo iniziavano ad uscire su strada con la propria bicicletta e quindi la pianificazione industriale aveva livelli di stock ben definiti per il tipo di stagione: “L’Italia ha anticipato i tempi di contagio e quindi, per far fronte alla domanda, abbiamo svuotato anche i magazzini del resto dell’Europa – sottolinea Viganò.

Ma quali discipline hanno registrato il maggiore calo?

Mentre la pandemia ha spinto l’umanità verso alcune attività, allo stesso tempo l’ha allontanata da altre: un esempio evidente di questa tendenza è legato al nuoto, quasi scomparso nello scorso aprile. I dati mostrano una significativa riduzione dell’attività di nuoto dalle Americhe all’Estremo Oriente. In Australia, gli analisti Garmin fanno notare come il 54 per cento degli utenti che hanno praticato nuoto nell’aprile 2019, nello stesso periodo del 2020 invece hanno praticato running. In Cina, il 43 per cento degli utenti che hanno nuotato nell’aprile dello scorso anno nel 2020 si sono “spostati” su sport praticati all’aria aperta come il running o la bici all’esterno.

L’allenamento multisport, insieme all’escursionismo e al golf, sono stati classificati come le attività con le maggiori diminuzioni in più Paesi. Tuttavia, con la stessa tendenza rilevata nel nuoto, questi sportivi hanno trovato alternative. In Sudafrica, ad esempio, il 20 per cento degli utenti che giocavano a golf nell’aprile 2019 si è dedicato agli allenamenti di fitness indoor nell’aprile 2020, mentre un altro 11 per cento ha iniziato a praticare ciclismo indoor.

Passiamo allo sport professionistico. Qui le discussioni se sia il caso di ripartire o meno sono all’ordine del giorno.

Come noto, mentre la maggior parte dei campionati europei ha decretato la parola “fine”, il calcio tedesco è stato il primo a riaprire. Si è giocato il derby Borussia Dortmund-Schalke 04, finito 4 a 0. Ma la partita, nonostante le tv commerciali abbiamo provato a dire il contrario, in realtà non ha suscitato grandi entusiasmi tra gli amanti dello sport. Il calcio in epoca di coronavirus è senza tifosi, senza abbracci, senza raccattapalle, con le riserve munite di mascherina. Fabrizio Bocca su “Repubblica” ha parlato di “partita di plastica”, “calcio senza anima”, “una partita di allenamento camuffata per calcio vero”.

Significativo, in tal senso, il comunicato firmato da 360 gruppi ultrà di tifoserie internazionali, soprattutto spagnole, francesi e tedesche, come riporta l’Agi. “I governi hanno dichiarato il lockdown totale, tutelando così la cosa più preziosa che abbiamo: la salute pubblica. Riteniamo più che ragionevole lo stop assoluto del calcio europeo. Invece chi lo gestisce ha espresso un solo obiettivo: ripartire. Siamo fermamente convinti che scenderebbero in campo solo ed esclusivamente gli interessi economici. Lo conferma il fatto che i campionati dovrebbero ripartire a porte chiuse, senza il cuore pulsante di questo sport popolare: i tifosi”.

Una posizione condivisa da molti allenatori, tra cui uno dei più grandi, Pep Guardiola: “Se le persone non possono venire allo stadio, non ha senso giocare. Faremo ciò che ci dicono, ma non mi piacerebbe giocare senza pubblico né in Champions né in Premier League”.

Il problema per la salute pubblica, di per sé, non sono le partite. Il vero rischio è rappresentato dagli assembramenti di persone nel seguirle. Perché accrescere il rischio della fase 2 quando già a fine agosto potrebbe ripartire il nuovo campionato, sperando in numeri dell’epidemia più clementi?

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