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Molestie sul lavoro: le donne i bersagli preferiti, la tecnologia le facilita

Sguardi lesivi della dignità personale, offese, proposte indecenti, fino ad arrivare all’estremo atto della molestia fisica. Sono alcuni degli aspetti, più o meno eclatanti e ingiuriosi, della violenza di genere che le donne affrontano sui luoghi di lavoro. Delle 2,322 milioni di persone di età compresa tra i 15-70 anni che hanno subito nel corso della propria vita almeno una molestia sul lavoro da parte di uomini, l’81,6% sono infatti donne, pari a 1 milione 900mila.

Prendendo in considerazione l’anno 2022-2023 si stima che il 13,5% delle donne di 15-70 anni, lavoratrici o ex lavoratrici, abbia subito molestie sul lavoro a sfondo sessuale nel corso dell’intera vita (soprattutto le più giovani di 15-24 anni, 21,2%). Il dato scende vertiginosamente per gli uomini, che sono solo il 2,4%. Le donne rimangono i soggetti preferiti dai molestatori anche al di fuori del mondo del lavoro: nello stesso periodo di riferimento, ne sono state vittime il 6,4% delle donne dai 14 ai 70 anni; il 2,7% invece sono uomini. Preponderante è il ricorso a mezzi tecnologici, messaggi email, chat o social media, che rappresentanopoco più della metà della modalità di concretizzazione di queste molestie extra lavorative.

A rilevarlo è l’Istat nel report appena diffuso “Le molestie: vittime e contesto – anno 2022-2023”, modulo dedicato alle molestie subite in ambito lavorativo e anche al di fuori. Il lavoro s’inserisce all’interno della più ampia “Indagine sulla sicurezza dei cittadini svolta nell’anno 2022-2023”.

Le vittime vengono individuate soprattutto tra le giovani generazioni (sia donne sia uomini) da poco entrate nel mercato del lavoro: sono il 12% tra i 15-24enni e il 10,8% dei 25-34enni. Confrontando i dati con riferimento al genere emerge che, nel corso della vita, le donne sono state vittime di molestie 4,5 volte in più rispetto agli uomini. Le “attenzioni indesiderate” colpiscono infatti prevalentemente le giovani donne, 21,2% nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni, contro il 4,8% dei coetanei uomini. Di poco inferiore è l’incidenza percentuale delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni (18,9%, rispetto al 3,7% degli uomini).

Oltre l’81% delle donne subisce molestie sul lavoro da parte di uomini e solo il 6,2% da donne, mentre nel caso degli uomini questa forbice è meno accentuata: questi ultimi sono vittime di altri uomini nel 42,5% e da parte delle donne nel 39,3%. Non rispondono però al quesito sull’identità dell’autore il 14% delle donne e il 25,9% degli uomini. L’autore delle molestie sulle donne è per lo più un collega maschio (37,3%) o una persona con cui ci si relaziona nel corso della propria attività lavorativa, come un cliente, un paziente o uno studente (26,2%). Per le molestie subite dagli uomini sono le colleghe donne ad essere indicate come autrici nel 26,4% dei casi e i colleghi uomini nel 20,6%.

Gli episodi di molestia non si configurano come casi isolati. In un quinto circa dei casi, le vittime, sia maschi sia femmine, affermano che hanno subito più molestie dalla stessa persona. Per le donne la ripetitività ha un’incidenza maggiore rispetto agli uomini. L’indagine Istat misura questa dimensione attraverso un quesito relativo agli episodi verificatisi negli ultimi dodici mesi precedenti l’intervista. L’80% delle donne ha subito più volte le molestie in questo arco di tempo, rispetto al 60% degli uomini.

Le molestie subite dalle donne avvengono sia in contesti di lavoro privato (14,4%) sia pubblico (13,5%). Osservando la posizione professionale delle vittime, per gli uomini prevalgono le posizioni apicali, dirigenti, imprenditori e liberi professionisti con il 4,4% e i lavoratori in proprio (3,4%), mentre tra le donne sono più a rischio le operaie (16,4%) e le impiegate e i quadri direttivi (15,0%). Avere limitazioni (gravi e non gravi) pesa sull’essere vittima di molestie sessuali: per le donne 16,4% e per gli uomini il 3,8%.

Il rischio di subire una qualche forma di molestia online sul lavoro (3,8% per le donne e 1,0% per gli uomini) è più alto quando si usa internet per motivi di lavoro e/o studio sia per le donne (4,8%, rispetto al 2,5% che non lo usa per lavoro) sia per gli uomini (1,5%, contro lo 0,4%). Considerando le persone che usano internet, emerge che l’1,9% delle donne (circa 346mila) e lo 0,8% degli uomini (circa 141mila) hanno subito molestie tramite messaggistica e che il 2,1% delle donne (circa 390mila) e l’1,3% degli uomini (circa 230mila) hanno subito molestie sui social.

Il fenomeno delle molestie sul lavoro presenta inoltre differenze territoriali, più per le donne che per gli uomini. Per le prime, è minore il fenomeno nel Nord-est (9,7%) mentre livelli più elevati si riscontrano nel Nordovest (14,9%), seguito da Centro, Sud e Isole, che si attestano tutti intorno al 14%. Osservando le regioni prevale il Piemonte (20,3%), seguito da Umbria (16,0%), Sicilia (15,8%), Campania (15,7%) e Lazio (15,1%). Simile andamento si registra anche nel caso degli uomini, ma con una più marcata presenza delle regioni del Centro (3,7% contro il valore medio del 2,4%), su cui pesa l’impatto del Lazio (5,3%).

Il tema delle molestie lavorative è stato indagato in mille modi e da tante angolazioni. Anche il cinema in più di qualche occasione ha voluto portare all’attenzione del pubblico questo argomento, con pellicole più o meno recenti. Gli americani “Bombshell – La voce dello scandalo” e al maschile “Rivelazioni”, nonché l’italianissimo “Nome di donna” ne sono esempi.

Non solo il grande schermo, ma anche la narrativa e il giornalismo si sono interessati al fenomeno della violenza che, come ha ben evidenziato l’Istat, è soprattutto di genere. Perché quello che accade nel mondo del lavoro riflette quello che accade nella società, nella vita quotidiana di tutti noi. La violenza di genere è figlia e sorella della discriminazione di genere e dei pregiudizi legati all’universo femminile.

Mostri

In Italia sono impressionanti i numeri dei femminicidi, delle segnalazioni per violenze avvenute o temute. È proprio partendo da fatti di cronaca realmente avvenuti che il giornalista Rai Giovanni Mancinone racconta nel libro “Mostri. Quando non c’è più l’amore” la storia di undici donne, undici vittime non di uomini, ma di “mostri” incapaci di accettare la forza e l’indipendenza femminile.

Ginevra, Francesca, Donatella, Giuliana sono i nomi delle “martiri” che danno il titolo a ogni capitolo del volume.

L’autore parlando del suo lavoro dichiara che “E’ un atto di pedagogia civile sulla violenza di genere. Un fenomeno sistemico e non episodico che va combattuto con uno sforzo straordinario di cittadini ed istituzioni”. Alla sua seconda opera letteraria, “Mostri” edito da Rubbettino, arriva dopo “Molise criminale” ovvero come spiega il sottotitolo “Quello che gli italiani non sanno su un crocevia di affari, omicidi, armi, droga, terroristi e latitanti”.

A parte l’importanza del tema trattato, è interessante sottolineare due aspetti fondamentali che si ritrovano nel testo, per niente scontati e banali quando si affronta il fenomeno della violenza di genere.

Il primo è l’appello che il giornalista rivolge a tutti, e soprattutto a certe categorie professionali, di utilizzare una comunicazione verbale e visiva appropriata: usare un linguaggio corretto quando si parla delle donne, abolendo le “espressioni irriguardose”, evitare immagini che mercifichino e oggettivizzino il corpo femminile, abbandonare le attenuanti del caso per i carnefici.

Il secondo, anch’esso importante, è quello dell’educazione al rispetto, che deve avvenire sin dall’infanzia, deve partire dalle scuole e dalle famiglie per combattere i pregiudizi di genere che, in situazioni estreme, sfociano in violenza contro le donne.   

Il libro verrà presentato a Roma mercoledì 10 luglio alle 18 al Satyrus Temporary Bar. Ad accompagnare l’autore nell’esplorazione delle storie, ci saranno la scrittrice Valentina Farinaccio e la magistrata Maria Teresa Covatta.

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